I giorni della disco
di Gloucester
Questo articolo ha come oggetto la musica disco (o disco-music, come si chiamava in Italia). O meglio, ha come oggetto la disco music di fine anni '70 così come l'ho percepita all'epoca e di come ancora la ricordo. Funzionava così: c’era la musica impegnata e la musica commerciale. Le due categorie erano impermeabili, prima di tutto nella testa dei ragazzi. Dentro la musica impegnata ci stavano naturalmente i cantautori e la musica rock pre-punk e pre-new wave, nelle sue articolazioni più diffuse in Italia nel periodo post-Beatles, ovvero progressive, hard-rock (allora si chiamava così quello che poi avrebbe assunto il nome di heavy metal) e west coast. La musica da discoteca era la quintessenza della musica commerciale. La musica da ballo eludeva il ragionamento, escludeva le categorie di giusto e sbagliato, faceva muovere il corpo prima della (o senza la) testa e quindi addormentava le coscienze. Cosa farne? Come trattarla?

Various Artists - Film Soundtracks 1975-79 - Saturday Night Fever Il 1978 è l’anno in cui sono finiti il 1968 e gli anni settanta. Durante il periodo della prigionia del presidente della democrazia cristiana Aldo Moro esplodeva in Italia la febbre del sabato sera: John Travolta attirava le folle nei cinema e la musica dei Bee Gees istituzionalizzava anche sul suolo italico il tipo di locale per giovani, la discoteca, così come si era imposta negli Stati Uniti già da qualche anno, dagli albori della disco music. L’enorme amplificazione mediatica di Saturday Night Fever, film e disco, scatenava gli opinionisti e i sociologi che, sulle colonne di Panorama, L’espresso e sulla neonata La Repubblica, riversavano fiumi d’inchiostro sul perché e i percome gli italiani e soprattutto le giovani generazioni preferissero ballare Disco Inferno invece che manifestare in piazza com’era d’uso solo fino all’autunno precedente.

Risulta tuttavia difficile pensare che improvvisamente i giovani italiani che affollavano le feste dell’Unità fossero passati dal cantare Hacia la libertad e Venceremos a ballare Night Fever e Stayin’ alive fino alle prime luci dell’alba: i primi sospiri languorosi di Donna Summer datavano 1975 e addirittura precedenti erano le epopee chilometriche di Barry White.

Tra la fine del 1977 e l'inizio del 1978 era opinione prevalente degli esperti musicali che la disco avesse imboccato la parabola discendente: il successo clamoroso di "Saturday Night Fever", oltre a moltiplicare in maniera sbalorditiva i profitti delle case discografiche, a creare un modo nuovo di fruire la musica da ballo, fece intravedere una possibile new frontier musicale che, in moltissimi, provarono ad oltrepassare. Tra il 1978 e il 1980 la disco era pronta ad accogliere non solo il pop ma il rock e la new wave e le distinzioni si fecero molto meno rigide.

Quelli che oggi, trent’anni dopo, sono ritenuti veri e propri manifesti del periodo disco, erano ancora lì da venire – si pensi ad esempio ai fenomenali successi mondiali di Y.M.C.A., I will survive, Knock on wood, Ring my bell, Funky town per non dire di tutta la produzione targata Chic da Le freak ad Upside down passando per Good times, He’s the greatest dancer, We are family e Spacer; per non parlare delle incursioni nella disco di artisti insospettabilmente rock come i Rolling Stones nella ipnotica Miss you o nella di molto inferiore Emotional rescue; di Rod Stewart che, con Da ya think I’m sexy conosceva uno dei più colossali successi della sua carriera, dei Queen, che con Another one bites the dust riutilizzavano per la terza volta in poco meno di un anno il giro di basso di "Good times" ripetendone e amplificandone, se possibile, il successo. Ma furono i Blondie a chiudere il cerchio passando da una new wave molto pop ad un disco-rock di notevole efficacia e diventando prima in Inghilterra e poi dappertutto, uno dei gruppi di maggiore successo del biennio 1979/80.

Non durò ancora molto. Già nel 1979 negli Stati Uniti si formarono veri e propri movimenti anti-disco: lo slogan era "Disco sucks!", la disco fa schifo!, risultarono vendutissime le magliette che inneggiavano all'uccisione dei Bee Gees ed erano all'ordine del giorno roghi dimostrativi in cui venivano bruciati i dischi dei Bee Gees, Donna Summer, etc.

In questo articolo presenterò un centinaio di pezzi, che rappresentano, a mio avviso, il meglio della produzione disco, tra il 1973 e il 1980. Lo farò suddividendoli in due parti. La linea di demarcazione più utile è senz'altro "Saturday Night Fever", i cui effetti si fecero sentire in Italia nella primavera del 1978: in particolare tra i mesi di aprile e giugno di quell'anno la programmazione radiofonica venne praticamente saturata da almeno una decina di pezzi tratti dal doppio album, tra cui anche canzoni che erano stati successi di qualche tempo prima (Disco Inferno dei Trammps e i due numeri uno americani dei Bee Gees, Jive talkin' e You should be dancing).

Prima di Saturday Night Fever, negli anni 1974-77, la disco era costituita da due filoni piuttosto autonomi scarsamente dialoganti: il primo era quello che derivava direttamente dalla tradizione r'n'b e funky, di cui costituiva una delle possibili evoluzioni; l'altro filone è quello delle produzioni di studio europee, soprattutto tedesche e francesi, caratterizzate da un uso prevalente dell'elettronica, su cui si innestava sovente una linea melodica, derivata dal pop stile eurofestival: da qui il termine eurodisco, coniato in angloterritori e, forse, poco trasparente per noi.

Nella seconda fase, invece, furono dominanti le produzioni americane che innestarono le soluzioni più efficaci della disco europea sulle basi ritmiche tipicamente autoctone: si può forse dire che il grado di sofisticazione era molto maggiore, non necessariamente della freschezza e della efficacia. Molti produttori europei si spostarono negli Stati Uniti, molti artisti rock salirono sul carrozzone disco, oltre a quelli citati oltre, i Kiss, Elton John, i Beach Boys. Era molto più difficile individuare una linea autonoma r'n'b da quella disco: artisti come Earth Wind and Fire, Diana Ross e Michael Jackson, per dire solo dei maggiori, venivano identificati indifferentemente nell'una e nell'altra. Qualche anno dopo si sarebbe parlato di contaminazione, ma allora la parola richiamava solo fenomeni di inquinamento industriale o batterico.

 


Periodo pre-estate 1978: i 60 brani più significativi
Donna Summer - I Feel Love / Can't We Just Sit Down (And Talk It Over) 1. I feel love - Donna Summer - 1977
Uno degli archetipi disco per antonomasia. Suona quasi sperimentale e avant-garde ancora oggi. In un album (I remember yesterday) tra i più mediocri che la coppia Moroder-Bellotte predispose per la Summer, spicca come una gemma ineguagliabile. Non amata da chi dalla disco si aspetta soprattutto violini e melodie semplici con cori e fiati che la fanno da padrone, rappresentò probabilmente il più inatteso dei successi da parte degli stessi produttori che non lo volevano nemmeno pubblicare come singolo di punta. Solo sintetizzatori con linee ritmiche che si inseguono e si sovrappongono per scomparire tutte insieme e ripartire una dietro l’altra, come succede due volte nella versione più lunga del brano; suoni di tastiera elettronica che evidenziano coppie minime di apertura/chiusura, compressione /dilatazione, oppressione/liberazione. Rimixata infinite volte, tra le cover va segnalata quella a nome Bronski Beat e Marc Almond, non fosse che per il successo ottenuto (terzo posto in UK, in aprile 1985): si trattava in realtà di un medley, comprendente anche Love to Love You Baby e Johnny Remember Me di John Leyton. Wikipedia riporta la definizione di un critico, secondo cui si trattava di "the gayest record ever made"; in italiano la diremmo una "gran checcata", il che non deve intendersi come un'offesa! Nell’estate del 1977 avevo 13 anni e impazzivo per I feel love. Vado a memoria, ma mi sembra che Donna Summer venne in Italia per un concerto alla Bussola a settembre dello stesso anno: i giornali continuavano a dire che non esisteva, che era un prodotto di studio, che la voce dei dischi non era la sua, etc. Tutto ciò si svolgeva parallelamente al tam tam mediatico sulla presunta transessualità di Amanda Lear, che conosceva in quel periodo il grande successo di Tomorrow. Renato Zero impazzava con Mi vendo/Morire qui e anche a scuola – all’inizio della terza media, si parlava di omosessualità: era trent’anni fa!

Bee Gees - Night Fever / Down the Road 2. Night fever - Bee Gees - 1978
L’apoteosi della disco si raggiunse nella primavera del 1978: la colonna sonora di Saturday Night Fever rimase per 24 settimane (6 mesi!) al primo posto degli album più venduti negli Stati Uniti. Successi analoghi si riprodussero in tutti i mercati discografici maggiori. I 5 brani originali dei Bee Gees (i 3 singoli e i 2 brani cantati anche da Yvonne Elliman e dai Tavares) nonché un’altra mezza dozzina di successi degli anni precedenti rivitalizzati dall’inclusione nella raccolta, occuparono per tutta una stagione le classifiche dei singoli e le frequenze delle radio. Si cristallizzò un’idea della disco, che non includeva necessariamente tutte quelle esistenti e quelle passate, soprattutto a livello musicale. Introdusse una sorta di sospensione alla reazione, che di lì a poco avrebbe assunto negli Stati Uniti connotazioni anche violente, al fenomeno disco, avvertibile, in Italia, per esempio, già verso la fine del 1977. Le accuse erano le solite: musica vuota, banale, ripetiva, noiosa, stupida e per stupidi, etc. L’impatto commerciale fu enorme: non solo a livello di apertura di locali, ma anche per quanto riguardava gli investimenti e la programmazione delle case discografiche: tra il 1978 e il 1979 la quantità di artisti di ambito pop/rock che migrò verso produzioni disco fu impressionante. Torniamo ai Bee Gees: in presenza di dittici dicotomici, tutti hanno ragione e nessuno ha torto. Il caso che si tratta qui è: preferite Night Fever o Stayin’ alive? Stayin’ alive arrivò temporalmente prima e annunciò la Febbre: in Italia fagocitò il secondo singolo che quasi non ebbe riscontro in classifica. Diversa la storia oltralpe: nel Regno Unito, Stayin alive non andò nemmeno al primo posto, Night Fever fu prima solo per due settimane (e quattro al secondo posto), causa le vendite stratosferiche di Rivers of Babylon dei Boney M; le richieste per i due singoli erano talmente elevate che gli stabilimenti inglesi non riuscivano a coprire la domanda e costrinsero la WEA e la RSO a farli stampare anche in Olanda e in Germania. Negli Stati Uniti il match Stayin alive-Night fever finì 4 a 8 – nel senso di settimane al primo posto! Se non si è capito, a me piace più Night fever!

Gloria Gaynor - Never Can Say Goodbye / We Just Can't Make It 3. Never can say goodbye - Gloria Gaynor - 1974
Con i due artisti citati oltre compone l’ideale empireo delle divinità disco, nei giorni della prima diffusione del nuovo culto. In particolare, Gloria Gaynor fu la prima star ad essere fregiata del titolo di disco queen: in realtà le sue fortune non furono così durature, visto che già nel 1976 era considerata irrimediabilmente superata e che nel 1979, quando I will survive diventò un hit stratosferico, sembrava che i suoi successi precedenti si riferissero a qualche imprecisata epoca del passato. Tornando invece ai suoi primi giorni felici, Never can say goodbye, cover di un brano del 1971 dei Jackson 5, risulta ancora oggi uno degli inni più allegri, portatori di euforia gioiosa, che sia mai stato dato sentire nelle piste da ballo, grazie all’arrangiamento e alla vocalità serena e aperta di Gloria Gaynor. L’idea geniale fu quella di inserire Never can say goodbye in un medley che iniziava con Honey bee e si concludeva con la cover di Reach out (I’ll be there), nell’album della Gaynor del 1975, per una durata di quasi 20 minuti, a coprire tutta la facciata che predisponeva ad una maratona di danze e balli che percorse le sale di tutto il mondo per tutto l’anno. Raccomandazione: da evitare accuratamente le versioni rifatte di Never can say goodbye e di Reach out (I’ll be there) che hanno cominciato a circolare in larga copia nei negozi di dischi a partire dal primo disco revival dei primi anni novanta: fanno schifo!

Barry White - You're The First, The Last, My Everything / More Than Anything, You're My Everything 4. You’re the first, the last, my everything - Barry White - 1975
Insieme a KC. & the Sunshine Band il marchio di fabbrica disco più popolare del periodo 1974-1976: di pari passo con questo, una ripetitività indubbia che rendeva spesso difficile distinguere un hit dall’altro. L’altra caratteristica di Barry White riguardava la lunghezza dei titoli delle canzoni. Il suono è quello soffice e morbido di origine orchestrale con tappeti di archi su cui si innesta il vocione del cantante.

KC and the Sunshine Band - That's the Way (I Like It) / Ain't Nothing Wrong 5. That’s the way I like it - KC. & the Sunshine Band - 1975
Degli svariati hit (5 numeri uno americani a suo nome) scritti da H.W. Casey, uno dei produttori più importanti della prima disco (si è detto di Rock your babe e Jimmy Bo Horne), questo è probabilmente il più popolare: se si avessero dei dubbi a cosa si riferisca il titolo, gli “ah-ah, ah-ah” ripetuti per tutta la canzone tra “that’s the way” e “I like it” dovrebbero chiarire tutto. Ebbe un brano incluso in Saturday Night Fever (Boogie shoes) e due ritorni al grande successo nel 1979/80 (Please don’t go e Yes I’m ready) e nel 1984 (Give it up!.

Thelma Houston - Don't Leave Me This Way 6. Don’t leave me this way - Thelma Houston - 1976
Già classico Philly Sound di Harold Melvin and the Blue Notes di qualche anno prima conosce la sua versione definitiva nella versione di Thelma Houston, numero uno negli Stati Uniti all’inizio del 1977. Che si trattasse poi di un brano buono per tutte le stagioni si dimostrò nel 1986 quando la sua rilettura da parte di Jimmy Somerville (con Richard Coles nei Communards) anche con l’apporto di Sarah Jane Morris, diventò il singolo più venduto dell’anno nel Regno Unito e un best seller in tutta Europa. Thelma Houston, di cui non si conoscono altri successi, pur costituendo la più proverbiale degli one hit wonder, andò temporaneamente ad occupare il trono di disco queen, lasciato vacante da Gloria Gaynor, e prima che venisse assegnato definitivamente a Donna Summer.

7. Nice’n’ nasty - The Salsoul Orchestra - 1976
La fantasmagoria di un’orchestra per una delle mie epopee disco preferite: con un’introduzione che funziona come un rappel à l’ordre non discutibile (tutti in pista!), un tappeto ritmico cui resisti non potest, archi e fiati che improvvisano aperture di luce nella tenebra dei bassi-batteria. Divertitevi!


Bee Gees - You Should Be Dancing / Subway 8. You should be dancing - Bee Gees - 1976
Una delle metamorfosi più radicali della storia della musica pop si era compiuta l’anno prima: il falsetto, archi e fiati di Jive talkin’ aveva annullato quasi dieci anni di onorata carriera nella sezione: pop melodico. Non era andata male: nel 1976 consolidarono il nuovo corso con questo grande singolo, che presenta uno degli inizi più torridi che mai si siano sentiti nella musica da ballo; poi è un tripudio di cori, chitarre, fiati, archi; per non dire di una favolosa linea di basso, con batteria stratosferica! La sua fama (come quella di Jive talkin’) venne riaggiornata con l’inclusione in Saturday Night Fever.

Stevie Wonder - I Wish / You and I 9. I wish - Stevie Wonder - 1976
Songs in the key of life era il quinto capolavoro consecutivo di Stevie Wonder. Rimase per 14 settimane al primo posto degli album più venduti in US, produsse due singoli numeri uno e una delle canzoni più popolari della musica degli ultimi 50 anni a non essere uscita come singolo, Isn’t she lovely. Ok, lo so: cosa c’entra Stevie Wonder con la disco? Non c’entra quasi niente, va bene; ma in quel quasi, ci sta che almeno quattro brani di questo album erano ballatissimi dappertutto: I wish, Sir Duke, Another star e Black man. Può bastare?

Earth, Wind & Fire - Fantasy / Runnin' 10. Fantasy - Earth, Wind and Fire - 1977
Già gruppo r’n’b di grande successo in US, assurgono a superstar planetarie tra il 1977 e il 1979, con sequenza ininterrotta di gran pezzi da ballare: rappresentano il coté più raffinato della disco, con potente sezione fiati e cori perfetti. Fantasy è stata per anni la sigla di Prima visione, il programma di anteprime cinematografiche di Raiuno ed è stata rifatta, con discreto successo dai Blackbox nel 1990.

Giorgio Moroder - From Here to Eternity 11. From here to eternity - Giorgio Moroder - 1977
Giorgio Moroder fu forse il più importante produttore disco europeo, il cui impatto non è stato ancora valutato appieno. Insieme alle produzioni per Donna Summer, questo brano è il suo contributo più duraturo alla musica pop in genere. La disco elettronica nasce con lui: l’ambito è affine a quello in cui operavano i Kraftwerk, con un’attenzione molto più esplicita alla ballabilità.

MFSB - TSOP (The Sound of Philadelphia) / Touch Me in the Morning 12. The Sound of Philadelphia - M.F.S.B. - 1974
Il più importante centro di definizione del suono disco fu Philadelphia. Il modello si proponeva di smussare le parti più urticanti del funky, suoni levigati e dolci, atmosfera morbida, fiati e archi, cori femminili. Successo enorme

The Trammps - Disco Inferno (Part 1) / Disco Inferno (Part 2) 13. Disco inferno - Trammps - 1976
Anche i Trammps, come i Tavares citati oltre, beneficiarono dall’essere stati inclusi nella colonna sonora di Saturday Night Fever: Disco inferno, dopo una timida apparizione al cinquantatreesimo posto, ritornò in classifica nella primavera del 1978 sfiorando i top ten. Uno dei brani che definiscono l’era disco, rifatta anche da Tina Turner e Cindy Lauper.

Kraftwerk - Trans Europe Express 14. Trans Europe Express - Kraftwerk - 1977
Capolavoro: minimalismo e grandi melodie, ritmi robotici, voci distorte. Grande impatto e influenze che si estendono ai luoghi più impensabili: la scena house di Chicago ha dichiarato il suo debito ai Kraftwerk. Hanno creato uno scenario, un ambiente, che prima non esistevano. Si balla da favola.

Amanda Lear - Follow Me / Mother, Look What They've Done to Me 15. Follow me - Amanda Lear - 1978
Il fenomeno Amanda Lear esplose in Italia nell’estate del 1977: apparentemente una delle tante Disco divas, si portava dietro un curriculum piuttosto consistente. Amica di Bowie, modella (compare sulla copertina del capolavoro dei Roxy Music, For your pleasure), amica-amante di Salvador Dalì. Tutto ciò sarebbe passato inosservato se il battage pubblicitario non avesse buttato nel mucchio, la sua presunta transessualità, giustificata, peraltro, dall’aspetto, dalla voce particolarmente bassa, e anche da un certo senso dell’humour, tipicamente associabile al mondo gay. Tomorrow e Queen of Chinatown furono i due singoli che la consacrarono in cima alle preferenze perlomeno italiche – il suo successo fu limitato all’Europa centrale e non oltrepassò mai la Manica. Nulla, tuttavia, faceva presagire il vero e proprio delirio barocco che attende l’ascoltatore nella prima facciata di Sweet Revenge, il secondo album di Amanda Lear, prodotto come il primo, I am a photograph, da Anthony Monn. L’album, veramente stupefacente, per i canoni che caratterizzavano le produzioni disco, si apre con una suite di venti minuti circa con cinque movimenti, che incorpora le esperienze dei Kraftwerk e di Giorgio Moroder e le miscela con la disco orchestrale più tipica, quindi violini a profusione e cori da favola ma anche colpi di gong e schitarrate rock, piuttosto inusuali fino a quel momento e la voce di Amanda, la cui pronuncia inglese suona oltremodo esotica e che, come ha detto Michael Freeberg, un critico americano, “can’t properly sing even one note, but what’s got to do with anything?” Ah, Follow me è il primo singolo tratto da Sweet Revenge.

ABBA - Dancing Queen / That's Me 16. Dancing queen - Abba - 1977
La “queen” della canzone è la Regina di Svezia, per la quale la canzone fu composta: a parte Gimme! Gimme! Gimme!, è forse il loro pezzo più disco, ed è sicuramente quello più venduto – l’unico numero uno americano, andò al primo posto pressoché in qualunque mercato del mondo, tranne forse l’Italia. L’Italia, dopo un primo innamoramento coincidente con i due grossi successi SOS e Fernando, si mostrò pochissimo sensibile al fascino degli Abba, con parziale recupero solo con Winner takes it all, nell’autunno del 1980: tutto ciò che stava in mezzo – stiamo parlando di una dozzina di singoli (numeri uno o top 5 dappertutto) passarono relativamente inosservati: c’è da dire che il pregiudizio nei confronti degli Abba era probabilmente superiore a quello ostentato nei confronti della musica da discoteca: chi ascoltava gli Abba o era un bambino, o era uno stupido!

17. Got to give it up (part 1) - Marvin Gaye - 1977
L’altro gigante della Motown a trarre qualche vantaggio dal mercato disco fu Marvin Gaye: versione accorciata di un brano lungo 12 minuti che comparve in un disco dal vivo uscito nello stesso anno, andò al numero 1 delle classifiche pop, r’n’b e disco di Billboard. Gaye usa un falsetto che forse influenzerà Michael Jackson in Don’t stop till you get enough; il rumore di fondo è giustificato dal testo della canzone, che parla di un ragazzo che è troppo timido per ballare (l’azione si svolge in un locale da ballo), ma poi, grazie alla musica (groove) si lascia andare al ballo e al resto …

Diana Ross - Love Hangover / Kiss Me Now 18. Love hangover - Diana Ross - 1976
Non so se all’epoca Diana Ross entrasse e uscisse da cliniche di disintossicazione, come siamo abituati a leggere sui giornali da ultimo per quanto la riguarda: la sbornia del titolo è questa volta una sbornia d’amore: niente di cui preoccuparsi. Primo singolo disco della Motown ad andare al primo posto in US, nella versione da 7’50 si compone di tre parti: nella prima, una sorta di introduzione lenta (i primi tre minuti), Diana ci narra gli eventi che si sono risolti nella “più dolce sbornia d’amore”, da cui non vuole uscire mai più; annunciata da tre colpi d’archetto di violino inizia la parte più propriamente disco, con l’hook assassino che andrà avanti come un loop per tutto il resto del pezzo; ad una parte esclusivamente strumentale (quasi 2 minuti), segue la parte finale in cui Diana sussurrante implora di non chiamare dottori, mamma e preti e che non vuole essere curata... Eccellente!

Boney M. - Ma Baker/ A Woman Can Change a Man 19. Ma Baker - Boney M - 1977
Si sta parlando qui di uno dei gruppi di maggiore successo in giro per l’Europa tra il 1977 e il 1979: con un’immagine (le copertine fanno ancora morire dal ridere!) tra il trash e il macho (tre donne e un uomo) inanellarono un’incredibile serie di hit, il cui vertice è rappresentato da Rivers of Babylon, pubblicato nella primavera del 1978. Non rendo probabilmente giustizia agli Abba, ma l’ambito di diffusione della loro produzione era lo stesso, ovvero pop melodico con ritmiche e impasti vocali accattivanti che, sovente, tendevano alla disco. I temi trattati nelle loro canzoni erano piuttosto eclettici: includevano, tra gli altri, la questione nordirlandese (Belfast) e il favorito dello Zar di Russia prima della Rivoluzione di Ottobre, Rasputin. Ma Baker, con Daddy cool, rappresenta il vertice commerciale della produzione più “da discoteca”.

Baccara - Yes Sir, I Can Boogie / Cara Mia 20. Yes sir, I can boogie - Baccara - 1977
Il più improbabile dei numeri uno inglesi del periodo: il duo femminile spagnolo spopolò in tutta Europa nell’autunno del 1977: una vera e propria delizia, resa ancora più irresistibile dall’inglese approssimativo delle interpreti. Replicarono parzialmente con il successivo Sorry I’m a lady.

C. J. & Co. - Devil's Gun / Free to Be Me 21. Devil’s gun - C.J. & Co. - 1977
Forse il brano di minor successo commerciale presente in questa classifica, fu in realtà un grosso hit (a quei tempi si diceva: riempipista) nei club (discoteche) dell’epoca! Numero uno nella classifica dance di Billboard nella primavera del 1977, io la conobbi attraverso Radio Babboleo che in quel periodo la trasmetteva “a manetta”. Per quanto mi riguarda uno dei brani più potenti del periodo, ci si trova proprio tutto: voci su diversi registri (tenore e baritono), cori che rafforzano il crescendo ritmico, con gli archi in evidenza che, a loro volta, punteggiano il basso e la batteria in un tripudio che si vorrebbe non finisse mai. Uno dei brani di cui ho fatto più fatica a ritrovare titolo e autori: ricordavo solo il motivo, prima dell’illuminazione ho spulciato decine e decine di brani, e dopo mesi e mesi di ricerca avevo quasi perso la speranza.

Cerrone - Supernature / In the Smoke 22. Supernature - Cerrone - 1977
I Concept-album, uno dei fenomeni più perniciosi che si siano mai affacciati nella musica pop, contagiarono anche la musica disco. Cerrone, uno dei nomi chiave (all’inizio con Alec Costadinos) della disco, fece il botto un paio di anni prima con Love in C minor, una suite che calcava il filone disco-erotico inaugurato da Donna Summer. Per Supernature, coadiuvato da Lene Lovich (ve la ricordate?) abbandonò le orchestrazioni dei dischi precedenti e inglobò molta elettronica, derivazione diretta Giorgio Moroder, con eccellenti risultati. Il concept- album? Ah sì: si parla di mutanti creati da scienziati per rimpiazzare l’umanità che sta morendo di fame, o qualcosa del genere. Vi interessa? A me no, sto ballando!

Charo - Dance a Little Bit Closer / Cuchi-Cuchi 23. Dance (a little bit closer) - Charo & the Salsoul Orchestra - 1977
La “regina del Cuchi-cuchi”, Charo, nata in Murcia, Spagna, moglie quindicenne (?) di Xavier Cugat, fornisce la sua voce a una delle più famose orchestre del periodo disco: la Salsoul Orchestra, composta da 50 elementi e diretta da Vincent Montana Jr., fondendo soul, r’n’b, e ritimi latinoamericani, fu una delle presenze fondamentali del panorama disco. Il risultato, qui, tende molto al camp: archi e fiati a profusione, scampanellii con xilofoni o simili, quel certo disco flavour, la vocina di Charo che quando canta in inglese risulta piuttosto divertente. Lasciatevi andare, non ve ne pentirete!

Labelle - Lady Marmalade (Voulez-vous coucher avec moi ce soir) / Space Children 24. Lady Marmalade - Labelle - 1975
E’ dura sintetizzare la carriera di un gigante della musica: stiamo parlando del meraviglioso prodigio e talento naturale che risponde al nome di Patti Labelle. Qui la troviamo in una delle sue incarnazioni più riuscite, perlomeno in termini commerciali: nel 1975 l’invito contenuto in Lady Marmalade, Voulez-vous coucher avec-moi?, montando l’onda della crescente disinibizione sessuale amplificata dal ritmo della musica disco, rimbalzò in tutti i Paesi del mondo: numero uno ovunque. Rifatta un sacco di volte: la più recente a quattro voci, tra cui Christina Aguilera e Pink, per il film Moulin Rouge, ebbe nel 2001 ancora più successo della versione originale.

The O'Jays - Love Train / Who Am I 25. Love train - O’Jays - 1973
Subito prima del contagio disco, a Philadelphia si creavano capolavori di tal fatta: piena tradizione soul, impasti vocali paradisiaci, archi, fiati e una ritmica accelerata che tenderà a diventare disco di lì a poco. Grande successo americano. Scena finale e titoli di coda in The last days of disco.

Donna Summer - Love to Love You Baby / Need-A-Man Blues 26. Love to love you baby - Donna Summer - 1975
Soprannominata “Regina della disco”. L’unica artista ad aver attraversato tutto il periodo disco da protagonista, con successo, se possibile, sempre crescente. Qualche dato: 9 singoli consecutivi nei top 5 di Billboard tra il 1978 e 1980, di cui 4 numeri uno (compreso il duetto con Barbra Streisand); tra il 1975 e il 1979 pubblicò 8 album (quasi 2 all’anno), di cui gli ultimi 4 doppi. Fu la prima artista donna ad avere tre album (doppi) consecutivi al numero uno di Billboard. Potrei continuare per pagine; per il momento basti sapere che, in un mercato naturalmente predisposto ai singoli, Donna Summer fu una delle poche artiste a vendere palate di album, al punto che questi andavano in cima alle classifiche anche quando i singoli non erano hit pazzeschi. In Italia, per esempio Four seasons of love e Once upon a time, tra il 1977 e il 1978, rimasero per settimane ai primi posti, senza avere forti singoli di traino. Per venire invece al brano che ci interessa, bisogna dire che fu una delle grandi invenzioni della prima disco: intercettò, per esempio, la crescente richiesta di brani lunghi che permettessero ai d.j. dell’epoca di non dover cambiare continuamente i dischi, che fino a quel momento non superavano i 4-5 minuti; la versione dell’album copriva tutta la prima facciata. La naturale evoluzione sarà poi quella delle versioni extended, che cominciavano a circolare proprio in quei tempi, e la creazione di un nuovo supporto, il singolo 12”. La creazione di brani che diventavano delle vere e proprie suite, con orchestrazioni più o meno in evidenza, soprattutto nelle sezioni archi e fiati, diventarono uno dei filoni principali della produzione del periodo. Da molti considerata la versione brutta di Shaft di Isaac Hayes, Love to love you babe non si può dire che sia invecchiata bene, ma l’impatto all’epoca fu molto forte; sono note le fasi della sua registrazione, la lunga teoria di orgasmi simulati - qualcuno è arrivato anche a contarli; l’aneddoto che la pudica Donna Gaines in Sommer, diventata nell’occasione Donna Summer, si mettesse di spalle rispetto ai musicisti e la sua richiesta di spegnere le luci per la vergogna di emettere sospiri così univocamente interpretabili, etc. etc.

27. Do it anyway you wanna - People’s Choice - 1974
Gemma del Philly sound: fiati e basso in gran spolvero. L’invito contenuto nel titolo e ripetuto per tutto il brano non sarebbe molto popolare nell’Italia del 2007.

Carol Douglas - Doctor's Orders / Baby Don't Let This Good Love Die 28. Doctor’s orders - Carol Douglas - 1974
Nonostante fosse stato inventato da quasi un secolo a metà degli anni settanta la musica pop fece del telefono uno dei suoi temi preferiti: da Piange il telefono (Le telephone pleure) a Telephone line, passando per Buonasera dottore, forse ispirato almeno nel titolo dal pezzo della Douglas. Si sente nei titoli di testa di The last days of disco. Da non confondersi con il quasi omonimo Carl Douglas, in classifica nello stesso periodo con Kung Fu fighting. In Italia, tra i primi brani disco a diventare anche grossi successi commerciali (nel 1975).

Tavares - Heaven Must Be Missing an Angel 29. Heaven must be missing an angel - Tavares - 1976
I fratelli Tavares, nel solco della tradizione r’n’b, furono tra gli eletti beneficiati dall’essere stati inclusi nella colonna sonora di Saturday Night Fever: More than a woman era presente nella loro versione e in quella dei Bee Gees, che ne erano gli autori. Tuttavia, mi piace più ricordarli per questo bel pezzo di qualche tempo prima.

Vicki Sue Robinson - Turn The Beat Around / Lack Of Respect 30. Turn the beat around - Vicki Sue Robinson - 1976
Uno dei grandi brani della disco. One-hit-wonder irresistibile, venne ripreso con discreto successo da Gloria Estefan nel 1994.

The Hues Corporation - Rock the Boat / All Goin' Down Together 31. Rock the boat - Hues Corporation - 1974
Se per Rock the boat si può parlare di una canzoncina pop con un ritmo un po’ più sostenuto, è il pezzo di George McCrae che, in parallelo al Sound of Philadelphia, definisce la forma della disco prima maniera.

George McCrae - Rock Your Baby / Rock Your Baby (Part 2) 32. Rock your baby - George McCrae - 1974
L’1-2 della disco nell’estate del 1974: si può dire che la disco in termini di fenomeno commerciale cominci da qui: Rock your babe prende il posto di Rock the boat in cima alla classifica dei singoli di Billboard.

The Michael Zager Band - Let's All Chant / Love Express 33. Let’s all chant - Michael Zager Band - 1977
L’autore è Michael Zager, produttore, arrangiatore e pianista: uno dei nomi chiavi della disco. Il brano di maggiore successo in discoteca subito prima dell’avvento di Saturday Night Fever, fine inverno-primavera 1978: piuttosto contagiosa, non si fa mancare nemmeno un inserto quasi “cameristico”, naturalmente con strumenti elettronici. Era la canzone dell’ “ah ah-eh eh” , o anche, dell’ “uh-uh”.

Santa Esmeralda - Don't Let Me Be Misunderstood 34. Don’t let me be misunderstood - Leroy Gomez & Santa Esmeralda - 1977
Autunno 1977: l’aggiornamento del classico degli Animals –già cantata da Nina Simone, con spruzzate di percussioni latine, chitarre in stile flamenco e l’implacabile beat disco ne fanno uno dei classici del periodo. Geniale l’utilizzo di Tarantino in Kill Bill vol. 1.

Esther Phillips - What a Diff'rence a Day Makes / Turn Around, Look at Me 35. What a difference a day makes - Esther Phillips - 1975
Con questa cover di una canzone di Dinah Washington, la grande e sfortunata cantante r’n’b Esther Phillips andò in classifica e si fece ballare in tutto il mondo.

Leo Sayer - You Make Me Feel Like Dancing / Magdalena 36. You make me feel like dancing - Leo Sayer - 1976
Forse il primo artista di provenienza pop-rock a salire sul carrozzone disco - Bowie excepted of course, lui faceva sempre le cose prima degli altri: da promettente cantautore inglese della nuova leva si ritrovò superstar mondiale con due numeri uno consecutivi in US, di cui questo è il primo. Nel 2006 è ritornato in auge per un remix di enorme successo di un suo pezzo del 1977, Thunder in my heart; non solo, più di un’eco di You make me feel like dancing si avverte in I don’t feel like dancing dei Scissor Sisters, oltre che nel titolo, quasi un calco, anche nel falsetto.

Bonnie Pointer - Heaven Must Have Sent You 37. Heaven must have sent you - Bonnie Pointer - 1978
Insieme alle sorelle nel gruppo soul Pointer Sisters, iniziò la carriera solista con questo brano: lo scampanellio più famoso della disco, dopo quello di Ring my bell di Anita Ward, del 1979

Alicia Bridges - I Love the Night Life / Self Applause 38. I love the nightlife (Disco round) - Alicia Bridges - 1978
Anche di Alicia Bridges non si conoscono altri successi se non questo: si sente nei film Priscilla, la regina del deserto e in The last days of disco.

39. Best of my love - Emotions - 1977
Trio femminile prodotto da Maurice White degli Earth, Wind & Fire, spopolò con questo brano nell'estate del 1977.

La Bionda - One for You, One for Me / There for Me 40. One for you, one for me - La Bionda - 1978
I fratelli La Bionda abbandonano il progressive per la disco con le sigle La Bionda e D.D.Sound, mietendo successi con entrambe, tra il 1977 e il 1980: questo è il maggiore, popolare in tutta Europa.

Karen Young - Hot Shot 41. Hot shot - Karen Young - 1978
Piuttosto briosa e incalzante, Hot shot merita a pieno titolo la definizione one hit wonder. Si segnala un primo posto nella classifica dance/club hit di Billboard.

Grace Jones - La vie en rose / I Need a Man 42. La vie en rose - Grace Jones - 1977
Il progetto artistico "Grace Jones" attraversò anche la disco, con buoni risultati tra l'altro, ma quello che venne dopo fu ancora meglio. Icona gay (primo successo: I need a man), con voce quasi sempre fuori registro, corpo stupendo, viso squadrato e androgino, con la sua immagine scioccante primeggiava in quegli anni tra Parigi e New York. La parola "look" e tutto ciò che ne deriva, potrebbe essere stata inventata per lei: sfilate di moda, incredibili servizi fotografici e apparizioni nei club più esclusivi del mondo (fu una delle muse di Andy Warhol, che accompagnava allo Studio 54). Dopo i primi tre album disco virò verso un suono più rock che fondeva la new wave con le atmosfere reggae fornitele dagli eccezionali Sly Dunbar e Robbie Shakespeare: nel 1981, Nightclubbing, il secondo dei tre dischi di questa fase, fu votato disco dell'anno, dal sempre piuttosto snob New Musical Express. Altrettanto centrata e apprezzata fu la produzione di Trevor Horn per il disco del 1985, Slave to the rhythm. La sua rilettura in chiave disco del celeberrimo brano di Edith Piaf non è forse la sua cosa più interessante, ma è quella che la rese celebre nell'autunno del 1977 in Italia e offre un esempio del suo stile straniato e straniante.

43. Gimme some - Jimmy ‘Bo’ Horne - 1976
Proveniva da uno dei poli principali della prima disco, Miami, dove operava Harry Casey (KC and the Sunshine Band). Quasi dimenticato, non comparve all'epoca in quasi nessuna classifica internazionale ma in Italia, quando si sentì le prime volte apparve subito irresistibile, e andò molto bene in hit parade.

Space - Magic Fly 44. Magic Fly - Space - 1977
Nato come sigla di programma della tv francese sull'astrologia diventò un hit da discoteca, costituendo una delle prime variazioni del tema "cosmico", particolarmente attraente per i produttori disco.

The Ritchie Family - The Best Disco In Town 45. The best disco in town - Ritchie Family - 1976
Medley di brani popolari nelle discoteche (tra gli altri Lady Bump, I love music, Turn the beat around), fu uno dei grandi successi disco del 1976. Produce Jacques Morali.

Andy Gibb - Shadow Dancing 46. Shadow dancing - Andy Gibb - 1978
Il minore dei fratelli Gibb raggiunse l'apice del successo con questo singolo, quasi contemporaneamente alla Fever dei Bee Gees: era il terzo numero uno consecutivo in US. Riferibile sicuramente alla produzione disco dei Bee Gees, appare piuttosto dimenticato adesso. Ebbe gravi problemi di dipendenza da droga e alcool: morì appena trentenne nel 1988.

The Andrea True Connection - What's Your Name, What's Your Number / Fill Me Up (Heart to Heart) 47. What’s your name what’s your number - Andrea True Connection - 1978
Esplosa l'anno prima con More more more, l'ex porno star Andrea True è forse più popolare in Italia con quest'altro brano: piuttosto incalzante nella struttura musicale, con venature quasi rock (si fa per dire!), descrive un incontro tra single in un bar.

Belle Epoque - Black Is Black 48. Black is black - La Belle Epoque - 1977
Cover dell'omonimo brano dei Los Bravos, hit del 1966. Produzione francese, discreto successo.

Baciotti - Black Jack 49. Black jack - Baciotti - 1978
Buona produzione italiana (Pippo La Rosa), largamente influenzata nelle atmosfere dai lavori di Giorgio Moroder di quel periodo.

Silver Convention - Fly, Robin, Fly / Tiger Baby 50. Fly Robin fly - Silver Convention - 1975
Se vi piace di più, potete anche sostituirla con Get up and boogie (1976), sono perfettamente interscambiabili: entrambe utilizzano non più di sei parole - fly Robin fly, up up to the sky, una; get up and boogie, that's right!, l'altra. Il tema musicale, se così si può dire, viene esaurito nel primo minuto. Detto questo, furono una delle produzioni di maggiore successo mondiale (Numero uno e numero due, rispettivamente nella classifica di Billboard) tra il 1975 e il 1976. Produzione tedesca.

Meco - Theme from Close Encounters / Roman Nights 51. Theme from “Close encounters of the third kind” - Meco - 1977
Visti i risultati, ottenuti con il rifacimento di Star Wars, il trattamento fu ripetuto con le musiche del film di Spielberg.

Meco - Star Wars Theme / Cantina Band / Funk 52. Star Wars theme - Meco - 1977
Subito dopo fu il turno dei due tra i più grossi blockbusters di tutti i tempi. Meco, che aveva coprodotto Never can say goodbye di Gloria Gaynor e prodotto Doctor’s orders di Carol Douglas, rimase folgorato dalle musiche di John Williams per Guerre Stellari di Lucas e Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg. Convocò 75 orchestrali, suonò il trombone (il suo strumento) e le tastiere. Pubblicò un album; il 12’’ conteneva una versione di 16 minuti del tema di Guerre Stellari. Il singolo andò al primo posto nelle classifiche di Billboard. Si ballò in tutto il mondo.

53. Gonna fly now - Maynard Ferguson - 1977
Temi di film in salsa disco: questo è il primo. Il trombettista Ferguson andò al primo posto dappertutto con questa, che era il tema di Rocky.

Voyage - Voyage 54. Scotch machine - Voyage - 1977
I Voyage erano una delle realtà più interessanti provenienti dalla Francia: di grande successo anche negli Stati Uniti. Dei Voyage vanno ricordate anche Souvenirs, di qualche mese successiva, e From East to West, dell’anno dopo.

55. Rock on - Hunter - 1977
Rock on: non propriamente disco, ma si straballava nei primi mesi del 1978; veniva mixata con Scotch machine. Tarantella con archi e le cornamuse dei Voyage. Disco-folk?

Carl Douglas - Kung Fu Fighting / Gamblin' Man 56. Kung fu fighting - Carl Douglas - 1974
Uno dei primi successi planetari del periodo disco: numero uno in UK e in US. Popolarissima ancora adesso. Produzione inglese (Biddu).

Afric Simone - Ramaya / Piranha 57. Ramaya - Afric Simone - 1975
Furoreggiò nelle discoteche e in classifica nel 1976. Più un fatto di costume che altro. Citata da Elio in “Pippero” nel 1992 e nel programma TV “Anima mia” del 1997.

Roberta Kelly - Zodiacs / Moondreaming 58. Zodiacs - Roberta Kelly - 1977
In Italia nell’estate del 1977 contese a Donna Summer il primato in discoteca e nelle classifiche di vendita. Producevano Moroder e Bellotte. Vendite scarse in UK e in US, dove è più nota per Trouble-maker dell’anno prima, numero uno della Billboard Hot dance/disco chart.

Tina Charles - I Love to Love (But My Baby Loves to Dance ) 59. I love to love - Tina Charles - 1976
Una delle poche produzioni disco provenienti dal Regno Unito, curiosamente periferica rispetto alle principali correnti disco del periodo. Produce l’anglo-indiano Biddu, responsabile anche di Kung fu fighting. Remixata nel 1986, si rivelò un grosso successo in Italia nell’estate del 1987.

60. The hustle - Van McCoy - 1975
La trovo di una noia mortale: non mi è mai piaciuta. sta qui perchè costituisce una tappa imprescindibile nella storia del ballo e del costume negli Stati Uniti. Fu un enorme successo in tutto il mondo.

 


DISCO: APOTEOSI E CADUTA
Passiamo ora ad analizzare il periodo che va dall’estate del 1978 a quella del 1980, periodo oltre il quale la parola disco fu progressivamente abbandonata per designare la musica che si ballava in discoteca. Nel 1978, grazie probabilmente all’effetto combinato Saturday night fever e Grease, le vendite dei dischi subirono un’impennata. Il fenomeno riguardò tutto il mondo e fece sentire i primi effetti già nell’ultimo trimestre del 1977: per quanto riguarda i singoli, nel 1978 nel Regno Unito vennero consegnati ai negozi 100 milioni di esemplari, con diversi hit milionari, tra cui Rivers of Babylon/Brown girl in the ring che, con 40 settimane in classifica e vendite certificate di 1.800.000 unità, diventò il secondo singolo più venduto di tutti i tempi fino a quel momento dopo Mull of Kintyre dei Wings, che aveva superato i 2 milioni solo qualche mese prima. (Per la cronaca, il titolo di singolo più venduto era detenuto, con 1.800.000 copie vendute, da She loves you). Anche l’Italia, nel suo piccolo, conobbe un discreto boom: il volume delle vendite fece un balzo superiore al 20%, e il 1979 fu l’ultimo anno in cui le vendite dei singoli si avvicinarono ai 30 milioni di pezzi, prima dell’inabissamento che proseguì ininterrotto per tutti gli anni ottanta. La cuccagna non durò a lungo: nel 1980 le vendite erano tornate ai livelli del 1977, discoteche e concerti erano molto meno frequentati che nel biennio precedente e, con buona pace per tutti, i discografici si dovevano far venire in mente idee nuove. Il 1979 fu l’anno in cui i successi disco furono veramente grossi, la produzione per molti versi fu più curata e varia, i confini tra pop e disco diventarono quasi inesistenti, il crossover era piuttosto generalizzato, non solo nelle aree di naturale affinità quali il soul e il funky, ma anche in quella del rock e della nascente new wave si assistette a recipoci e proficui scambi di sonorità. Nel 1980 il suono tipicamente disco era già in disarmo e proibita, almeno negli Stati Uniti, ne fu la parola. Almeno due successi stratosferici come Funky town e Upside down ne ritardarono di qualche mese la morte e nel 1981 di disco non si parlava più.

CHIC ORGANIZATION

Chic - Chic Si sta parlando del marchio di fabbrica più importante, sia in termini di successo che di influenza, degli anni 1977/1980, con il suono, quasi un brevetto, più riconoscibile e caratteristico del periodo. La pervasività delle loro produzioni nei mercati discografici, nelle onde radio, e nelle discoteche assunse i connotati di un’occupazione vera e propria. Non credo di esagerare ma fu grazie agli Chic che molti, che avevano snobbato fino a quel momento la disco, cominciarono a guardarla con meno sufficienza. Il loro suono era diverso da tutto ciò che si era sentito fino a quel momento grazie al grande talento di Nile Rodgers e Bernard Edwards che svilupparono un fraseggio di basso e chitarra, raramente così presente nella produzione disco, che, insieme alle voci e alla batteria, creavano un effetto sofisticato ed elegante. A rafforzare Chic - C'est Chic questa impressione contribuiva anche l’utilizzo massiccio di parole ed espressioni francesi: chic (c’est chic), le freak, savoir faire, risqué nei titoli, ma anche crème de la crème (in He’s the greatest dancer delle Sister Sledge). Il catalogo Chic, oltre ai successi in proprio (in ordine cronologico, Dance dance dance, Everybody dance, Le freak, I want your love, Good times), comprende:
- l’album solista di Norma Jean, loro vocalist in Chic, l’album del 1977
- le Sister Sledge, i due album We are family e Love somebody today
- Spacer di Sheila
- Diana di Diana Ross.
Sheila B. Devotion - Spacer / Don't Go Negli anni Ottanta Edwards e Rodgers, separatamente e qualche volta insieme, si occuparono di Debbie Harry, Carly Simon, David Bowie, Robert Palmer, Power Station, Duran Duran, Grace Jones, etc. Il 1979 fu il loro anno magico: C’est chic, il secondo album disco, uscito alla fine del 1978, trainato da Le Freak e subito dopo da I want your love, veniva suonato per intero nelle discoteche e nelle radio. In primavera fu il momento dei due singoli fenomenali delle Sister Sledge: He’s the greatest dancer e We are family. In estate imperversò Good Times e subito dopo My forbidden lover e My feet keep dancing. Alla fine del Chic - Real People 1979 Good times, venne utilizzata come base per quello che è considerato il primo brano hip-hop di successo, Rapper’s delight della Sugarhill Gang. L’estate successiva i Queen conobbero il loro più grande successo americano, utilizzando il giro di basso di Good times e mentre Diana Ross imperversava con Upside down e tutto l’album, Diana, il tentativo di superare le barriere della disco da parte degli Chic, con l’album Real people non interessò praticamente nessuno. Se può interessare, a me, in quell’estate 1980, Rebels are we piaceva da pazzi.

DONNA SUMMER

Diana Ross - Diana Per Donna Summer esiste un prima e un dopo: il discrimine corre lungo il 1978. In Italia e in Europa raggiunse il massimo del successo con I feel love, che andò al primo posto dappertutto, trascinandosi dietro l’album, il mediocre I remember yesterday, il secondo singolo, Love’s unkind e anche il tema del film, The Deep, Deep down inside, che uscì nell’autunno del 1977. Once upon a time, pubblicato alla fine del 1977 inaugurò la serie degli album doppi, e nonostante si debba ritenere il suo migliore sforzo a 33 giri, non produsse singoli di particolare successo: le radio italiane li tralasciarono (Once upon a time e I love you) in favore della cupa ed ipnotica Now I need you. Gli scricchiolii si fecero più forti quando Last dance, il singolo di punta del soundtrack di Thank God it’s Friday, film musicale sulla scia di Saturday Night Fever, non andò in classifica in Italia e non entrò nei top 50 inglesi. Last dance, disco d’oro e oscar come miglior canzone, segnò viceversa negli Stati Uniti l’inizio del periodo di maggiore successo di Donna Summer, di cui già si è parlato. Hot stuff, apice del successo americano, non fu nemmeno top ten in UK, così come l’album Bad girls, doppio disco di platino in US, non andò oltre il 23° posto in UK. Era evidente comunque che, a parte Hot stuff, che con le infuriate schitarrate rock, rimane un unicum, le produzioni di questo periodo miravano ad un pubblico meno settoriale di quello disco, e fossero più indirizzate verso il mercato americano.

BEE GEES

Bee Gees - Spirits Having Flown Spirits having flown vendette sulla fiducia, andò al numero uno dappertutto, ma se paragonato a Saturday Night Fever, fu quasi un fiasco - negli Stati Uniti non andò oltre il milione di copie; i tre singoli fecero tutti il loro dovere allungando a 6 la striscia di numeri uno consecutivi in US, ma non si può evitare di considerarli di molto inferiori al materiale precedente: Too much heaven era una pessima copia di How deep is your love e Tragedy e Love you inside out risultavano oltremodo fiacchi a confronto di Night fever e Stayin' alive. Dopo di ciò, a parte le fortunatissime produzioni di Barbra Streisand e di Dionne Warwick, i Bee Gees si presero un lungo sabbatico da cui riemersero più rockeggianti nell'autunno 1981 con He's a liar nel disinteresse generale, a parte l'Italia, in cui salì fino al terzo posto (classifica Musica e Dischi); Living Eyes, l'album, non entrò nei top 40 né in US, né in UK.

VILLAGE PEOPLE

Prodotto tipicamente da studio come tanti altri del periodo disco, il gruppo fu assemblato dal produttore francese Jacques Morali (che stava dietro anche il marchio Ritchie Family) e dal suo partner Henri Belolo intorno al talento canoro di Victor Willis che possedeva una delle poche voci del registro vocale maschile del firmamento disco, in cui primeggiavano voci femminili, falsetti e addirittura voci da controsoprano!; per ironia della sorte, tale exploit si associava a un gruppo in cui l'estetica di riferimento era tipicamente quella della scena gay del Village, con i caratteri macho del motociclista, del poliziotto, del muratore, del cowboy, del soldato e dell'indiano pellerossa. Furono i più popolari divulgatori delle tipologie gay che frequentavano le discoteche americane, con riferimenti evidentissimi ai gay di mezzo mondo, ma probabilmente, non immediatamente palesi per il pubblico di massa che acquistava i loro dischi e si divertiva con le loro coreografie piuttosto elementari e i cori simil-marcia militare. Village People - Y.M.C.A. / The Women Village People - In the Navy / Manhattan Woman Raggiunsero l'apice di popolarità con l'uno-due di YMCA e In the navy nei primi mesi del 1979; subito prima avevano spopolato nelle discoteche con San Francisco e Macho man. Dopo il fiasco del film Can't stop the music e l'abbandono del gruppo da parte di Willis, con problemi di droga e violenze e stufo, inoltre, di essere associato ad un gruppo gay, tentarono il rilancio nel 1981 con atmosfere e look new romantic: l'album era Renaissance e i singoli Do You Wanna Spend The Night e 5 O' Clock In The Morning; probabilmente ebbero successo solo in Italia, grazie alla partecipazione come ospiti al festival di Sanremo 1982.


Main course: Pesi massimi e pezzi unici

Eccoli qui: il canone disco del periodo maggiore. Si parla di successi transatlantici e planetari, milioni di copie vendute, numeri uno in tutte le classifiche disponibili. Quando, nei primi anni novanta, sono cominciati i revival disco, l’attenzione si è concentrata soprattutto su queste. Le conoscono anche le mie nipoti che hanno meno di 20 anni, e che pensano che il periodo in cui uscirono queste canzoni, fosse permeato di letizia e spensieratezza. Nel 1998 uscirono quasi contemporaneamente due film, Studio 54 e The Last Days of Disco, con intenti quasi celebrativi dell'era disco, dell'anno prima era Boogie Nights che, pur non centrato sulle discoteche e sulla musica, con il periodo disco aveva molto a che fare: aldilà dei giudizi di valore che si possono dare su questi film, sfido chiunque a convincermi che l'idea che fanno emergere sia quella di un periodo allegro e spensierato. Di questa serie celeberrima spiccano gli one hit wonder di Anita Ward, dei Lipps Inc., di Patrick Hernandez e di Amii Stewart di cui, perlomeno nel mercato americano, si persero subito le tracce; sviluppò una sorta di seconda carriera in Italia invece, con risonanza in tutta Europa e persino in Inghilterra, grazie alle produzioni di Mike Francis, segnatamente Friends e Together, intorno alla metà degli anni ottanta. Altrettanto improprio sembrerebbe includere Sylvester in questa categoria: se è vero che You make me feel (mighty real) rimane insuperato come dimensione di vendite e popolarità rappresentando, tra l'altro, il più grande successo in discoteca post-Saturday Night Fever, Sylvester - You Make Me Feel (Mighty Real) / Was it Something I Said nell'estate del 1978; dopo qualche successo minore, ritornò alla grande nel 1982 con Do you wanna funk, inno high energy di Patrick Cowley che, con Sylvester, condivise lo stesso tragico destino di morte per AIDS. Nelle discoteche dell'estate del 1978, insieme a Sylvester, si cominciò a sentire il falsetto di Mick Jagger e le linee di basso micidiali di Miss you dei Rolling Stones: i fans più accaniti non apprezzarono ma il successo inevitabile portò il singolo ad essere l'ultimo numero uno americano; del resto il flirt con suoni più dance era cominciato qualche anno prima con la torrida Hot stuff e proseguirà anche con la fiacca Emotional rescue, nel 1980. Quando Da ya think I’m sexy esplose fragorosamente nelle classifiche diventando il secondo singolo di Rod Stewart, dopo Maggie May, ad andare al primo posto sia in UK che negli Stati Uniti, la reputazione del cantante inglese era già in gran parte compromessa; ciononostante, l'accoglienza riservata a Da ya think ... fu oltremodo imbarazzata, sembrando impossibile che la parabola già largamente in discesa di Stewart nell'ambito della credibilità artistica, potesse scendere così in basso; le vendite, invece, non sarebbero mai più state così alte: quattro volte platino in US per il mediocre album Blondes have more fun e ai primi posti in tutto il mondo con il singolo. Heart of glass, nello stesso periodo, rappresentò l'ingresso dei Blondie nel paradiso dorato delle superstar transcontinentali: esisteva già con altro titolo e veniva spesso eseguita dal vivo nella versione più rock. I fans gridarono al tradimento, ma il gruppo non sembrò preoccuparsane troppo: Debbie Harry quando intervistata sulla questione, sorrideva sorniona, chiamando Heart of glass, "the disco song".

Good times - Chic
I will survive - Gloria Gaynor
Hot stuff - Donna Summer
Funky town - Lipps Inc.
Knock on wood - Amii Stewart
Ring my bell - Anita Ward
Heart of glass - Blondie
You make me feel (mighty real) - Sylvester
Don’t stop 'til you get enough - Michael Jackson
He’s the greatest dancer - Sister Sledge
Y.M.C.A. - Village People
Le freak - Chic
Miss you - Rolling Stones
Upside down - Diana Ross
Another one bites the dust - Queen
Spacer - Sheila & the Black Devotion
We are family - Sister Sledge
Born to be alive - Patrick Hernandez
Boogie wonderland - Earth Wind and Fire
Da ya think I’m sexy - Rod Stewart
Tragedy - Bee Gees


Contorni

In ordine sparso ho riportato qui una lista dei brani più ballati e ascoltati del periodo compreso tra la fine del 1978 e il 1980. Sopravvive qualche produzione europea “vecchia maniera” ma la prevalenza è per un suono strettamente imparentato con il filone r’n’b che, nelle sue varianti, riprende il sopravvento sul tipico beat disco, via via abbandonato.

Take your time - S.O.S. Band
Does it feel good to you - BT Express
You gave me love - Crown Heights Affair
Ladies night/Celebration - Kool & the Gang
Second time around - Shalamar
Cocomotion - El Loco
Dancer - Gino Soccio
Put a little love on me - Delegation
Keep on jumpin’/In the bush - Musique
I got my mind up - Instant funk
Instant replay/Relight my fire - Dan Hartman
I love America/Lady night - Patrick Juvet
Automatic lover/Meteor man - Dee D. Jackson
Mandolay - La Flavour
High steppin hip dressin’ fella Love - Unlimited Orchestra
Shangaied - ‘Lectric funk
We all need love - Trojano
Lady bug Bumblebee - Unlimited
Givin’up givin’in/The runner - Three degrees
Future woman / On the road again/Electric delight/Galactica - Rockets
I can’t stand the rain - Eruption
The letter - Queen Samantha
Pop muzik - M
Saturday - Norma Jean
I was made for dancing/Feel the need - Leif Garret
Come to America/Cuba/Que sera mi vida - Gibson Brothers
Mister melody maker - Johnnie Taylor
Gonna get along without you - Viola Wills
Gimme gimme gimme - Abba
Superstar - Bob McGilpin


Rock transfughi

Per quasi tutti l’accusa fu: venduti! Quelli che furono successi stratosferici li abbiamo visti sopra (Blondie, Rolling Stones, Rod Stewart, Queen). Questi invece furono spesso discreti successi, quasi mai brani indimenticabili. Le mie preferenze vanno al lavoro di Moroder con gli Sparks e non mi dispiace neanche il remake, che fece drizzare tutti i peli dei fans!, di Here comes the night dei Beach Boys. Gli Steely Dan stanno a parte, ovviamente: scusate se li ho citati! Particolarmente clamoroso fu il tonfo di Elton John, la quintessenza della superstar degli anni settanta, a cui Pete Bellotte, autore di tutto l’album dallo stesso titolo, non fece un gran servizio. Non restarono immuni dal contagio nemmeno le due star del reggae, gli amici-nemici Bob Marley e Peter Tosh.

I was made for loving you - Kiss
Victim of love - Elton John
Shine a little love - Electric Light Orchestra
Hey nineteen/Glamour profession - Steely Dan
Goodnight tonight - Paul McCartney
Beat the clock /La dolce vita - Sparks
Here comes the night - Beach Boys
Could you be loved - Bob Marley
Buk-In-Hamm palace - Peter Tosh
Alive again - Chicago
One chain - Santana

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Gloucester

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