IL MARE
(di Pugliese - Vian)

  • Anno: 1960
  • Altri titoli: -
  • Interpreti: Sergio Bruni

  • HitParade: #4, Febbraio 1960
  • Chart annuale: Top 50

  • Altri interpreti: Giorgio Consolini
  • IL MARE, canzone presentata al Festival di San Remo del 1960, fu uno dei più grandi successi "in lingua" della superstar partenopea Sergio Bruni, al secolo Guglielmo Chianese, insieme con Giorgio Consolini la cui versione è stata presto dimenticata. Scritto dagli emeriti autori Pugliese e Vian, il brano, composto nella più stretta linea melodica ital/napoletana, con alcune cadenze, mi sia concesso, "country" nella strofa, era piaciuto moltissimo all'ascoltatore festivaliero tipico del tempo, cui la rassegna canora era principalmente dedicata: il padre e la madre di famiglia, con esclusione assoluta dei figli minori che assistevano egualmente, ma con atteggiamento alquanto più critico.

    Lasciatemi fare un passo indietro nel tempo di 43 anni: ritorniamo per un attimo al 1960 e descriviamo quel momento topico con gli occhi dei giovani di allora. Ripeto, San Remo non era per loro: non era bastato Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu, ad aprire le frontiere della nuova musica degli "urlatori" che tanto piacevano ai ragazzi: SanRemo presentava ancora i vecchi leoni dell'acuto che stavano perdendo ascolto nei juke box, ma non alla radio, legata a programmazioni più che tradizionali, con pochissime eccezioni quà e là; è altrettanto vero che quell'anno parteciparono anche Joe Sentieri (quasi quarantenne), Mina e Tony Dallara; lo zoccolo duro era però ancora formato da artisti ultra tradizionali, alcuni ormai decotti. L'unica forma di contestazione era per i ragazzi quella musicale e SanRemo era un loro bersaglio: tutti lo guardavano alla TV, pochi erano disposti ad accettare le canzoni, spesso melense e fuori dal tempo, che venivano lanciate. Per i ragazzi americanisti d'allora, sparare sul povero Sergio Bruni, fu come uccidere un uomo morto. Lasciate allora che descriva quello che accadde sul palco, quando il buon Sergio apparve davanti alle telecamere: è solo cronaca del tempo, non c'è il minimo intento spregioso verso l'artista che tanto ha dato alla canzone napoletana.

    Si presenta in tuxedo bianco, con andatura leggermente claudicante che, per noialtri americanisti, bastardi dentro e privi di qualsiasi umanità, era già sufficiente per coprirlo di contumelie e di insulti tipo "vai all'ospizio" (guardate che è cronaca vera!); poi attacca la canzone: "nzulla bbianga e luggende sh-cogliera"(il gargarozzo incomincia a tremare, su e giù, giù e su) "oggne zzera di dde parl'al mmare, e du all'mmare gonfidi ogni zzera, i penziere dd 'ammore pe' mme" (mi scuso con i miei tanti amici partenopei): noi, americanisti maledetti, eravamo rimasti in silenzio, sconvolti da quanto avevamo appena udito; poi il seguito della melopea: "il ma-ha-hare" (e qui Sergio cominciava a far tremare la manina)" è la voge del mio guore" (e qui Sergio chiudeva gli occhi e poi li apriva, e la pupilla era così arrovesciata all'indietro che si poteva vedere solo il bianco della cornea, come uno zombie uscito dai Quartieri Spagnoli), "è la voge del duo guore" (idem come prima), "ghe gi unisce angora" (sorriso a 64 denti) "i mmiei bagi a dde (le mani di Sergio dal cuore al pubblico, con atteggiamento affettuoso) "i duoi bagi a mme (mani dal pubblico al cuore) "ge li borda il mmare (le due mani di Sergio mimano una barchetta sulla onde del Mar Tirreno).Giuro: è tutto vero. E tuttaduntratto, il coro! Le ragazze di Franco Potenza, strizzate in un abitino di lamè argenteo, che diventerà sempre più stazzonato nel corso delle tre serate, prorompono nel loro indimenticabile, eccezionale, mitico, storico richiamo: "Ah hum ah hum ah hum ah hum".

    La seconda parte del pezzo continua sulla stessa falsariga, fino al finale a sorpresa: sull'ennesimo "ah hum", il fine dicitore termina con "Vigino o' maare.." di marinariellesca memoria. Questo fu il colmo per la ragazzaglia americanista e senza cuore dell'epoca, cui apparteneva anche il presente biografo, sebbene non fosse mai stato un estremista: iniziarono fischi, lazzi, insulti verso l'innocente televisore, ambasciatore senza pena delle novità canzonettistiche del momento. Poveri ragazzi d'allora! A quello si riduceva il loro bisogno di libertà e di rinnovamento! A quattro parolacce verso il povero Sergio Bruni, che il senno costruito con anni di ascolti futuri avrebbe poi pienamente rivalutato, anche grazie ad un progressivo miglioramento sia vocale che di immagine. Devo anche far notare che i quotidiani usciti il giorno dopo non furono per nulla teneri verso l'artista e la canzone.

    A chi non avesse mai visto l'esibizione del cantante, e volesse rendersi conto della verità del mio racconto, posso solo dire che questo è documentato anche nel film di Piero Vivarelli, "Sanremo, la grande sfida", protagonisti Teddy Reno e Vania Protti (allora sig.ra "Ferruccio Ricordi", insieme con spezzoni di Joe Sentieri, Domenico Modugno ed altri, ripresi dalle serate originali sanremesi: questa pellicola è saltuariamente trasmessa in orari mattutini o notturni dalla RAI.

    (Giovanni Villata)