Settimana 19 Aprile 1975
( da Musica & Dischi )

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1Piange il telefono Domenico Modugno € 10
2You're the first the lastBarry White € 10
3El bimbo Bimbo Jet € 10
4Kung fu fighting Carl Douglas € 10
5Emmanuelle Lovelets € 10
6Un'altra donna Cugini di Campagna€ 10
7Aria Dario Baldan Bembo€ 11
8Un corpo e un'anima Wess & Dori Ghezzi€ 10
9Doctor's orders Carol Douglas € 10
10Ci vuole un fiore Sergio Endrigo € 11
 

E’ una primavera poco allegra, questa del 1975, iniziata con la violenza politica in un clima incandescente pre-elezioni. Nel giro di pochi giorni muoiono tre ragazzi, due di sinistra ed uno di destra. I motivi sono come sempre molto futili: un manifestino politico, un assalto ad una sede di partito. L’età è molto verde, 17 e 26 anni i due di sinistra, 21 il ragazzo di destra. E la politica di palazzo ci sguazza strumentalizzando tutto per tirare l’acqua ai propri mulini. Non dimentichiamoci che a giugno ci saranno le elezioni...

Sandro Giacobbe

Ritorna Sandro Giacobbe e, a distanza di un anno, fa ancora centro. La volta precedente ci aveva proposto un concept album (SIGNORA MIA) che trattava di un amore difficile e contrastato tra un ragazzo ed una signora sposata e con prole. Lui disponibile ma timido, anche lei disponibile ma con mille titubanze e scrupoli morali. Ora Giacobbe torna all’attacco con un amore più giovane, quasi adolescenziale. A cominciare dalla copertina. Sul davanti una coppia di adolescenti scoprono i propri corpi nella penombra di un cespuglio; in quella interna la stessa foto, con i due ragazzi più adulti. Uno dei due è Giacobbe. Un amore che nasce da lontano (PICCOLA MIA PICCOLA) e che cresce nel tempo insieme alla medesima coppia (EPPURE L’IMMAGINAZIONE). Nella title track dell’album e nel singolo omonimo (grande successo di vendite) a bluffare questa volta è lui, perché è la storia di un tradimento perpetrato ai danni della ragazza. Lui le confessa di averla tradita (stasera sono in vena e ti racconto tutto) con la sua migliore amica (la tua migliore amica, chi l’avrebbe detto). Lui è pentito di ciò che ha fatto e spera che non ci siano ripercussioni (non dirmi che adesso quel fatto d’amore incrina la mia trasparenza) promettendole di non provarci più (io con lei non vado più). Nella canzone si scopre che è la vita, certe volte, a farci fare scelte sbagliate e a spingerci oltre le nostre intenzioni (se la voglia ti guarda negli occhi e ti prende per mano succede che poi non ti accorgi nemmeno di essere andato un po’ troppo lontano). La ragazza d’altronde non ha mai fatto il nome della sua amica durante quell’incontro (però non si è permessa mai di fare il nome tuo) ma lui stesso non sa se questo è stato un bene o un male, perché se l’avesse fatto probabilmente si sarebbe risvegliato da quella malia ed avrebbe rinunciato (per questo quando mi ha abbracciato non le ho detto no). Quell’atto d’amore, così come lo chiama nella canzone, di per sé è quindi inutile perché come dice il testo (nella mente, negli occhi, nel cuore ci sei tu infinito amore) e si giustifica dicendo che la vita è fatta anche di queste cose (scusa tanto se la vita è così, non l’ho inventata io). Musicalmente è davvero una canzone efficace, il testo è forse un po’ banale ma comunque adatto al personaggio Giacobbe e al suo repertorio a metà tra la canzone d’autore e il fotoromanzo per le masse. Il riff iniziale, in pratica l’introduzione, viene ripetuto ad ogni fine ritornello e questo rende la canzone nel suo insieme davvero accattivante. Una costante di Giacobbe che, dipenda da lui o dai suoi discografici e arrangiatori, ha sempre dato importanza alla composizione sta nei primi trenta secondi delle sue canzoni. SIGNORA MIA ha un’introduzione riconoscibile dalla prime note, IL GIARDINO PROIBITO lo stesso e ancora di più l’ottimo arrangiamento che verrà utilizzato per il brano GLI OCCHI DI TUA MADRE. Il team Giacobbe-Avogadro-Pace continua a mietere allori: dopo la sigla di Gran Varietà, incisa da Dorelli e ripresa nel 33 giri precedente dallo stesso Giacobbe LA VITA E’ UNA GRAN COSA, ecco la canzone portata a Canzonissima da Gianni Nazzaro, ripresa anch’essa in questo nuovo disco, e cioè PICCOLA MIA PICCOLA. A Nazzaro aveva anche ceduto la canzone con la quale aveva vinto il Disco per L’Estate l’anno precedente e cioè QUESTO SI CHE E’ AMORE e ancora SIGNORA ADDIO (l’epilogo dell’album SIGNORA MIA reinserito giustamente in quel disco). La nuova canzone di Giacobbe e i suoi collaboratori si chiama SCUSA ed è cantata da Maurizio (Arcieri). Di una cosa si può essere sicuri: Giacobbe ha un marchio di fabbrica inconfondibile quando compone. Anche se non si sa da un primo ascolto che una tale canzone è stata composta da lui, viene spontaneo pensarlo. Tutto il nuovo disco di Giacobbe ruota intorno a piccoli sentimenti adattabili a chiunque, se si spostano le età dei protagonisti. In alcune canzoni ci si può ritrovare il primo Baglioni (quello del periodo 1970-1973) e il primo Battisti (1968-1969). La sua voce è sempre gradevole in tutta l’estensione dell’album e c’è la freschezza di chi fa musica per il proprio piacere più che per lanciare messaggi politici o sociali. I testi sempre garbati seppur non trascendentali, suggeriscono qualche concessione alla voglia di strafare in modernità con allusioni e racconti anche particolareggiati di atti sessuali. Cosa che poco si confà a Giacobbe che è in apparenza un ragazzo tranquillo e dai modi gentili. C’è da dire, però, che i testi non sono suoi. Sue invece sono le musiche, sempre gradevolissime. E in alcune canzoni tenta anche esperimenti per staccarsi da quell’aura di tradizionalità che lo circonda, cercando di trovare sonorità differenti, slegate da schemi all’italiana. Giacobbe cantautore però non convince chi dai cantautori vuole qualcosa di più e che preferisce saltare piuttosto sul carro dei De Gregori che su quello dei Baglioni. E’ un cantante-cantautore tradizionale con velleità giovanilistiche, così come è giovane lui; un cantante che può piacere sia alla ragazzina quindicenne che alla mamma. E va benissimo così. C’è chi lo accusa di aver scritto le canzoni a Gianni Nazzaro come quasi fosse una colpa. Lui invece, con molto savoir faire, ringrazia Nazzaro di averlo fatto scoprire al grande pubblico. Gli stessi che lo accusano fanno finta di non sapere che se un giovane cantautore si lega ad una casa discografica è prassi utilizzarlo anche come autore per artisti della stessa casa. Così come successe a Baglioni che per un certo periodo (1970-71) alla RCA faceva davvero di tutto. Mancava solo che facesse l’uomo delle pulizie e avrebbe completato il ciclo. Tornando a Sandro, in una canzone non parla di amore nel senso classico ma fa un omaggio alla sua città che è Genova. La canzone si chiama LA MIA CITTA’ DI NOTTE ed è un buon esempio di quanto egli sia capace di fare stando fuori dai soliti schemi. Un’altra canzone che subisce l’influenza di un qualcosa di particolare è LEI, che sembra uscita da un disco di Barry White. Stesso giro armonico e stesso tipo di introduzione con i violini impazziti in stile YOU’RE THE FIRST, MY LAST, MY EVERYTHING. Sandro Giacobbe è un classico esempio di personaggio calato nel suo tempo: un cantante nato negli anni settanta che continua ad aver successo nel decennio successivo. La sua musica è esattamente figlia di quel periodo: è uguale per genere a quella di altri ma assolutamente riconducibile al suo autore. Tanto per fare un esempio: Claudio Baglioni è un Sandro Giacobbe in maggiore, più famoso, più celebrato e con più classe. Giacobbe è più esplicito nel linguaggio mentre Baglioni è un teorico del petting. I riferimenti ai rapporti di sesso nei testi delle canzoni di Giacobbe sono chiari e precisi anche se totalmente privi di qualsiasi forma di volgarità. Baglioni è comunque anche autore dei testi delle sue canzoni ed è un pizzico meno commerciale di Giacobbe e quindi più autentico di lui. Baglioni resta sempre l’originale, Giacobbe ad essere puntigliosi, si potrebbe considerare una sua copia (senza per questo volerne sminuire la capacità). Ma entrambi sembra facciano le stesse cose pur facendo cose "clamorosamente" diverse. La differenza sostanziale tra i due sta nelle possibilità avute e nelle circostanze, nella fortuna e nei collaboratori. Uno aveva a disposizione, quando incideva, personaggi come Bacalov o Vangelis, l’altro Giancarlo Chiaramello e Danilo Vaona. Bravissimi anche questi ma di un altro livello. Uno aveva come cavallo di battaglia estivo IL GIARDINO PROIBITO e l’altro SABATO POMERIGGIO. Ma, in quel momento, questi due brani erano soltanto due canzoni abbastanza vicine nello stile e tutte e due con la stessa possibilità di successo: tutte e due hanno partecipato ai medesimi spettacoli, alle stesse manifestazioni ed entrambi i dischi probabilmente erano stati acquistati anche dallo stesso tipo di persone. L’aureola di capolavoro, SABATO POMERIGGIO, l’ha guadagnata in seguito grazie al successo continuo di Baglioni che si è adoperato perchè continuasse ad essere un successo negli anni, riproponendola a spron battuto nei concerti e nei dischi dal vivo. Giacobbe non ha avuto questa stessa opportunità, come dice in una canzone di questo nuovo album: ci sono delle circostanze in cui tutto... SABATO POMERIGGIO è stata prima in classifica per quasi due mesi, sia nei 45 che nei 33, e in classifica per circa 5 mesi. IL GIARDINO PROIBITO tra le prime dieci esattamente lo stesso periodo. Il sound tipico di quel genere cantautorale chiamato all’epoca alla Baglioni e considerato minore (per la solita spocchia dei critici) è fortemente rivalutato ai nostri tempi. Un po’ come accade ai film di serie Z (come QUEL GRAN PEZZO DELL’UBALDA) che ristampano su dvd (e ai quali dedicano anche rassegne cinematografiche) e che ottengono tutto il successo negatogli prima. Per mancanza di alternative valide o perché si tende sempre a rivalutare quello che all’inizio non sembrava all’altezza, un po’ per obbiettività e un po’ per pura nostalgia? Se si fa testa o croce la monetina stessa avrebbe dei dubbi e probabilmente resterebbe per aria.

IL REVIVAL DEGLI ANNI ‘50

Da AMERICAN GRAFFITI a STARDUST (con David Essex) a IL GRANDE GATSBY: film di successo che trattano del passato. Stiamo difatti assistendo ad una riscoperta romantica, culturale e soprattutto musicale di un’era non tanto lontana nel tempo ma sicuramente lontanissima nello stile, nel modo di vivere, nella musica. Gli anni quaranta ma soprattutto gli anni cinquanta. Una rivalutazione del periodo che in questi tumultuosi anni settanta sembra soprattutto un’àncora di salvezza dalla violenza quotidiana e dai mille problemi che affliggono il cittadino. Una mania che contagia chi li ha vissuti e chi non può, per cause anagrafiche: è un florilegio di musica con iniziative legate a quel periodo che sfoceranno nel 1978, con il nuovo boom del rock’n’roll inteso come ballo, con un gruppo musicale nato alla bisogna (come i Kim & The Cadillacs) e con il successo travolgente di HAPPY DAYS e GREASE. Le recenti produzioni discografiche e cinematografiche ripropongomo un periodo visto non più come il ricordo del tempo che fu ma come se si stesse vivendo una nuova epoca della quale si sa già tutto in precedenza per cui naturalmente siamo in grado di anticipare mode e vezzi. Un’epoca da rivalutare in toto perché abbandonata precocemente e non vissuta appieno, nell’avidità che si aveva, alla fine di quel decennio (i cinquanta), di protendersi nel futuro pronti ad abbandonare, col boom economico, un decennio che era iniziato sotto il segno dell’insicurezza. Epoca da sfruttare, finchè dura la moda. In Usa e Uk gruppi e cantanti come i Rubettes, Alvin Stardust, Terry Jacks, i Bay City Rollers, Donny Osmond, Cockney Rebel fanno vendere milioni di dischi. Perry Como è tornato in classifica, Gary Glitter, da ex cantante fallito nei cinquanta, è da tre anni un numero uno nelle classifiche che parlano inglese, conciandosi come una patetica drag queen di periferia. Eccoci proiettati nel pieno di un revival fatto di luccichii, di ambienti scintillanti, di musica, di ciuffi alla Elvis e di atteggiamenti alla Buddy Holly. Tutto merito di un film AMERICAN GRAFFITI. Quando George Lucas cominciò a bussare alle porte dei produttori per vendere il suo nuovo copione non ebbe subito il successo che sperava. Una storia di ragazzi che all’alba del 1962 si guardano indietro e scoprono che il mondo che conoscevano e nel quale erano cresciuti non esiste più. Kennedy e i nuovi balli (il twist in primis) hanno soppiantato icone, mode e stili di un decennio irripetibile. Dove eravate voi nel 1962? Così viene lanciato il film. Lucas era a Modesto in California e si comportava proprio come i personaggi del suo copione, che danno i pizzicotti alle cameriere, indossano giubbotti in stile football americano, ascoltano la musica rock nelle radio private e scorrazzano di notte per le strade sgombre dell’America. C’è da dire che noi italiani, di quel decennio in stile americano, abbiamo vissuto molto poco. I nostri anni cinquanta erano completamente differenti da ciò che abbiamo visto nel 1974 grazie a film come AMERICAN GRAFFITI. Noi non avevamo le reginette del ballo scolastico di fine anno, non avevamo i drive in con le ragazze in pattini che ti portano la Coca Cola e i cheese burgers, non avevamo le macchine americane lunghe sei metri che facevano al massimo 70 miglia all’ora. I nostri anni cinquanta erano molto ma molto differenti e adesso ci illudiamo che siano stati proprio così, come visti al cinema, e cerchiamo di ricordarli proprio in quel modo. Se volessimo, non potremmo neanche ricostruirli musicalmente e sperare che facciano tendenza perché i nostri cinquanta hanno il volto di Nilla Pizzi, del Duo Fasano, di Teddy Reno e Renato Rascel. Non abbiamo sfornato Billy Haley, Fats Domino, i Platters, Neil Sedaka o Little Richard. Gli unici che possono ancora permettersi il lusso di cantare e che fanno parte di quell’epoca così lontana ma in fondo così vicina, sono Mina, Celentano, Modugno e Peppino Di Capri. A rivalutare gli anni ’50 italiani ci pensa Fred Bongusto che incide un LP dal titolo ITALIAN GRAFFITI. Le sue capacità vocali e quel timbro che ne fanno un interprete senza età si addicono all’operazione di recupero che racchiude nel suo tipico alone romantico le sue interpretazioni. In fondo, Bongusto non è forse un figlio legittimo dei crooners americani? Un altro tenta la carta del revival (causa forse una leggera flessione dei consensi del pubblico e con necessità di ricostruirsi un personaggio credibile prima che sia troppo tardi) è Gianni Nazzaro, che incide anche lui un disco di sole canzoni da night di quell’epoca e lancia una versione più vicina a Don Marino Barreto Jr che a Marino Marini di LA PIU’ BELLA DEL MONDO che porterà anche a Venezia a settembre. E poi è la volta di Little Tony che essendo nato alla fine degli anni ’50 (musicalmente) può permettersi un'escursione nel passato tornando su quegli stessi brani. Fedele a se stesso fino alla morte e con una voglia di (stra)fare che gli fa perdere anche il senso della misura e del tempo, continuando imperterrito a sentirsi eternamente giovane, già nel 1975 era alla ricerca di qualcosa che lo facesse tornare in auge come nel decennio precedente e, visti gli scarsi successi degli ultimi anni, tenta anche lui la carta revival. Incide un LP di classici del rock del periodo e lancia un singolo che risale al 1961 nella versione originale (ARE YOU LONESOME TONIGHT) e al 1965 nella versione di Michele (TI SENTI SOLA STASERA). Lui la fà tale e quale, cercando di ammodernarne un po’ i contorni.

John Lennon

Uno che negli anni cinquanta era solo un adolescente e che, grazie a quegli anni, si è potuto formare musicalmente è John Lennon che vuole omaggiare a modo suo il decennio tornato alla ribalta. Il suo nuovo album si chiama ROCK’N’ROLL (ma che avrebbe dovuto chiamarsi OLDIES BUT MOLDIES per parodiare una celebre raccolta dei Beatles intitolata OLDIES BUT GOLDIES) e sulla copertina c’è la foto di un Lennon del 1961 ad Amburgo, con tanto di pettinatura d’epoca, quando il repertorio dei primissimi Beatles era costituito da standard classici americani del rock’n’roll. Un disco che aveva da un po’ nella pelle e che aveva cominciato a registrare già alla fine del 1973, poi rivisitato nel’ottobre 1974. Non è un lavoro nuovo, ma un divertimento ed un tributo doveroso da parte di John Lennon; si tramuta in una specie di disc jockey tanto che quando presenta la canzone di Lloyd Price JUST BECAUSE dice lo ricordate questo? mentre la musica è già partita. Un disco che esce al momento giusto, proprio quando tutto il mondo è volto verso il passato. I brani inclusi nella raccolta risentono parecchio della presenza di un personaggio come Phil Spector che riarrangia lavori già suoi e vissuti in prima persona. Ed ecco uno dopo l’altro brani come BE BOP A LULA, RIP IT UP, SWEET LITTLE SIXTEEN, READY TEDDY, BONY MORONIE. Sono 13 canzoni. Su tutte svetta STAND BY ME, che in realtà non è degli anni cinquanta ma del 1961. Canzone scelta anche come singolo e che ottiene un buon successo in Italia. Naturalmente, ascoltando i brani del disco, ci si rende conto che siamo nel 1975 e non nel 1955: le sonorità sono differenti ma questo non rovina l’effetto. La scelta dei classici americani viene spiegata dallo stesso Lennon quando afferma che a volte sente che sarebbe dovuto nascere a New York e non a Liverpool e stavolta ne è dannatamente convinto. E’ di questo periodo l’immagine di Lennon con la maglietta bianca senza maniche e la scritta New York City che campeggia in tutti i negozi di souvenir nella New York del duemila. Quella stessa New York che sarebbe stata location della sua morte cinque anni dopo.

Paul Anka

L’ondata del revival della musica anni cinquanta va a beneficio anche di un dimenticato del periodo, Paul Anka. Famosissimo dal 1957 con DIANA, un successo mondiale bissato molte volte con canzoni quali PUT YOUR HEAD ON MY SHOULDER, PUPPY LOVE, YOU ARE MY DESTINY ed altre, nel 1962 vede venir meno in patria (sebbene fosse canadese) il successo e si trasferisce quasi stabilmente – artisticamente parlando – in Italia. I successi del periodo italiano sono molti, basti ricordare OGNI VOLTA e LA VERITA’. La sua carriera italiana finisce con il Sanremo 1968 quando canta con Dorelli LA FARFALLA IMPAZZITA scritta dal giovane e ancora non famoso Lucio Battisti. Nel 1969 regala a Sinatra la versione inglese di MY WAY e nel 1971 a Tom Jones il successo mondiale SHE’S A LADY. Sammy Davis Jr incide I’M NOT ANYONE e Johnny Carson (presentatore storico della tv americana morto qualche settimana fa) si fa dare JOHNNY’S THEME, che diventa la sigla di uno dei programmi più seguiti in Usa. A questo punto, visti i nuovi successi raggiunti seppure in terza persona, decide di fondare una casa di edizioni musicali ed organizzare il rilancio di se stesso. Investe migliaia di dollari (non solo suoi, contribuiscono anche Sinatra ed altri del giro di Las Vegas), chiama i migliori musicisti del mondo e inventa una cantante dal nulla, Odia Coates, che utilizzerà in seguito. Il 1974 è l’anno della riscossa. Il suo ultimo disco YOU’RE HAVING MY BABY cantato in coppia proprio con Odia Coates arriva in cima alle classifiche inglesi ed americane e in Italia lo incide Wess col titolo ASPETTI UN BAMBINO. FLASHBACK lo riporta anche nella classifica degli album più venduti in questo 1975, mentre in Italia le sue vecchie canzoni DIANA e YOU ARE MY DESTINY sono di nuovo in classifica.

Domenico Modugno

Domenico Modugno, dopo un periodo di vacche magre per quel che concerne la vendita di dischi, si rifà abbondantemente, questa volta con una versione italiana di un successo francese che orginariamente era chiamato LE TELEPHONE PLEURE e che in Francia era volato al numero uno della classifica discografica interpretato da Claude François. Identica la traduzione italiana che diventa PIANGE IL TELEFONO ed identica la sorte che lo vuole, clamorosamente, al primo posto della classifica. Un successo che supera ogni previsione perché la canzone è subito presa di mira da critici e da conduttori radiofonici e televisivi come canzone nata per accattivarsi le simpatie di un certo tipo di pubblico, facile da accontentare. Ruffiana, con la doppia interpretazione con la bambina, racconta la storia di un uomo che ha abbandonato la famiglia quando la figlia era ancora in fasce e che adesso tenta di ricucire lo strappo. Ma al telefono c’è sempre la bambina perché la mamma o non c’è o è sotto la doccia oppure non glie ne può fregare di meno di parlare con quel tizio che, come dice la bambina, nemmeno la conosce però sembra saperne abbastanza di lei e della sua mamma. Sa anche dove va a villeggiare (termine antichissimo per quel 1975!) e cioè all’Hotel Riviera, che nelle intenzioni dell’autore dovrebbe rappresentare una di quelle pensioni a gestione familiare dove una moltitudine di italiani si riversano in estate, in modo che l’ascoltatore medio si possa rispecchiare nella vicenda. Alla fine conclude con una frase sibillina che potrebbe lasciare spazio a diverse interpretazioni: piango al telefono, l’ultima volta ormai ed il perché domani tu lo saprai. Varie le interpretazioni: la più patetica è che il signore in questione si suicidi schiacciato dal peso del rimorso. Un’altra è che si presenti a casa e che sistemi la questione una volta per tutte con un happy end finale. La terza potrebbe essere che, stufo della ex moglie che si nega telefono, della prosopopea leziosa della mocciosa e della bolletta della Telecom (all’epoca SIP), piombi in casa delle due, le gonfi di bòtte e se ne vada soddisfatto al braccio di una ventenne bionda. Questo è quanto si augurerebbe una buona parte degli italiani, quelli non allineati. Scherzi a parte, la canzone è si facile e un po’ troppo autocompiacente ma Modugno la interpreta in maniera convincente. Non era facile da presentare: un feuilleton di quel genere in un periodo difficile come il ’75, prevedeva il rischio di scadere nel kitsch, con una reputazione e una carriera da difendere! La retorica è sempre in agguato ma appare abbastanza smorzata dal fatto che la bambina è incuriosita da questo personaggio, più incuriosita che addolorata. Ma poi, perché dovrebbe esserlo visto che non sa nemmeno chi sia? La stessa casa discografica è all’inizio abbastanza titubante su quella rischiosissima operazione commerciale. Domenico Modugno viene considerato un pazzo o un incosciente. Sta di fatto che la fortuna aiuta gli audaci e il 45 giri diventa un vero tormentone che uscito in primavera riesce a vendere e a rimanere tra i primi cinque anche in estate. Sveliamo il retroscena della scelta di Francesca Guadagno come voce ausiliare (adesso è direttrice di doppiaggio dopo essere stata per tanto tempo doppiatrice lei stessa; lo era anche al tempo della canzone). Viene scelta dopo parecchie prove effettuate dallo stesso Modugno che aveva, per così dire, visionato figlie di amici, nipotine e altre bambine ma tutte avevano difetti di pronuncia e di dizione. Pensò quindi di rivolgersi ad uno studio di doppiaggio e la scelta cadde sulla piccola Francesca, che negli ultimi tempi aveva dato la voce a film importanti e di cassetta come L’ULTIMA NEVE DI PRIMAVERA e l’altro drammone L’ALBERO DALLE FOGLIE ROSA. Modugno presenta in questo periodo tre volte la canzone: allo spettacolo di benificenza per l’Unicef, a Spaccaquindici di Baudo e a "Tanto Piacere" con Claudio Lippi. Il successo non si fa attendere. Da lì a poco la formula del telefono nelle canzoni sembra faccia proseliti perché Claudia Mori lancia sul mercato un 45 giri, BUONASERA DOTTORE, estratto da un LP di un anno prima che era passato praticamente inosservato. Ma questa è una storia che vedremo in un’indagine successiva.

Anna Magnani

Tra i cento e i centocinquanta milioni di telespettatori sovietici hanno seguito i telefilm girati a suo tempo (1971) da Alfredo Giannetti con Anna Magnani protagonista. I titoli sono LA SCIANTOSA, L’AUTOMOBILE, 1943: UN INCONTRO e 1870. Non faccia impressione il numero: l’Unione Sovietica era sterminata, i canali in realtà erano il canale, cioè uno solo, dal quale ogni giorno si sapeva tutto quello che si "doveva" sapere. I telefilm sono stati trasmessi nelle ora di punta, cioè tra le 19 e le 21. Il ciclo di film per la tv sugli schermi casalinghi dell’Unione Sovietica, assai parca nel mostrare immagini dall’estero e soprattutto da paesi non comunisti, dimostra l’interesse internazionale per un’artista come la Magnani. Deceduta ormai da due anni. Il presentatore del ciclo ha spiegato il contesto culturale e sociale nel quale la famosa attrice romana (nata però ad Alessandria d’Egitto) muoveva i primi passi, poi nel periodo del grande successo (il neoralismo italiano) e negli ultimi anni. I giovani sovietici non conoscevano Anna Magnani in quanto gli unici film che uscirono nelle sale cinematografiche russe furono ROMA CITTA’ APERTA e BELLISSIMA ma con uno scarto di due anni rispetto all’uscita italiana (1945 e 1951). La popolarità dell’attrice in URSS ebbe una conferma quando fu invitata nel 1965 per una tournèe teatrale nel corso della quale interpretò LA LUPA di Verga.

ALTO GRADIMENTO E LA DC

La popolare trasmissione radiofonica è nei guai, rea di aver utilizzato la voce di Fanfani con intenti satirici. IL POPOLO, giornale della DC ha titolato: Arbore e Boncompagni: cambiamo nastro! I due presentatori non hanno ancora deciso il da farsi. Alto Gradimento tenta di divertire senza essere qualunquista (ma spesso scadeva nel volgare) e poco alla volta ha trovato una sua dimensione inserendo tra un brano musicale e l’altro alcune garbate prese in giro politiche. Nel passato sono stati presi di mira Moro, Mancini e La Malfa. Quando tocca a Fanfani- è il caso di dirlo – c’è una levata di scudi (crociati). Ma quali sono le frasi incriminate che hanno fatto sobbalzare il critico del POPOLO? Arbore e Boncompagni hanno preso spunto dall’ultima conferenza stampa di Fantani alla tv ed hanno isolato alcune frasi utilizzandole poi nel corso della trasmissione come se lo stesso Fanfani si prestasse a fare il disc jockey. Per fare un esempio: nell’intervista televisiva Amintore Fanfani pronunciava frasi come "aria fresca" o un "no" ripetuto cinque volte che, tolte dal contesto dell’intervista, vengono utilizzate al momento di annunciare le canzoni. Per la canzone di Dario Baldan Bembo ARIA, Boncompagni faceva ribadire al politico "aria fresca" e quando Boncompagni diceva "no, senatore, si chiama proprio ARIA" Fanfani diceva "no,no,no,no,no". E a Boncompagni non rimaneva che annunciare "ARIA FRESCA cantata da Dario Baldan Bembo". Niente di trascendentale, frasi prestate ad un umorismo di situazione, soltanto una bonaria presa in giro ma più della canzone in questione che altro? Difatti la voce era utilizzata allo scopo di sbertucciare determinati brani. Ma a quanto pare sembrava infastidire lo zelante corsivista del POPOLO. Se si paragona a quello che si dice oggi su alcuni politici nei programmi satirici, la cosa fa veramente sganasciare dalle risate. Non dimentichiamoci inoltre che Gianni Boncompagni, è aretino come lo era Fanfani e considerato, all’epoca, un fanfaniano di ferro, sebbene giocasse a fare l’anarchico senza padrini politici. Quindi, quale satira avrebbe potuto fare uno come lui?? Difatti Boncompagni stesso precisa che un uomo che regge l’Italia da trent’anni non potrebbe mai fare certi errori di "grammatica". Qui si tratta del solito funzionarietto più realista del re. L’Italia è fatta di questi personaggi, zelanti come il corsivista, che cercano di compiacere il capo riuscendo a fargli fare gaffes imbarazzanti. Basti pensare a quello che accade il più delle volte dentro a Forza Italia. Comunque all’epoca, per una sorta di par condicio, la prossima vittima del duo sarà Berlinguer.

Mike Brant

Mike Brant a noi italiani dice davvero poco sebbene la CBS abbia tentato di lanciarlo nel 1970 con la canzone CUORE DI BAMBINA che non ebbe il minimo successo. Ma in Francia, anche grazie all’ aspetto molto gradevole, era considerato una vera star. Ne parliamo perché a soli 27 anni, bello e famoso, decide di suicidarsi e ci riesce perfettamente buttandosi dal sesto piano del suo appartamento parigino. Va tenuto presente che Mike Brant aveva già tentato il suicidio due volte e che proprio l’anno precedente si era gettato da una finestra al quinto piano di un albergo di Ginevra. Forse a causa del piano in meno o perché la caduta venne attutita da un balcone sottostante il cantante se la cavò con fratture multiple. Una cosa abbastanza inquietante. Brant era nato a Cipro da madre polacca e padre russo col nome di Moshè Brand. I genitori, fuggiti dalle loro terre d’origine a causa prima del nazismo e poi dello stalinismo si rifugiano in Israele e da lì Mike Brant mosse i primi passi verso il mondo della canzone che gli aprì le porte nel 1970 quando a febbraio LASSE MOI T’AIMER diventa un successo sia in Francia che in Germania vendendo mezzo milione di copie. Quel CUORE DI BAMBINA ne è per l’appunto la versione italiana. Le porte si richiudono, loro malgrado, cinque anni dopo per cause di forza maggiore. Come sempre succede in questi casi, il mese di maggio lo vedrà svettare in testa alle classifiche francesi con la versione in lingua della canzone di Morris Albert FEELINGS tradotta con il titolo DIS LUI. Disco del quale lo stesso Mike sembrava davvero contento e che fece vendere alla sua casa discografica un milione di copie. Mike Brant viene seppellito a Haifa in Israele.

Josephine Baker

Josephine Baker, la "ragazza" di St. Louis che fu per decenni una delle più acclamate vedettes del mondo, è morta il 12 aprile a Parigi a causa di un’emorragia celebrale. L’attrice ebbe un collasso due giorni prima e fu ricoverata in stato d’incoscienza. Entrata in coma, non si è più ripresa. Nata nel 1906, la Baker aveva soltanto 69 anni ma già da vent’anni se ne parlava come se fosse un reperto archeologico, buona solo per far parte del museo delle cere di M.me Tussaud. Tanto per fare un esempio, aveva due anni in più del Celentano di oggi, universalmente percepito dalle masse come una figura assolutamente giovanile. Questo era tanto per dimostrare come cambia la percezione delle cose a distanza di anni. Tornando alla Baker, essendo nata a Saint Louis nel Missouri era quindi di nazionalità americana e la sua prima vera scrittura l’aveva avuta nel 1922 in una piccola compagnia di Philadelphia con un cachet di 24 centesimi di dollaro giornalieri. Da Philadelphia era passata a New York, nei teatri di Broadway e in poco tempo Josephine vide la sua paga arrivare a 125 dollari alla settimana, cifra assolutamente da capogiro. Però, rimanere a Broadway, sebbene allettante economicamente, non l’avrebbe fatta diventare una star a livello mondiale perché all’epoca l’Europa era davvero un palcoscenico entusiasmante. Decide di trasferirsi a Parigi e all’inizio si sente un po’ umiliata a doversi esibire a seno nudo e con un gonnellino di banane, nonostante la pantomima le fruttasse 250 dollari a settimana al Theatre Des Champs Elysees. L’abbinamento negro=esotismo=animale selvaggio era troppo forte e lei si accorgeva che il suo successo era basato più sulla curiosità che sulla stima artistica. Quando poi l’impresario Giuseppe Abatino, italiano a Parigi, la prelevò dal teatro Champs Elysees per portarla al Folies Bergere e le quadruplicò la paga settimanale (che da 250 dollari passò a 1000 dollari!) sicuramente Josephine sarebbe stata disposta anche a saltare da una liana all’altra infischiandosene di tutti i pensieri che aveva avuto qualche tempo prima, anche perché il suo numero col gonnellino di banane e col seno nudo coperto solo da una collana di perle divenne così famoso che di rimbalzo il nome della Baker tornò in America e da lì nel mondo intero. Nel 1927 sposò anche Abatino ma poi i due divorziarono. Nel 1932 la sua fama era davvero immensa: canzoni come LA PETITE TONKINOISE, LA CANNE A SUCRE, YES WE HAVE NO BANANAS e la celeberrima J’AI DEUX AMOURS. Passano gli anni e durante l’occupazione tedesca di Parigi la Baker va in Inghilterra e si arruola come ausiliaria nelle truppe golliste. I tedeschi la disprezzavano sia come rappresentante della razza negra sia come americana e Josephine promise di non calcare più un palcoscenico fin quando l’ultimo tedesco se ne fosse andato da Parigi. La sua opera come ausiliaria fu molto apprezzata, tanto che nel 1961 De Gaulle la insignisce con una medaglia al valore e con una lettera autografa. Alla fine del conflitto la Baker si sentiva un’altra persona: lei che per anni era stata il simbolo del divertimento e del lusso prende coscienza delle miserie e della sofferenza nel mondo, delle ingiustizie razziali e dell’infanzia abbandonata. Nel 1947 un ristorante a New York le chiude la porta in faccia perché il locale è per soli bianchi. Da quel momento tronca con la sua nazione e decide che la Francia sarà la sua sola patria. Si rifugia in un castello dove inizia a dare alloggio agli orfani di vari paesi insieme al marito, il compositore Jo Bouillon. Dal 1950 in poi, i suoi ritiri dalle scene furono molteplici ma ogni tanto doveva tornare a racimolare soldi per continuare la sua opera a favore dei bambini orfani e abbandonati. Nel 1969 venne anche in Italia per una tournèe. Era già abbastanza malandata e bisognosa di soldi e la gente l’andò a vedere per curiosità perché dopo quarant’anni, avere l’occasione di vedere dal vivo un personaggio che ha fatto la storia del varietà francese e mondiale del Novecento era comunque una grande occasione. Ma l’approccio del pubblico italiano non sarebbe piaciuto (se l’avesse saputo) alla famosissima attrice perché la gente aveva quasi pena di lei, ormai cadente e molto malata, con quella storia patetica del bisogno di denaro per tirare avanti la sua opera caritatevole a favore degli orfani. Ma siccome stupida non era, disse che il suo non era il ritorno della diva che non voleva invecchiare ma quella di una madre di dodici figli che vuole mantenere un impegno preso. La sua vita è stata davvero prodiga di eventi e di successi in tutti i campi ed ha saputo concluderla in maniera ammirevole. La salutiamo con un suo pensiero: ho avuto una vita così piena per avere rimpianti, morendo. Non credo ci sia un’aldilà ma se poi c’è, bene. Saprò cavarmela anche lì perché amo l’avventura. Tanto di cappello, M.me Baker.

Christian Calabrese

 


PRIMAVERA TELEVISIVA 1975
di David Guarnieri
La primavera televisiva del 1975, per quel che riguarda il varietà, non può certo definirsi indimenticabile: rifiutati a priori i prodotti "impegnati" alla "Fatti e fattacci" (show diretto da Antonello Falqui, con Ornella Vanoni e Luigi Proietti), ignorati o poco più gli esperimenti "abbordabili", vedi "Più che altro un varietà" (spettacolo con Minnie Minoprio, Gianfranco Funari, Mario e Pippo Santonastaso), "sopportate" le rievocazioni del passato, come "Tu, musica divina" (un omaggio a Giovanni D’Anzi, diretto da Vito Molinari, con una sfilza di grossi nomi: da Johnny Dorelli a Sandra Mondaini, da Gorni Kramer a Macario, da Carlo Dapporto a Marcello Marchesi, da Tino Scotti a Milly, da Betty Curtis a Memo Remigi, da Al Bano ad Iva Zanicchi). Nella mediocrità delle proposte, in questa grigia primavera ’75, riescono, quantomeno a salvarsi, tre trasmissioni, delle quali vi parliamo.

IL GRAN SIMPATICO

Il programma, diretto da Giuseppe Recchia, nasce dalla personalissima penna di Marcello Marchesi. Non è un varietà classico, bensì una sitcom ante litteram, con protagonista Enzo Cerusico, il simpatico e versatile attore romano, curiosamente scoperto dalla tv statunitense, in qualità di protagonista, accanto a James Whitmore, della serie "Tony e il professore" (1969). "Il gran simpatico" rappresenta la grande occasione televisiva per Cerusico, affiancato dalla giovane attrice Giovanna Benedetto, da Marianella Laszlo (presenza frequente nei varietà del tempo), dal conduttore e cabarettista Lucio Flauto e da due protagonisti assoluti dello spettacolo italiano: Ave Ninchi e Gianrico Tedeschi. L’esperimento riesce. Pur senza entusiasmare, il programma conquista un buon gradimento e lancia definitivamente Enzo Cerusico, il quale, riesce a piazzarsi tra i primi dieci personaggi televisivi dell’anno, secondo l’annuale referendum, indetto da "Tv Sorrisi e Canzoni". Per la cronaca, segnaliamo la sigla finale della trasmissione, "Amore come pane", interpretata da Rosanna Fratello.

SPACCAQUINDICI

Un altro programma diretto da Giuseppe Recchia, con i testi di Adolfo Perani, Jacopo Rizza e Pippo Baudo. Ovviamente, il protagonista è il conduttore siciliano, per la prima volta alla guida di un quiz, oltretutto messo in onda di giovedì sera, da sempre, regno di Mike Bongiorno, il quale, polemicamente ha abbandonato la Rai, per dedicarsi ad una nuova avventura professionale: "Personaggi in fiera", programma di punta della "TSI – Televisione della Svizzera Italiana". La tv elvetica è abbastanza seguita nel Nord Italia, quindi, rappresenta una concorrenza scomoda per l’Ente di Stato. Baudo, senza dubbio gratificato dall’incarico e dalla diretta contrapposizione con il "re" del quiz, s’imbarca in questo progetto, riuscendo ad ottenere buoni ascolti, nonostante la critica parli di "gioco alla buona", con concorrenti scaltri, più che preparati. Le tre vallette di Baudo si chiamano Letizia Borzì, Tiziana Conti e Loretta Persichetti. "Spaccaquindici", nell’autunno 1975, prende addirittura il posto di "Canzonissima", con la nuova denominazione di "Un colpo di fortuna" e l’abbinamento alla Lotteria Italia. Accanto al confermato Pippo Baudo ci sarà Paola Tedesco.

PUNTO E BASTA

A due anni di distanza dal successo di "Hai visto mai?", torna, in uno show del sabato sera Gino Bramieri. Gli autori sono sempre Italo Terzoli ed Enrico Vaime, la regia, passa da Enzo Trapani ad Eros Macchi, che dirigerà alcune puntate del programma, cedendo poi il posto a Romolo Siena (Macchi, ufficialmente lascia "Punto e basta" per dirigere un film, "Il Bruciapollice", anche se si parla di dissapori con Gino Bramieri). Cambia anche la primadonna: da Lola Falana a Sylvie Vartan. Il varietà, registrato al Teatro delle Vittorie di Roma, è un incrocio tra il cabaret e il music hall. Bramieri, come al solito in grande forma propone divertenti sketch di costume, non dimenticando di raccontare le sue celebri barzellette. La star canora dello spettacolo, Sylvie Vartan propone alcuni brani, tratti dal suo ultimo album, firmato tra gli altri da Paolo Conte e Paolo Dossena e coglie l’occasione per ripresentare i suoi successi del passato: da "Buonasera, buonasera" a "Come un ragazzo", da "Zum zum zum" a "Caro Mozart", da "Una cicala canta" a "Baby Capone". Tra gli ospiti intervenuti nelle varie puntate, ricordiamo: Alice ed Ellen Kessler, Johnny Hallyday (il rocker francese canta con l’allora consorte Sylvie Vartan il brano "Il mio problema"), i Rubettes con la famosissima "Sugar Baby Love", Raffaella Carrà, che presenta il suo disco per l’estate ’75, intitolato "Male", Eumir Deodato, Virginia Peters, Adriano Celentano, il quale lancia "Yuppi du" (motivo tratto dall'omonimo film), Claudia Mori, che canta la celebre "Buonasera dottore" e Loretta Goggi. La showgirl romana, assente da qualche tempo dai teleschermi, interpreta due cover: "Loretta con la O" (un successo di Liza Minnelli, intitolato "Liza with a Z") e "Cammino fra la pioggia" (Walking in the rain), lanciata nel 1972 da Barry White. Le sigle dello show, interpretate da Sylvie Vartan si intitolano "Il veliero in bottiglia" e "Punto e basta". La trasmissione, pur non ripetendo il successo di "Hai visto mai?", raggiunge una buona media d’ascolto: 22 milioni e 300 mila teleutenti (risultato, sicuramente non disprezzabile).  

David Guarnieri