Intervista ad Alberto Testa
( a cura di Christian Calabrese )

Incontro Alberto Testa a Roma, dove abita. E’ da parecchio che non lo vedo.
Gli chiedo se gli va di fare una chiacchierata su Hit Parade Italia e lui accetta molto volentieri. Si comincia subito. La domanda classica: come e perché hai iniziato a scrivere canzoni e cosa facevi prima.

Avevo quattordicianni e studiavo per diventare perito aeronautico. Studiavo anche un po’ musica e un po’ fisarmonica. Il mio sogno pero’ era quello di fare il cantante ma non cantavo molto bene. Negli spettacoli studenteschi venivo presentato come front-man ma non cantavo, fischiavo. Fischiavo benissimo, fra i denti, sorridendo. E piacevo alle ragazze. Poi, a sedici anni, sono partito volontario come paracadutista dell’aeronautica (un lancio solo ma da 300 metri). Gl inglesi mi catturarono con altri paracadutisti, tra i quali mio fratello Enrico di diciotto mesi piu’ grande di me. Gli inglesi ci regalarono agli americani e finimmo in prigionia nel Texas dove, nonostante lo sfinimento del lavoro forzato in fonderia, si faceva qualche spettacolo, Cantavo, suonavo la fisarmonica, fischiavo le canzoni italiane che mi ricordavo e quelle che mi scrivevo io. Anche li’ fortunatamente piacevo. Ma non c’erano ragazze.

Cosa hai pensato/provato dopo aver visto la prima etichetta di un disco con su scritto il tuo nome e dopo il tuo primo successo?

Il primo disco non me lo ricordo. Mi ricordo la prima stampa di quello che si chiamava ‘mandolino’: non volevo dire a mio padre che facevo una cosa poco seria come scrivere canzoni e cosi’ e’ stata pubblicata la musica di ‘Valentino’ (lanciata in radio dal Quartetto rRdar) con le seguenti scritte in copertina: Musica di Mario Bertolazzi – Parole di Santos (lo pseudonimo ‘Santos’ lo avevo scelto perche’ sono nato a Santos in Brasile) pero’ gli uffici SIAE lo hanno bocciato perche’ pare ci fosse un altro autore con quel nome e cosi’ sulla mia prima canzone... non c’ero. Il primo successo fu nel ’54 una canzone scritta su musica di Gigi Cichellero. Per il testo ho dovuto farmi aiutare da Danpa perche’ arrivato a meta’ non riuscivo a finirlo: era ‘La ragazza col Montgomery’ lanciata da Paolo Bacilieri. Puoi vedere la storia nel mio sito al sintagma ‘Un po’ di musica e un po’ di moda’.

Nel 1956 eri in gara a Sanremo con una canzone intitolata IL CANTICO DEL CIELO cantata da Tonina Torrielli e se non sbaglio dovrebbe essere stato quello il tuo primo Festival. Che ricordi hai?

Avevo avuto qualche piccolo risultato appunto con ‘La ragazza col montgomery’, ‘Valentino’, ‘T’amo e t’amero’’ lanciata da Natalino Otto... e cosi’ Carlo Alberto Rossi si fido’ ad affidarmi una sua musica. Il testo piacque a lui e alla commissione per Sanremo e cosi’ ho avuto la prima soddisfazione sanremese. Il festival si svolgeva ancora al teatro del casino’ di Sanremo e una delle giurie sparse in tutta italia presso le sedi RAI era invece li’ dentro il teatro. Ne facevano parte gli spettatori che avevano il biglietto del colore estratto a sorte subito prima dell’inizio della gara. Il mio biglietto era bianco. Fu estratto il bianco: mi fecero accomodare in giuria e – a distanza di piu’ di 50 anni, posso confessarlo – votai per ‘La vita e’ un paradiso di bugie’ che mi sembro’ la canzone piu’ bella del concorso. Onestamente devo dire anche che mi sarei vergognato moltissimo a votare per una cosa mia e che - comunque - un voto non avrebbe spostato le posizioni di classifica. Ho preferito avere la coscienza tranquilla.

L’anno dopo, sempre a Sanremo, eri in gara con una canzone dal titolo UN SOGNO DI CRISTALLO cantata da Jula De Palma e Carla Boni. Ma fu eliminata. Essendo - all’epoca – Sanremo, una tappa molto importante per un autore (od un cantante), come prendesti questa esclusione?

Si tratta di una delle mie migliori canzoni. Lo pensavo allora e lo penso adesso. Esecuzioni splendide. Avevo scommesso con Malgoni che la mia canzone sarebbe arrivata ultima mentre lui sosteneva che ultima sarebbe stata la sua: ‘Scusami’. La sua si piazzo’ al terzo posto e fu un buon successo. La mia mi fece vincere la scommessa: ultima, cioe’ diciannovesima perche’ quell’anno la commissione non aveva trovato venti canzoni degne di partecipare al festival… e si fermo’ a diciannove! L’esclusione dalla finale mi dispiacque ma tieni conto che proprio quell’anno diventai ‘socio’ della SIAE per merito delle canzoni abbastanza fortunate che avevo scritto nei primi cinque anni di appartenenza alla societa’ autori. D’altra parte la canzone – su una stupenda musica non facile di Pino Calvi – diceva: “L’amore e’ un sogno di cristallo che rende tutto limpido e piu’ bello... e’ fatto di musica e silenzio e’ un paradiso visto in trasparenza...” ...e altra roba cosi’! Non potevo pretendere.

Ecco, di queste prime canzoni, magari un po’ più ingenue (perché figlie dei loro tempi) hai sentimenti di rigetto, come a dire “fanno parte di un periodo che non m’appartiene più” oppure hanno sempre un posto nei tuoi ricordi?

Ho appena risposto! Le considero ottime e figlie dei ‘miei’ tempi, che magari erano un po’ anticipatini, casomai…

Hai sempre scritto moltissimo. E si sa, quando si scrive molto, non sempre tutte le ciambelle riescono col buco. C’è addirittura chi scriveva due o tre canzoni al giorno (quasi sempre brutte) delle quali una la firmava solamente (giacchè poteva farlo dato che il padre era un pezzo grosso dell’industria fonografica). Ecco, tu come inquadri la tua “smisurata” produzione?

Le ciambelle riescono tutte col buco! Dipende da che buco volevi fare… se sai che stai scrivendo un riempitivo da album di stampa… se sai che stai adattando in italiano una canzone che l’editore deve pubblicare per motivi contrattuali ma nessuno la cantera’ mai in italiano… non metterci la piu’ bella idea che ti salta in testa, perche’ sarebbe buttata. Se invece sai che ti stai divertendo con un amico a fare un giochino musicale… allora puoi anche scrivere “6 per 6 trentasei” come ho fatto io con Bruno Martino. Se – in parole povere - sai quello che stai facendo, e’ sempre tutto giusto. Io non ricordo delusioni e non ho da denunciare incomprensioni anche perche’ penso che un autore di canzoni – al contrario del poeta che scrive per se’ stesso – un autore di canzoni, dicevo, e’ obbligato a cercare di farsi capire da piu’ gente possibile e non sempre lo deve fare con alti pensieri… poi, ad essere sinceri ne ho scritte molte ma non troppe. E molte fra le mie canzoni le ho scritte perche’ mi dispiaceva dir di no a piccoli autori che contavano sul mio nome per tentare di lanciarsi. E in quelle, molte volte, ci ho messo l’anima. Un esempio puo’ essere “E’ mezzanotte” lanciata a Sanremo nel 1960 da Joe Sentieri e Sergio Bruni. La musica di quella canzone, dello sconosciuto Rinaldo Cozzoli di Lucca, mi ha fatto nascere un testo per il quale molti editori mi hanno fatto offerte quasi irresistibili. Ho rifiutato tutte le offerte finche’ C.A.Rossi non l’ha accettata cosi’ com’era . Ed e’ stato un grande successo… e la canzone ha segnato un cambio di vita positivo per Rinaldo Cozzoli, non tanto per motivi economici ma perche’ Rinaldo in Versilia e’ diventato il “Maestro Cozzoli”, e’ diventato amico di moltissime persone frequentando le loro ville e ricevendole nel suo piccolo borgo del Mille, da lui ristrutturato con intelligenza ed amore. Pochi hanno idea di cosa possa far succedere anche una semplice canzone. In sostanza devo dire che ho piu’ spesso detto di no ai grandi autori che ai piccoli! Se controlli l’elenco SIAE della mia produzione te ne renderai conto.

Com’è stato che ad un certo punto sei diventato anche cantante? E quanti dischi hai inciso? E qual è quello a cui sei più affezionato e quello che ha venduto di più?

Dopo un bel po’ di successi come autore, ho tentato di approfittare della mia fortuna, tornando al mio primo amore: la professione del cantante. Volevo essere spiritoso e ironico. In realta’ non ho combinato niente di buono e ho abbandonato quasi subito. Sono affezionato a “Vestita di rosso” perche’ trovo che e’ una bellissima canzone anche adesso. Avrei dovuto cantarla io a Sanremo nel 1962 ma la mia casa discografica evidentemente non credeva molto in me e preferi’ lasciarla affidare ai bravissimi Fausto Cigliano e Mario Abbate. Loro fecero del loro meglio ma non era davvero la canzone per loro. Solo Marino Marini riusci’ a farla funzionare in giro per l’Europa con soddisfazione. La mia carriera fini’ li’ o forse con l’altro mio disco “Chiaro di luna a Paullo” per il quale ti prego di consultare il mio sito.

Nel 1965 hai scritto una canzone bellissima che poi avrebbe partecipato (nel ’66) a Sanremo: per me è una delle più belle mai presentate ad un Festival: LA NOTTE DELL’ADDIO, resa superba dalla voce caldissima e sexy di Iva Zanicchi. Non ebbe grande successo: forse troppo raffinata ed elegante, forse troppo poco sanremese. Com’è nata e soprattutto (come potrei essere indotto a pensare) è nata proprio per la voce di Iva?

Non mi succede quasi mai ma quella volta, senza ispirarmi ad alcuna musica, avevo scritto un testo con tanto di ritornello e finale ma senza inciso. Presentai quel testo, che era “La notte dell’addio”, a Bindi e lui mi disse che per lui era troppo triste e lo rifiuto’. Lo offrii a Modugno e anche lui non volle tenerlo in considerazione perche’ non gli ispirava niente. Lo misi nel cassetto. Un giorno di novembre del 1965 Memo Remigi mi venne a trovare in galleria del corso, nell’ufficio che Kramer mi aveva affittato. Aveva voglia di fare una canzone ma me ne mancava il tempo a causa di altri impegni musicali. Memo insistette fino allo sfinimento. Mi venne in mente “La notte dell’addio” chiusa nel cassetto. Era diligentemente scritta a macchina. Cercai il foglio, glie lo diedi e rimasi alla scrivania a lavorare. Memo appoggio’ il foglio sul leggio del mio pianoforte, lesse in silenzio il testo un paio di volte… poi… suono’ e canto’ “La notte dell’addio”. A parte il tempo della lettura, Memo aveva composto la canzone in un minuto. Rimasi fulminato. Anzi, rimanemmo fulminati. Ce la suonammo e cantammo un bel po’ di volte e decidemmo di offrirla a Iva Zanicchi - che era sotto contratto Ri-Fi - percio’ telefonammo ad Ansoldi, titolare della casa discografica (non ricordo se a quel tempo Iva fosse gia’ fidanzata o sposata con Tonino Ansoldi). Tino e Tonino Ansoldi, padre e figlio, promisero di venire a casa mia ad ascoltare la canzone domenica, cioe’ due giorni dopo, al ritorno dallo stadio di San Siro dopo la partita del Milan. Domenica a casa mia si innamorarono di colpo della canzone e il vecchio Ansoldi prese una decisione, secondo lui, storica: “Vinciamo Sanremo con due mie artiste! Ci mando Iva e Mina! Facciamo il pieno… pero’ ci vuole un inciso!” Mentre mia moglie chiacchierava con Tino in salotto, Memo e io rimanemmo nel mio studio a lavorare sulla creazione dell’inciso richiesto e Tonino ad assistere e fare da levatrice. Venne fuori “come un filo che si spezza, come sabbia che nessuno mai nessuno puo’ fermare tra le dita, ora la tua vita si allontana dalla mia”… a noi tre sembro’ perfetto. Il vecchio Tino disse: “Si, lo spunto e’ buono ma dovete farlo piu’ allegro!”. Memo e io ci guardammo in faccia e la canzone rimase cosi’. Mina non ando’ a Sanremo ma Iva si. E piacque molto. Non vinse e non vendette milioni di dischi ma quel lavoro, fatto seguendo solo la più’ pura ispirazione, ci diede soddisfazioni morali che sono valse più’ di qualunque altro compenso. Ho avuto anche la soddisfazione dell’incisione – voce e pianoforte - di Ornella Vanoni e Herbie Hancock; in piu’ anche un’ottima interpretazione in ‘Papaveri e papere’ tv, di Mia Martini che poi mi disse ‘non sapevo che tu scrivessi cosi’ bene! Dammi un pezzo tuo per il mio prossimo disco!’…ma il “prossimo” disco di Mimi’… non ci fu. Ci fu invece una ‘notte dell’addio’. Ma lasciami chiudere questa storia con un breve aneddoto significativo. Nel 1966, al ritorno dal festival di Sanremo, emozionato e sulle ali di una tenera malinconia, mi sono sentito chiedere da un amico: "Ma tu davvero eri lì’, sotto il palcoscenico a vedere Iva che cantava "La notte dell'addio?". Pensavo che mi avrebbe chiesto che emozione avevo provato. La sua seconda domanda invece fu: "Ma dimmi un po’... Le tette della Zanicchi sono vere?"

Adesso penserai “è la prima intervista che faccio alla quale non devo rispondere a domande sui miei successi”. Ma come dice Ron (imbeccato da Lucio Dalla) “raccontare dei successi… e dei fiaschi non parlarne mai” non credo dia un esatto ritratto della persona di cui si vuole raccontare qualcosa. Però è giusto e doveroso assecondare la vanità dell’intervistato; quindi rimaniamo al Sanremo 1966: IO TI DARO’ DI PIU’ e MAI MAI VALENTINA ebbero invece molto successo. Perfino Gaber, di solito “tenuto a distanza” dalle classifiche discografiche vendette molto bene e lo stesso Pat Boone, nel 1966 oramai una pretty-face decaduta , ritrovò un sussulto di notorietà. Quale di queste due canzoni ti piaceva di più, considerando che la prima è rimasta nel tempo mentre la seconda molto di meno?

Io non paragonerei due canzoni tanto diverse e nate con intenzioni tanto diverse. ‘Io ti daro’ di più’ e’ la dichiarazione d’amore di una persona che se ne frega dell’amore che riceve perche’ e’ troppo convinta dell’amore che sta offrendo: una cosa totale che anche se finira’ male, non importa! L’importante per il protagonista non e’ essere amati ma amare! Ti diro’ che personalmente credo che essere amati, se non si ama, non serva assolutamente a darci “neppure l’ombra della sperata felicita’”… L’altra canzone invece e’ una dolce, ingenua, tenera dichiarazione di un uomo romantico in un momento romantico della propria vita, magari dopo tante batoste… a una giovane donna… non so… forse un inno alla purezza. Quel che so di certo e’ la grande professionalita’ del – come tu dici - ‘pretty-face decaduto’ Pat Boone. Il cantante, appena e’ sceso dal palco e’ venuto da me a scusarsi per aver sbagliato una parola del testo (italiano!). La piu’ breve vita di ‘Mai mai mai Valentina’ probabilmente deriva dal fatto che – giustamente – Gaber non l’ha piu’ cantata, perlomeno, non spesso, visto il cambio di genere… e Pat Boone e’ tornato in America! Invece Ornella e la stessa Berti hanno continuato ad eseguire ‘Io ti daro’ di piu’.

Nel 1968, un Modugno in crisi, presentò insieme a Tony Renis, IL POSTO MIO, quella che io giudico la prima canzone del trittico : questa, GRANDE GRANDE GRANDE e NONOSTANTE LEI. Tutte e tre hanno nel testo e nella musica, delle analogie. Il/la protagonista che si arrende al partner o che si dichiara vinto/a con: amarezza ed un filo di speranza (NONOSTANTE LEI) con sottomissione (IL POSTO MIO) e con rabbia (GRANDE GRANDE GRANDE). Tutte accompagnate da una musica malinconica, ariosa e molto melodica. C’è un filo rosso che lega queste tre canzoni o sono venute, così, per caso? Tra l’altro, anche VORREI AVERTI NONOSTANTE TUTTO ha una tematica similare.

‘Nonostante lei’ e’ amara perche’ c’e’ anche la zampa di Mogol. ‘Vorrei averti nonostante tutto’ e’ pure un po’ amarognola perche’ c’e’ anche la zampa del carissimo e tenerissimo Virca (Virginio Capitini di Vigevano, paroliere di fiducia di Danilo Vaona)… le altre due, cioe’ ‘Il posto mio’ e ‘Grande grande grande’ sono talmente mie che ci sono dentro totalmente, nel bene e nel male. Quello che penso delle reazioni sia femminili che maschili nei rapporti d’amore e’ proprio dentro quelle due canzoni. Il filo rosso sono io perche’ - come sai - un autore scrive sempre lo stesso libro, la stessa canzone… lo stesso piccolo-grande niente che ha dentro di se’!

GRANDE GRANDE GRANDE, QUANDO QUANDO QUANDO, FRIN FRIN FRIN: tre volte la stessa parola nel titolo. Cos’è, scaramanzia o paura che la gente, al momento dell’acquisto del disco, si scordi il nome della canzone?

Nessuna scaramanzia ma ogni tanto mi piace ripetere. Avevo fatto per Bertolazzi ‘Pero’ pero’ pero’’ nel 1954(?), Mai mai mai Valentina per Gene Colonnello, ‘Cara cara’ per Cozzoli, ‘E e e e’ per Augusto Martelli…

SONO UNA DONNA NON SONO UNA SANTA, una canzone che nella finalissima di Canzonissima del 6 gennaio 1972 fu considerata la più “trash” (all’epoca non usava questa parola) insieme a LA COSA PIU’ BELLA di Claudio Villa. E che condizionò moltissimo la carriera della povera Rosanna Fratello , prigioniera per sempre di questa canzone. E anche un po’ contraddittoria, se vogliamo: da NON SONO MADDALENA a SONO UNA DONNA NON SONO UNA SANTA è un bel passo indietro! Per di più ci fu chi scrisse che la canzone era molto demagogica e che rappresentava un Sud arretrato, che all’epoca s’era già smarcato da questi tabù ancestrali.

Maddalena e la non-santa sono la stessa persona con la stessa mentalita’. La prima – gia’ sposata – dice “non lasciarmi troppo da sola, con la scusa che pensi che sono una santa…”, la non-santa dice “non mettermi troppo in tentazione proprio adesso che stiamo per sposarci… poi magari mi convinci e mi metti nelle grane! Lo sai che cavolo di famiglia ho io! Tutti addosso a controllarmi!”… quella che definisci la “povera” Rosanna Fratello ha sempre ringraziato me e Sciorilli per il successo trionfale che la canzone le ha procurato. Anche Giorgio Calabrese all’epoca mi ha accusato di avere scritto una canzone retrograda… ma le canzoni si scrivono e si scrivevano non solo per gli adolescenti! Si scrivono e si scrivevano per tutti! E allora io domanderei alle famiglie che hanno giovani figlie adesso… nel 2008… non nel 1972… cosa pensano dei rapporti sessuali dei giovani… poi tornerei col pensiero a 36 anni fa!

Ora non rincorrermi con una scopa: CUORE PELLEGRINO di Mino Reitano. La classica “marchetta”?

Non ricordo di aver fatto “marchette” oltre alle traduzioni a pagamento, fatte in serie per canzoni che venivano solo stampate obbligatoriamente dagli editori italiani che avevano cataloghi stranieri in esclusiva. Tutto il resto l’ho fatto perche’ mi piaceva farlo, perche’ volevo farlo, perche’ mi divertiva farlo, perche’ dovevo farlo, perche’ se avessi detto di no qualcuno ci avrebbe sofferto… e cosi’ via. Per Mino Reitano ho scritto con amore e amicizia perche’ riconosco che nella sua semplicita’ e’ un artista popolare di valore. Gli ho voluto e gli voglio bene anche se gli incontri di lavoro non sono frequenti. Quando lavoro per lui tengo conto della sua mentalita’ e tento di fare in modo che quel che canta abbia credibilita’ presso il suo pubblico. Chi non lo conosce non ha idea dello spirito e dell’anima che mette in ogni sua opera.

Parliamo di una persona veramente a modo che conosci bene, che non ha avuto la fortuna che meritava e che sebbene abbia scritto belle canzoni rimaste nella storia della musica italiana, quasi non gliene viene riconosciuto il merito. Lui è Memo Remigi: cos’ha che non ha mai veramente funzionato in lui per quel che riguarda il successo di pubblico? Troppo milanese? Poco appeal? Troppo perbene ed educato? Non aveva le physique du rôle?

Caro Christian, fai spesso delle domande che contengono la tua risposta e mi costringi a polemizzare. Lo fai apposta perche’ credi che non risponderei quello che penso? Non credo... Perche’ in quel caso non avrebbe senso intervistarmi! Vabbe’! Andiamo avanti! Memo Remigi non ha fatto la carriera di Celentano o di Morandi perche’ non e’ Morandi e non e’ Celentano. Non ha un carattere popolare come il loro ed e’ partito dal golf invece che dalla gavetta. I suoi primi amici sono stati industriali, nobili, finanzieri... Figlio di un industriale della seta, comasco, Memo e’ un ottimo giocatore di golf e ha fatto parte della nazionale italiana con risultati molto soddisfacenti. Nel campo della musica ha partecipato a sei-sette festival della canzone italiana a Sanremo come cantante con risultati non esaltanti mentre come autore ha avuto la soddisfazione di un successo come ‘Io ti daro’ di piu’’ lanciato dalla Vanoni e dalla Berti e come ‘La notte dell’addio’ lanciata da Iva zanicchi. E’ un po’ il cantore in italiano di Milano con una serie di canzoni ispirate dalla sua citta’ di adozione e soprattutto di ‘Innamorati a Milano’ lanciata da lui stesso e cantata da un’infinita’ di artisti importanti, fra i quali Ornella Vanoni, le Kessler, Bramieri... E molti altri. E’ stato uno dei sette magnifici conduttori della trasmissione tv ‘Fantastico Due’ del grande Enzo Trapani (di Memo la sigla finale ‘Gocce di luna’, cantata da Remigi e danzata da Oriella Dorella e Raffaele Paganini). Per Raiuno ha condotto le 13 puntata domenicali di ‘A modo mio’ nella quale ha avuto ospiti grandi attori che si costruivano intorno ognuno la propria puntata (ognuno a modo proprio, magari con la collaborazione di Alberto Testa, Leone Mancini e Tony De Vita). Per la radio ha condotto una simpaticissima trasmissione, intitolata ‘Gocce di luna’ andata in onda ogni sera per due autunni consecutivi su Radiouno. Per fortuna non si e’ buttato in tutte le trasmissioni tv dove vengono ospitati gli ex... Fa qualche rara apparizione in ‘Quelli che il calcio’ o ‘Uno Mattina’ magari circondato da un coro di bambini per presentare il suo video contro il fumo, intitolato ‘Papa’ non fumare’ o – circondato dai piu’ grandi corridori ciclisti del mondo – per presentare ‘Varese-va’, il proprio video-canzone-sigla, inno dei campionati del mondo di ciclismo 2008. Fa le sue brave serate (non troppe, come tutti), sta lavorando per Antenna 3 in Lombardia e vive in una stupenda casa a Varese dove da qualche anno si e’ ritirato. Penso che molti artisti potrebbero tranquillamente invidiarlo e non considerarlo uno cui non viene riconosciuto il valore. Non sempre si puo’ essere primi. Secondo me basta essere in regola col proprio carattere, con le proprie ambizioni e con se’ stessi. (Poi, magari, lui avrebbe preferito avere il successo di Celentano o di Morandi !)

Hai scritto delle sigle che hanno venduto molto, come CICALE, L’ARIA DEL SABATO SERA, DISCO BAMBINA. Canzoni che hanno acceso la fantasia soprattutto di tanti bambini. Che ricordo hai di questi successi?

Il primo ricordo che ho di ‘Disco bambina’ e ‘L’aria del sabato sera’ e’ che i testi sono merito soprattutto del co-autore Giorgio Calabrese. Per quanto riguarda ‘Cicale’ – scritta davvero da me in toto - c’e’ una storia che racconto volentieri. Se non ti dispiace pero’ te la racconto come e’ pubblicata sul mio sito:
1981, nasce "Fantastico Due". Silvio Testi e Franco Miseria, produttori discografici di Heather Parisi, mi illustrano il loro progetto: un concept album dedicato ad insetti più o meno volanti, con la scusa che Heather con la sua leggerezza aerea, con la sua agilità e col suo caratterino spiritoso e stuzzicante, sembra far parte lei stessa di quel mondo. Bellissima idea...ma mi chiedono di dedicare la sigla alla cicala. Mi cadono le braccia...mi verrà fuori la solita storia della cicala spendacciona e della formica indaffarata a risparmiare e a criticare gli altri... Poi, un lampo: in Toscana avevo sentito in varie occasioni le espressioni "mi cale" e "'un mi cale" per significare "mi importa" e "non mi importa". Sono andato a spulciare il dizionario italiano ragionato che mi ha assicurato che "non calére" è molto vicino all'espressione "non fare né caldo né freddo"...e allora...stando dalla parte di chi vuol vivere la vita, anche con questa canzone mi sono divertito: "delle cicale...ci cale, della formica invece non ci cale mica" e passando ai problemi umani "di chi sta male...ci cale, di chi fa il pianto ci cale ma mica poi tanto" e in senso popolar-sgrammaticato, la conclusione: "per cui la quale...ci cale, ci cale, ci cale!" successo strepitoso: è una canzone che segna un'epoca per merito della musica, dell'arrangiamento, dell'interpretazione, del ballo, della trasmissione e perché no? Delle parole, anche se temo che le mie intenzioni non siano state capite prima di questa dissertazione. E di ciò...un po'...mi cale!
Un’altra sigla fortunata e’ stata ‘Ceralacca’ sempre con gli autori di ‘Cicale’ e con l’interpretazione di Heather Parisi per ‘Fantastico 4’. Ad essere sincero pero’, devo dire che ha funzionato piu’ in Germania che in Italia!

Era un periodo in cui le sigle andavano tantissimo e c’erano interpreti giuste e convincenti. Siamo in un'altra epoca, gli anni ottanta. Gli autori classici cominciano a diradare la loro produzione perché quasi tutti i cantanti si scoprono anche autori. Allora ci si rivolge sempre ad una “clientela” affezionata oppure si ripiega sulla tv, che fino ad allora era considerata per un autore di canzoni, quasi un secondo lavoro. Nei ’90 è quasi la prassi. Tra l’altro abbiamo delle frequentazioni televisive comuni; ci siamo trovati fianco a fianco in SCOMMETTIAMO CHE, PROVE E PROVINI DI SCOMMETTIAMO CHE, PAPAVERI E PAPERE, MILLE LIRE AL MESE. Per quel che mi riguarda, non ho un bel ricordo di quel periodo. Nel senso, mi piaceva il 10% della gente con cui dovevo lavorare e nonostante la mia giovanissima età mi sentivo già un sopravvissuto perché ero abituato – da bambino e da più grande - ad andare su set televisivi di ben altro spessore ed importanza. E quell’importanza (che la sentivi a pelle) dietro le quinte di trasmissioni come FANTASTICO, DOMENICA IN, SERATA D’ONORE fino ad arrivare ad EUROPA EUROPA in quei giorni (1991-1996) già era smorzata. Sei d’accordo con queste due analisi (decadenza della canzone in generale e della tv del periodo?)

La mia opinione sulla decadenza della canzone conta un bel niente ma provo a dirtela ugualmente: e’ cominciata a causa dell’avidita’ dei discografici, con l’arrivo dei cantautori. Visto lo straordinario successo di Modugno, Paoli, Bindi, Tony Renis, Endrigo, Lauzi e tanti altri eccezionali autori-cantanti… i vari discografici hanno pensato di aumentare i propri guadagni, mettendo sotto controllo tutto quel che girava intorno alla canzone. Percio’ hanno aperto societa’ editoriali o sviluppato quelle che avevano gia’ e hanno obbligato le edizioni che avevano laboriosamente coltivato autori (e cantautori) a dividere la quota di diritto d’autore editoriale con loro… senza pero’ fare il lavoro che i buoni, vecchi editori avevano sempre fatto: cioe’, non piu’ promozione alla musica ma promozione al cantautore! Il che va benissimo fintanto che il cantautore e’ un artista di valore, appunto come Modugno, Paoli, Bindi, Tony Renis, Endrigo, Lauzi e cosi’ via… ma poi… non essendoci la possibilita’ di moltiplicare all’infinito le nascite dei fenomeni, il valore delle canzoni in generale ha continuato a scendere fino ad esaurirsi. Continuano ad esistere ed a nascere alcuni buoni cantautori ma praticamente si e’ esaurito il filone autorale. Le canzoni di oggi sono ben fatte, sono realizzate con ottimi suoni da bravissimi ingegneri del suono ma mancano quasi tutte della linfa vitale e popolare che scaturiva dalla creativita’ originale degli autori. Diro’ una banalita’ ma sostengo che si somigliano un po’ tutte… e che – a loro volta – somigliano a canzoni non italiane.
Per quanto riguarda la decadenza dello spettacolo televisivo, be’ quello e’ cominciato quando le varie emittenti hanno cominciato a tenere conto della quantita’ di audience e sono percio’ state costrette a seguire le disposizioni delle organizzazioni pubblicitarie che non hanno interesse alla qualita’ del prodotto televisivo ma alla quantita’ di telespettatori raggiunti. Poiche’ il modo piu’ utile e piu’ facile per raggiungere il maggior numero di telespettatori e’ solleticare il lato peggiore del telespettatore stesso con scandali, denunce, offese, parolacce (naturalmente facendo finta di aborrire tutte queste cose)… ecco che lo spettacolo e’ scomparso e si sono fatte strada trasmissioni che diffondono appunto scandali, denunce, offese, parolacce! Naturalmente c’e’ qualche eccezione, generalmente rappresentata dalla banalita’… e anche li’ con qualche eccezione… ma se ho detto ‘qualche’… forse ho persino esagerato! Le riprese dirette, sportive e di cronaca sono il prodotto attuale che da’ un senso all’esistenza della televisione. I film e le ‘fiction’ danno un diritto all’esistenza della televisione solo perche’ sostituiscono il cinema per gente che non puo’ uscire di casa o ha paura ad uscire. Dico questo perche’ in realta’ la rappresentazione della fantasia nell’area di un piccolo schermo casalingo… sarebbe da evitare tra persone di decente buona volonta’, civilta’ e buon gusto. Inoltre nella relizzazione delle ‘fiction’ la musica e’ registrata talmente alta che per molte di esse fortunatamente non si riesce ad ascoltare il banalissimo e spesso ‘ignorantissimo’ parlato.

Negli anni ’90 le cose andavano peggiorando fino ad esaurirsi in questi ultimi anni, dove la canzone così com’era vista e vissuta fino a qualche tempo prima praticamente non esiste più, dove l’Hit Parade non ha ragione di esistere perché i dischi non si vendono neanche a tirarteli appresso e dove i singoli sono stati sostituiti dalle suonerie per i cellulari !!! Cioè, la rilevazione dei dati di vendita si fa attraverso il download per la Vodafone, la Tim etc. Che ne pensi di tutto questo?

Credo di aver gia’ risposto qui sopra…

E cosa ne pensi di internet per ciò che concerne la musica?

La musica su internet non viene diffusa con la qualita’ che la buona musica registrata dovrebbe avere. Scaricare da internet lo ritengo utile per motivi professionali ma non per la beatitudine dell’ascolto.

Siamo arrivati alla fine: spero che questa intervista sia stata un po’ diversa dalla solite alle quali sei abituato. Mi ha fatto molto piacere fartela perché – tornando alle nostre frequentazioni tv – sei stata la prima persona che in un ambiente lavorativo mi ha visto con occhi diversi, che non ha visto in me solo il “ragazzetto” di vent’anni in un posto forse troppo grande per lui, che mi ha trattato da uomo, facendomi capire ed insegnandomi tante piccole cose (tipo quando quella volta la Vanoni a MILLE LIRE AL MESE creò uno psicodramma con Guardì e Ferrio e stemmo fino alle due al Delle Vittorie!)

Non mi ricordavo lo “psicodramma” vanoniano. Forse mi sentivo anch’io un ragazzetto non ancora cresciuto! In quanto alle interviste, me ne hanno fatte talmente poche che davvero non ricordo come erano. So soltanto - perche’ e’ cosa veramente recentissima – che in occasione dei 50 anni di carriera di Mina e del mio contemporaneo compleanno, mi e’ stato chiesto come ha reagito Mina alla notizia della morte del marito (separato o divorziato ma pur sempre padre di Benedetta…) travolto da un’auto negli Stati Uniti. Per non scendere sul loro piano, non ce li ho mandati (gli autori) e agli innocenti o rassegnati conduttori ho risposto che Mina e’ un’ottima cantante per la quale ho lavorato – e lavorerei ancora - con amore, fingendo di non aver capito la domanda.

Detto questo, ti saluto e vorrei che dicessi qualcosa al nostro (ben nutrito) pubblico sempre onnivoro di fatti salienti alla musica italiana d’alto livello.

Cari amici di Chris e – spero – amici miei (non obbligatoriamente con le mie stesse idee) , spero che nella canzone italiana continuiate a cercare buona musica, possibilmente originale… e testi che dicano davvero qualcosa come quelli di Paoli e Ligabue, di De Andre’ e Vasco, di Tenco e Dalla e Daniele e i Negramaro e chi volete voi… ma semplici, popolari e universali. Volendo, ce n’e’ di roba buona!

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Christian Calabrese