Tori Amos
di Gianluca Navarrini
L'opera della cantautrice e pianista americana - che debutta, con un album a suo nome nel 1992 - si inserisce nel solco tracciato negli anni Settanta da Joni Mitchell e negli anni Ottanta da Kate Bush, ottenendo (almeno inizialmente) anche un eccellente riscontro di vendite.
L'ottima impostazione classica che la Amos esibisce sulla tastiera del pianoforte - che si riflette appieno nella scrittura delle linee melodiche e nelle soluzioni armoniche - si sposa con testi ermetici (meglio: criptici), icastici e visionari - spesso incentrati sui suoi conflittuali rapporti con la religione e con l'altro sesso - e con una raffinata sensibilità di interprete vocale.

Nel corso degli anni, tuttavia, la capacità di confezionare brani di grande potenza espressiva e di coinvolgente impatto musicale - capacità che aveva caratterizzato la Amos degli esordi - pare essersi stemperata in uno stile elegiaco di più difficile ascolto. Attenzione, non che i brani della Amos siano diventati opere avanguardistiche di sperimentazione sonora... ascoltati singolarmente sono piacevoli ballate, dalle linee melodiche mediamente gradevoli. Il problema è che i suoi ultimi dischi hanno un numero di brani ed una durata complessiva che oltrepassa le capacità medie di ascolto attento, risultando - ai primi, ma talvolta anche ai successivi, ascolti - piatti e noiosi.

Myra Ellen Amos - questo il nome completo e "vero" dell'artista - nasce il 22 agosto 1963 a Newton nel North Carolina, figlia di un pastore metodista di origini scozzesi e di un'indiana cherokee. Già durante l'infanzia, manifesta precocemente la propria inclinazione per la musica, tanto da superare le selezioni per l'ingresso nel prestigioso conservatorio di Baltimora (il Peabody Institute) a soli cinque anni. Ma la Amos è una ragazza piuttosto irrequieta ed ama interpretare a suo modo (in modo decisamente eterodosso) gli immortali classici della musica e, non ancora dodicenne, dopo qualche anno di frequenza, il Peabody Institute la mette alla porta.

I genitori - benché la figlia non sia particolarmente docile - la spronano a proseguire gli studi pianistici e la Amos, durante l'adolescenza, comincia a farsi le ossa esibendosi un po' ovunque gliene venga offerta la possibilità, finanche (con l'assenso del padre!) in un paio di club per omosessuali della sua città. È in questo periodo che Myra Ellen muta il suo nome in Tori, adottando stabilmente il nomignolo che le era stato affibbiato da un amico e che in giapponese significherebbe "pollastrella".
A metà degli anni Ottanta, la Amos si trasferisce a Los Angeles in cerca di successo e vive - ma forse sarebbe meglio dire sopravvive - esibendosi in ogni genere di locale. È nel corso di questi anni Californiani che la Amos subisce lo stupro che successivamente racconterà nel brano Me And A Gun (da "Little Earthquakes", 1992).

Nel 1988 la band Y Kant Tori Read, capeggiata dalla stessa Amos, dà alle stampe il suo primo ed unico omonimo album per la Atlantic. Ma il lavoro - attualmente introvabile - non riscuote alcun consenso, né di pubblico né di critica, ed il gruppo si scioglie. Ciò nonostante la Atlantic dà fiducia alla Amos e la mantiene sotto contratto come solista. L'accordo prevede che l'artista pubblichi un album nel 1990 e, mantenendo fede all'impegno siglato, la Amos presenta ai dirigenti della Atlantic il suo primo lavoro solista nei termini convenuti. Ma stavolta è la casa discografica a ritenere l'impianto delle registrazioni inaccettabile per il mercato: a chi potrà mai interessare un disco pieno di canzoni eseguite tutte per sola voce e pianoforte? La Amos, perciò, ritorna in sala di registrazione e - con l'aiuto del fidanzato, produttore, tastierista, fonico e programmatore Eric Rosse e dei produttori Ian Stanley e Davitt Sigerson - mette a punto le 12 canzoni che compongono il suo primo album: Little Earthquakes.

L'opera prima della Amos verrà inizialmente distribuita dalla Atlantic nel solo Regno Unito, prima che negli USA, confidando nel gusto europeo e nella maggior apertura del pubblico inglese alle forme meno convenzionali della musica rock. Il disco, sorprendentemente, viene accolto benissimo sia dalla critica sia dal pubblico, raggiungendo il quattordicesimo posto nella classifica degli album più venduti nel Regno Unito. Meno brillante - ma non deludente, se si considera che si tratta del disco di esordio di una sconosciuta, la cui produzione musicale non è perfettamente allineata con i gusti dominanti dell'epoca - la prova offerta dall'album sul mercato americano, dove il disco arriva al cinquantaquattresimo posto della classifica di Billboard.
Tra i brani in contenuti in questa opera prima, occorre menzionare, quanto meno, la bellezza salmodiante di Crucify (che apre il disco) e le splendide ballate Silent All These Years e China.

Nel 1994 la Amos pubblica, sempre per la Atlantic, Under The Pink, l'album che - in piena continuità stilistica con il precedente disco - la consacra e che contiene gioielli come Past The Mission, Cornflake Girl, Space Dog e Yes, Anastasia. L'album - che esordisce al n. 1 della classifica britannica ed arriva al dodicesimo posto di quella americana - è il frutto della collaborazione tra la Amos ed il fidanzato Eric Rosse. L'idillio fra i due si incrinerà irrimediabilmente nei mesi seguenti, segnando la fine della relazione sia affettiva sia artistica. Il disco è tutto basato sulle acrobazie vocali e pianistiche della Amos, che raggiungono il climax in Cornflakes Girl, brano ipnotico segnato dal basso ostinato e rapsodiante del pianoforte, da un uso ritmico della voce e da un meraviglioso solo (sempre) di piano, animato da un pathos che sarà destinato a non ripetersi.
Durante il tour che segue la pubblicazione di "Under The Pink", la Amos - oramai chiusa la storia sentimentale con Eric Rosse - conosce il tecnico del suono Mark Hawley, che sposerà nel 1997 e che diventerà il suo alter ego nella regia della sala di incisione.

Nel 1996 viene pubblicato Boys For Pele, il suo terzo album (il primo prodotto in via esclusiva dalla stessa artista), che raggiunge - anch'esso - la vetta delle classifiche britanniche ed americane. Ma la critica stavolta accoglie meno benevolmente il lavoro della cantante. L'album, infatti, esibisce suoni ed atmosfere estremamente cupe.
Va sottolineato che, onde evitare la ripetitività della formula "voce e pianoforte" che le ha dato il successo, la Amos si muove nella direzione della ricerca di nuovi suoni. Il risultato, in "Boys For Pele", è solo in parte raggiunto con successo. Abbastanza riuscito, ad esempio, è il tentativo di creare tessiture ritmiche che diano maggior respiro al classico tempo binario della musica della Amos; ma nonostante la partecipazione di un batterista di vaglia come Manu Katche, la prova ritmica migliore - ipnotica ed intrigante - risulta affidata ad una drum machine (in Caught A Little Sneeze). Meno felice la scelta di alternare il suono dinamico del pianoforte a quello - decisamente monocorde - del clavicembalo in Professional Widow, Blood Roses, Talula e In The Springtime Of His Voodo, forse nel tentativo (decisamente non riuscito) di ricreare alcune sonorità chitarristiche tipiche dell'hard rock. E, infatti, il clavicembalo non sarà più utilizzato dalla Amos. Più o meno gradevoli sono, poi, i tentativi di trasformare il suono del piano e del clavicembalo "microfonandoli" ed amplificandoli in modo decisamente eterodosso: le note di copertina parlano di clavicembali amplificati con un non meglio identificato modello di Marshall - nota linea britannica di amplificatori per chitarra elettrica - e di pianoforti "ripresi" attraverso un Leslie - altrettanto noto sistema di amplificazione, costituito da uno speaker rotante. Anche in questo caso - probabilmente - l'intenzione era quella di richiamare certi suoni ruffiani dell'hard rock più commerciale (valga per tutti la sonorità "impastata" dell'intro di 1984 dei Van Halen, dove Eddie Van Halen suona un sintetizzatore Oberheim OBX amplificato attraverso un amplificatore per chitarra con il finale "imballato"). Infine, a sommesso parere di chi scrive, è un vero fuor d'opera (benché molto apprezzato dai DJs e, pare, dal pubblico) il lungo - oltre 8 minuti - remix di Professional Widow. Infine, giova ancora aggiungere che, pur ricalcando lo schema dei precedenti, questo disco anticipa la stagione dei "polpettoni": la presenza di ben diciotto canzoni, infatti, non ne facilita l'ascolto (considerando pure che alcuni brani non sono proprio indimenticabili).

Sempre nel corso del 1996 la cantautrice americana vive l'esperienza di un aborto spontaneo, al terzo mese di gravidanza. È un trauma che si traduce nelle canzoni del suo quarto lavoro, pubblicato nel 1998: From The Choirgirl Hotel. L'album è - per quasi unanime parere della critica - il migliore della Amos, con vere e proprie gemme di intensità interpretativa e di qualità musicale quali, ad esempio, Northern Lad.
Il disco si apre con Spark, che introduce immediatamente l'ascoltatore nel mood sonoro: chitarra elettrica, basso e batteria conducono le danze, con ritmi spezzati (non il classico battere in quattro) su cui si inseriscono la linea principale di voce - caratterizzata da un evidente effetto tipo "megafono economico" - ed una linea secondaria - dal suono naturale - e che, solo nel ritornello si aprono sonicamente anche grazie all'ingresso di un suggestivo arpeggio di pianoforte.
Si prosegue con le magiche atmosfere lunari di Cruel: l'inizio è caratterizzato dal suggestivo intreccio di batteria acustica, drum machine e percussioni, su cui si muove - in assenza di altri strumenti - la voce, quasi recitante, della Amos (che, come già nel primo brano, doppia se stessa con seconde e terze linee sovraincise); nel ritornello si innestano suoni e rumori prodotti dal basso e dalla tastiera Kurzweil ed il tutto sfocia in un intreccio armonico-ritmico tra voce e marimba.
Black Dove si apre, in modo decisamente più classico, con la voce della Amos accompagnata da un arpeggio di piano munito di sordina su cui, nel corso del brano, si aggiunge il piano a coda, il basso, la chitarra acustica e la batteria (la quale, con il suono della campana del ride - il piatto di accompagnamento - caratterizza la struttura ritmica del brano). Raspberry Swirl si distingue per l'ostinato di pianoforte sui registri gravi (doppiato dal basso) e per la ossessiva presenza della cassa della batteria (suonata in quattro) che rendono drammatica l'atmosfera in cui si muove la voce - anche stavolta doppiata e filtrata elettronicamente - fino al concitato epilogo, in cui le varie linee melodiche si rincorrono freneticamente.
Jackie'Strenght è una ballata più "normale", in cui una splendida linea vocale - registrata magistralmente, e mixata con una lieve e gradevole aggiunta di riverbero - viene accompagnata dal pianoforte e da una vera sezione d'archi ed in cui l'intervento di basso e batteria è minimalista e contrappuntistico.
Iieee vede di nuovo intrecciarsi drum machine, batteria acustica e basso, con la voce della Amos (nuovamente moltiplicata grazie alle sovraincisioni), che si esibisce anche in un ricco accompagnamento di ...archi (grazie al buon vecchio Mellotron) nel corso del quale si inserisce - in modo decisamente rumoristico - la chitarra elettrica.
Liquid Diamonds inizia con un tempo ostinato di drum machine su cui si innesta - inizialmente con solo il rullante, protagonista di molti colpi in "levare" - la batteria acustica e la linea di basso (il cui suono, qui come altrove, appare insolitamente gonfio, ricordando - molto vagamente - il fretless di Mick Karn) e, successivamente il piano; la voce della Amos - qui in una interpretazione difficile e convincente - è suadente e sussurrata sui registri bassi nel corso della strofa, più drammatica ed acuta nel chorus.
She's Your Cocaine (la cui registrazione, forse in presa diretta, tradisce la presenza degli amplificatori della chitarra e del basso per il loro caratteristico ronzio) è un brano più facile, non particolarmente originale, di pop-rock, in cui è protagonista assoluta la voce della Amos, filtrata marcatamente in sede di mixaggio.
Northern Lad - il capolavoro dell'artista, a modesto avviso di chi scrive - è una dolente ballata magistralmente interpretata dalla Amos: il piano e la voce - registrati superbamente (con un po' di attenzione sono ben avvertibili i "rumori" della meccanica del piano) - sono padroni assoluti della scena.
Hotel è il brano musicalmente più debole del disco, con suoni vagamente "spaziali", ed una linea vocale piuttosto banale nella strofa e lievemente sguaiata nel ritornello. Playboy Mommy è una bella canzone mid-tempo, che richiama lo stile cui la Amos ci aveva abituati nei primi due dischi: voce naturale e pianoforte acustico, senza fronzoli e senza sonorità particolari (se si eccettuano i suoni di un harmonium sintetico - utilizzato all'inizio del brano ed in un paio di brevi intermezzi - e di una pedal steel guitar - in un breve solo).
Il disco si chiude - stilisticamente in linea con i precedenti dischi - con un brano dalla struttura armonico-melodica di ispirazione decisamente classica, dall'arrangiamento estremamente scarno (pianoforte, batteria acustica e basso) e dall'interpretazione molto teatrale: Pandora's Aquarium.
Anche il pubblico apprezza l'opera, che riesce a vendere oltre un milione di copie.

Tuttavia, "From the Choirgirl Hotel" chiude - dal punto di vista ideale - la prima fase artistica della Amos, che a partire dal successivo disco sembra smarrire lucidità e concisione per dedicarsi a progetti confusi, rimaneggiati o stucchevolmente pretenziosi, a partire dal doppio disco del 1999: To Venus And Back. Il primo disco raccoglie una serie di lavori in studio, in parte inediti, in parte b-sides dei singoli pubblicati nell'anno precedente; il secondo disco è la registrazione live di tredici brani tratti - in modo abbastanza casuale - dai primi quattro album. Il progetto appare confuso. Le registrazioni in studio sono, di fatto, un'appendice ed un'ideale continuazione del precedente "From the Choirgirl Hotel" (che, evidentemente, avrebbe ben potuto essere doppio), che nulla ha a che vedere con il live contenuto nel secondo disco.
Bliss è una ballata condita con drum machine ed effettistica varia, con la voce che nel chorus si presenta trattata con un riverbero tagliente; Juarez è un'altra litania a base di voce filtrata, basso profondo e percussioni acustiche ed elettroniche; Concertina è un brano orecchiabile, in puro stile Tori Amos, che risulta molto gradevole - benché non particolarmente originale - sin dal primo ascolto; Glory of the 80's è una cantilena mid-tempo, il cui unico pregio è l'incastro ritmico tra il basso, la chitarra elettrica e le percussioni; Lust si apre con un pattern di drum machine (a giudicare dai suoni, sembrerebbe un vecchio modello della Roland) su cui scorre un arpeggio di piano e la voce sofferta della Amos; segue - ancora una volta con suoni decisamente sorpassati di drum machine - Suede, in cui si può ascoltare (cosa rara per un disco di Tori Amos) il suono distorto di un chitarra elettrica; Josephine è una gradevole marcia (lenta) con un giro armonico orecchiabile, in cui i cambi di accordo sono (astutamente) sottolineati dal pianoforte; Riot Poof è un brano di ricerca sonora, con molte sovraincisioni della voce (pesantemente trattata al banco di regia) e con una ritmica ipnotica; in Datura la voce si dipana su un tempo ternario, sottolineato da un gradevole tappeto di suoni elettroacustici (il pianoforte si intreccia con il sintetizzatore e le percussioni acustiche sono doppiate con suoni sintetici), nel finale il tempo diventa binario e la Amos si produce nell'ennesima litania costruita su un tappeto di rumori, drum machine e sintetizzatore, cui poi si aggiunge la batteria acustica. I due brani che chiudono il disco in studio - Spring Haze e 1000 Oceans - risultano gli episodi meglio riusciti dell'album, in particolare la seconda, con la sua melodia distesa e con un'interpretazione vocale particolarmente vibrante.
In conclusione, "To Venus And Back" è un disco mediocre (con episodi di buona qualità, che avrebbero meritato ben altra valorizzazione), in cui si manifesta la tendenza dell'artista ad eccedere nel lavoro di produzione: suoni gonfiati da un'orgia di effetti, sonorità ricercate (ma non sempre gradevoli), batterie elettroniche impazzite, ritmiche tribali, effetti sintetici di dubbio gusto, voci sovraincise più volte e trattate al banco mixer (benché l'impasto dei riverberi digitali non sia sgradevole). Appare poco chiaro, perciò, se nella pubblicazione di "To Venus And Back" abbiano prevalso le scelte artistiche della Amos o quelle commerciali della Atlantic.

Nel frattempo, la vita della Amos, però, muta radicalmente, visto che il 5 settembre del 2000 finalmente diventa mamma. Le cronache narrano che la "nuova produzione" di Tori Amos e del marito Mark Hawley è una bella bambina: Natashya Lórien. La maternità - almeno inizialmente - non produce nella Amos un effetto particolarmente brillante dal punto di vista creativo.

Decisamente pretenzioso è, infatti, il successivo Strange Little Girls, pubblicato nel 2001, nel quale la Amos si misura - con esiti talvolta catastrofici e risultandone, alla fine, sopraffatta - con l'interpretazione di brani di altri artisti. Spiccano su tutte - ma non certo in positivo - le "letture" di classici quali Heart Of Gold di Neil Young e Happiness Is A Warm Gun dei Beatles. Che sia un disco da dimenticare se ne accorge immediatamente sia il pubblico, che fin là aveva sempre seguito l'artista, sia la critica. L'album - nonostante un esordio nelle zone alte delle classifiche di vendita - non riuscirà a replicare il successo dei precedenti lavori della Amos. Un disco (di covers) da dimenticare.

Il flop di "Strange Little Girls" induce la Atlantic - che nel 2003 pubblicherà la raccolta Tales of a Librarian: A Tori Amos Collection - a non rinnovare il contratto discografico alla cantante di Newton, la quale, allora, passa alla Epic, con cui pubblica, nel 2002, il suo primo concept album: Scarlet's Walk. Un "polpettone" composto da 18 brani; un meraviglioso polpettone, che rende piena giustizia alla Amos autrice ed interprete, ma che non le può risparmiare un'osservazione critica: la Amos si ostina a produrre da sé i propri dischi, senza averne le doti. Poco misurata, incapace di tagliare le ridondanze - anche sonore - e gli episodi inutili (e ce ne sono), narcisisticamente innamorata non solo delle proprie musiche, ma anche della propria immagine, riflessa da booklets ostinatamente ricchi di foto, che la rappresentano levigata, eterea e sensuale, benché - come impietosamente emerge dalla visione del DVD "Welcome To Sunny Florida" - sia una donna con un pessimo gusto nel vestire (basta guardarsi le foto interne di tutti i suoi dischi per accorgersene) e con una fibra di capelli che esiterei a definire serica. Ma torniamo a "Scarlet's Walk".

Amber Waves si presenta come un avvio di facile ascolto in cui - subito dopo l'apertura di piano e voce - si avverte, però, qualcosa di nuovo rispetto alle sonorità cui la Amos ci ha abituati: la chitarre elettrica non rumoreggia, suona! È un suono di secondo piano di chiara derivazione eighties: brevi arpeggi ed acciaccature ritmiche. Il tutto eseguito con una solid body - probabilmente una Fender Stratocaster (il suono di un pick up single coil è inconfondibile) - trattata con chorus e delay e amplificata senza soverchia "sporcizia". A Sorta Fairytale è un brano molto suggestivo - pubblicato anche come singolo - che si apre con il solito duetto di percussioni e piano sui cui si muove la voce della Amos, cui nel ritornello si uniscono il basso (che suona una gradevolissima linea sincopata), la chitarra acustica in funzione ritmica, quella elettrica (ancora una volta minimalista, come nel precedente brano) ed alcune sovraincisioni di voce. Wednesday è un brano sostanzialmente inutile, in stile vagamente vaudeville, caratterizzato per l'alternanza - nella strofa - degli interventi della chitarra acustica e di quella elettrica (uno strumming distorto, con un moderato uso di un wha-wha). Bellissima è invece Strange, una ballata di grande eleganza - forse appesantita dalla presenza ridondante di una sezione d'archi di cui non si sentiva la mancanza - giocata tra i suoni morbidi del piano elettrico ed i registri bassi della voce della Amos. Con Carbon si inaugura un nuovo corso (che poi, però, si chiude lì) - il pianoforte dialoga con una chitarra acustica (usata sempre in funzione ritmico-armonica) -, anche se il brano, pur piacevole, non risulta particolarmente incisivo. Un lamento vocale simile ad una ninna-nanna apre Crazy, un'altra ballata, anch'essa caratterizzata dal suono del piano elettrico Wurlitzer e delle chitarre elettriche (in verità utilizzate, un po' monotonamente, sempre allo stesso modo) ed in cui la voce sembra registrata in modo un po' innaturale (come se fosse troppo vicina al microfono). Wampum Prayer è un pleonastico esercizio per voce sola. Don't Make Me Come To Vegas, prosegue senza sussulti il corso del disco: pianoforte, percussioni e basso (sembrerebbe un fretless) accompagnano la voce cantilenante della Amos. Sweet Sangria smuove le acque, con un iniziale dialogo asfittico tra Wurlitzer, basso (anche in questo caso è rimarchevole il ruolo del bassista) e batteria che sfocia in un arioso chorus (reso tale dall'intervento del piano acustico e dal passaggio del batterista dal hi-hat al ride). Ammaliante l'atmosfera di Your Cloud - benché il brano non abbia alcuna particolare qualità, né sia segnalabile per qualche pregio sonoro - grazie alla felice scrittura della parte melodica e, soprattutto, alla fedele registrazione della voce della Amos, resa (con un gradevole riverbero) in tutta la sua sensualità. In Pancake tornano a misurarsi tra loro la chitarra ed il piano (entrambi elettrici) in una inutile litania dall'effetto soporifero. Grandissima, al contrario, è la suggestione prodotta da I Can't See New York - sulle cui note iniziali è possibile ascoltare gli effetti collaterali di una chitarra filtrata attraverso un flanger e lo strofinamento delle dita sulle corde - che, anche grazie ad un ottimo arrangiamento, benché estremamente misurato, riesce a risaltare nitidamente sulla media del disco. La successiva Mrs. Jesus è un brano gradevole, purtroppo appesantito dalla presenza un po' troppo invadente dell'orchestra (archi e legni). Finalmente, dopo tante ballate, è il turno di Taxi Ride che restituisce un po' di movimento al disco, grazie ad un intelligente incastro ritmico di batteria, basso, piano elettrico, chitarra acustica e chitarra elettrica (di cui, di tanto in tanto, si sente anche qualche bending). Con Another Girl's Paradise si ritorna alla lentezza, salvata miracolosamente dalla noia soltanto da un chorus arricchito dalla moltiplicazione corale delle voci della Amos. Il brano che dà il titolo al disco - Scarlet's Walk - dopo un intro non certo di alto livello (con la voce che snocciola una cantilena), si riscatta ampiamente con un brano sufficientemente evocativo e con buone sonorità (da sottolineare il buon fraseggio di chitarra elettrica nel chorus). Virginia è un brano concettualmente di alto livello, un tempo ternario mascherato dall'intelligenza della partitura della batteria in un "falso" tempo binario: uno degli episodi migliori del disco. La chiusura del disco è affidata a Gold Dust, un brano musicalmente retorico - appesantito oltremodo dalla presenza dell'orchestra d'archi (mixata un po' troppo in evidenza) - e dalla struttura armonico-melodica non particolarmente originale, ma che riesce incredibilmente a regalare brividi all'ascoltatore in virtù di una gigantesca prestazione vocale della Amos, tutta giocata sul contrasto tra l'epicità della partitura orchestrale ed il tono volutamente dimesso - quasi recitato - della voce, che alla fine sembra spezzarsi in gola all'interprete, per poi risorgere in un ultimo, commosso, sospiro.
Nel complesso, a mio modesto avviso, "Scarlet's Walk" è un disco di ottimo livello, anche se le sue qualità emergono alla distanza, dopo qualche ascolto, visto che al primo si è inesorabilmente colti dalla sensazione del già sentito e, di fatto, dalla noia. I pregi dell'opera, infatti, risiedono nei dettagli, nelle sfumature, nelle nuances dei suoni e nelle pieghe della voce straordinaria della Amos. Ciò che manca nei dischi della Amos - soprattutto negli ultimi - è il guizzo tecnico, il climax creato dall'assolo strumentale. Anche il pianoforte, protagonista nei primi dischi di memorabili cavalcate soliste - si pensi, in particolare, alla meravigliosa e selvaggia partitura di Cornflake Girl - si riduce al ruolo di strumento di contorno.

Nel 2005 viene pubblicata quella che, ad oggi, è l'ultima fatica dell'artista: The Beekeeper. Diciannove canzoni in larga parte eseguite con uno strumento "nuovo": l'organo Hammond B3. Il risultato - almeno per il mio orecchio - è sorprendentemente deludente. I difetti sono quelli soliti: ipertrofia della produzione, mortificazione dei musicisti (perennemente nel ruolo di accompagnatori della voce), mancanza di varietà di temi e di tempi: quasi per tutto il disco (un'ora ed un quarto di durata) si ascolta la voce della Amos intonare una monodica tiritera, tanto che si fatica non poco a distinguere un brano dall'altro (oltre che a tenere gli occhi aperti). In più, va detto - ed è un'impressione piuttosto diffusa - le tracce finiscono quasi tutte in modo interlocutorio... come fossero provini!

Piuttosto che esaminare l'intero contenuto dell'album, pertanto, mi limiterò ad indicare gli episodi che - per una ragione o per l'altra - ritengo opportuno segnalare: Sweet The Sting, banale ma efficace beguine lenta eseguita da Hammond e chitarra elettrica (con wha), con belle armonie vocali; The Power of Orange Knickers - duetto "commerciale" con Damien Rice - è il brano più noioso della raccolta, forse per colpa di un arrangiamento privo di dinamica (l'uso di patterns ritmici scontati e ripetitivi, a mio avviso, è il difetto maggiore del brano); Jamaica Inn, si dipana elegantemente sul bell'intreccio ritmico di chitarra acustica, pianoforte e percussioni, cui si uniscono, nel chorus, il contrabbasso e la chitarra elettrica (come di consueto, usata senza distorsioni, ma con il sobrio uso di effetti di ritardo); in Sleeps With Butterflies c'è una buona l'interpretazione vocale, su un tappeto sonoro inizialmente anonimo, ma che acquista carattere nel chorus, grazie alle sovraincisioni della voce della stessa Amos; decisamente sopra la media del disco è Ribbons Undone, che si apre con un delicato arpeggio di pianoforte, contrappuntisticamente seguito da una chitarra acustica, e da una trasognata linea vocale (ben interpretata dalla cantante, aiutata nelle armonie vocali dalla voce di Kelsey Dobyns) che si apre in un bel gioco armonico nel chorus; la breve e suggestiva Original Sinsuality sembra un brano tratto dal repertorio classico della Amos - voce, pianoforte e grande pathos - che dimostra di saper ancora scrivere qualcosa di davvero buono.

Gianluca Navarrini

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DISCOGRAFIA

Little Earthquakes
Pubblicato nel 1992, ha raggiunto il n. 14 nella UK Chart (Regno Unito) ed il n. 54 della classifica di Billboard (USA) ed ha venduto, nel tempo, circa tre milioni di copie.
Crucify / Girl / Silent All These Years / Precious Things / Winter / Happy Phantom / China / Leather / Mother / Tear In Your Hand / Me And A Gun / Little Earthquakes

Under the Pink
Pubblicato nel 1994, è probabilmente l'album di maggior successo registrato dalla Amos: ha raggiunto il n. 12 della classifica di Billboard (USA), il n. 1 della UK Charts (Regno Unito), il n. 5 della ARIA Charts (Australia) ed il n. 16 della Hit Parade (Italia), vendendo oltre due milioni di copie.
Pretty Good Year / God / Bells For Her / Past The Mission / Baker Baker / The Wrong Band / The Waitress / Cornflake Girl / Icicle / Cloud On My Tongue / Space Dog / Yes, Anastasia

Boys for Pele
Pubblicato nel 1996, n. 1 nella UK Charts (Regno Unito), ha scalato fino al n. 2 la classifica di Billboard (USA), vendendo oltre un milione di copie.
Beauty Queen / Horses / Blood Roses / Professional Widow / Mr Zebra / Marianne / Caught A Lite Sneeze / Muhammad My Friend / Hey Jupiter / Way Down / Little Amsterdam / Talula / Not The Red Baron / Agent Orange / Doughnut Song / In The Springtime Of His Voodoo / Putting The Damage On / Twinkle

From the Choirgirl Hotel
Pubblicato nel 1998, ha raggiunto il n. 5 della classifica di Billboard (USA) ed ha venduto oltre un milione di copie.
Spark / Cruel / Black-Dove (January) / Raspberry Swirl /Jackie's Strength / Iieee / Liquid Diamonds / She's Your Cocaine / Northern Lad / Hotel / Playboy Mommy / Pandora's Aquarium

To Venus and Back
Pubblicato nel 1999, si è fermato al n. 12 della classifica di Billboard (USA), vendendo, comunque, una non trascurabile quantità di copie - oltre un milione - per un disco doppio.
CD1 (studio): Bliss / Juarez / Concertina / Glory of the 80's / Lust / Suede / Josephine / Riot Poof / Datura / Spring Haze / 1,000 Oceans
CD2 (live): Precious Things / Cruel / Cornflake Girl / Bells for Her / Girl / Cooling / Mr. Zebra / Cloud on My Tongue / Sugar / Little Earthquakes / Space Dog / The Waitress / Purple People

Strange Little Girls Pubblicato nel 2001, pur avendo debuttato al n. 4 della classifica di Billboard (USA) non è riuscito ad eguagliare le vendite dei precedenti album, non andando oltre le trecentocinquantamila copie.
New Age / '97 Bonnie & Clyde / Strange Little Girl / Enjoy the Silence / I'm Not in Love / Rattlesnakes / Time / Heart of Gold / I Don't Like Mondays / Happiness Is a Warm Gun / Raining Blood / Real Men

Scarlet's Walk
Pubblicato nel 2002, ha raggiunto il n. 7 della classifica di Billboard (USA) con discreti risultati anche in termini di vendite, avendo superato le cinquecentomila copie.
Amber Waves / A Sorta Fairytale / Wednesday / Strange / Carbon / Crazy / Wampum Prayer / Don't Make Me Come to Vegas / Sweet Sangria / Your Cloud / Pancake / I Can't See New York / Mrs. Jesus / Taxi Ride / Another Girl's Paradise / Scarlet's Walk / Virginia / Gold Dust

Tales of a Librarian: A Tori Amos Collection
Pubblicata nel 2003, questa raccolta di successi ha raggiunto il n. 40 della classifica di Billboard (USA).
Precious Things / Angels / Silent All These Years / Cornflake Girl / Mary / God / Winter / Spark / Way Down / Professional Widow / Mr. Zebra / Crucify / Me and a Gun / Bliss / Playboy Mommy / Baker Baker / Tear in Your Hand / Sweet Dreams / Jackie's Strength / Snow Cherries from France / Pretty Good Year / Honey / Northern Lad / Putting the Damage On / Mr. Zebra

Welcome to Sunny Florida
Pubblicato nel 2003 come doppio disco ibrido (CD e DVD), contiene - nel disco audio - le canzoni contenute nei CD singoli rilasciati l'anno precedente e non contenuti nell'album "Scarlet's Walk".
Welcome / A Sorta Fairytale/ Sugar / Crucify / Interlude #1 / Cornflake Girl / Bells for Her / Concertina / Interlude #2 / Take to the Sky / Leather / Cloud on My Tongue / Cooling / Interlude #3 / Your Cloud / Father Lucifer / Professional Widow / I Can't See New York / Precious Things / Encore: Tombigbee / Encore: Amber Waves / Encore: Hey Jupiter

The Beekeeper
Pubblicato nel 2005 ha raggiunto il n. 5 della classifica di Billboard (USA), vendendo, per ora, oltre cinquecentomila copie.
Parasol / Sweet the Sting / The Power of Orange Knickers / Jamaica Inn / Barons of Suburbia / Sleeps With Butterflies / General Joy / Mother Revolution / Ribbons Undone / Cars and Guitars / Witness / Original Sinsuality / Ireland / The Beekeeper / Martha's Foolish Ginger / Hoochie Woman / Goodbye Pisces / Marys of the Sea / Toast