LA NEVICATA DEL '56
(di F. Califano, C. Vistarini, F. M.Cantini, L. Lopez)

  • Anno: 1990
  • Altri titoli: La nevada
  • Interpreti: Mia Martini

  • HitParade: #8 (marzo 1990) -
  • Chart annuale: Top 50 -

  • Altri interpreti: Franco Califano - Mijares
  • Nell'inverno del 1989, Mia Martini è alla ricerca di un nuovo brano da presentare a Sanremo che le consenta di replicare il meritato successo ottenuto l'anno precedente con Almeno tu nell'universo, lo straordinario pezzo scritto da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio grazie al quale ha riconquistato quel posto da protagonista della musica leggera che le spettava di diritto e che i media e l'industria le avevano crudelmente sottratto per almeno un decennio.
    Mimì ha appena finito di incidere un album (La mia razza) con molti pezzi che, almeno sulla carta, possono consentirle di fare bella figura anche quest'anno e il più appropriato, almeno fino a un certo punto, sembra essere Un altro Atlantico di Maurizio Piccoli e Maurizio Fabrizio. Due autori che sono con lei praticamente dall'inizio: entrambi, infatti, sono già presenti nell'album Nel mondo, una cosa del 1972, il primo inciso per l'etichetta Ricordi dopo un'esperienza iniziale con la RCA durata lo spazio di un solo LP.
    L'affiatamento con la coppia di collaboratori dovrebbe rappresentare una buona garanzia di successo, ma c'è un ripensamento. Il pezzo è sicuramente valido ma ricalca un po' troppo lo stile di altri interpretati in passato e rischia quindi di sembrare "di routine". Manca quel tocco di magia in più che ormai tutti si aspettano da lei.
    La scelta, alla fine, cade su La nevicata del '56, una canzone scritta da Carla Vistarini, Luigi Lopez e Massimo Cantini, che hanno già composto per lei l'accorata Ritratto di donna contenuta nell'album Per amarti del '77, nonché diversi brani per altre voci femminili importanti come quelle di Mina e Ornella Vanoni. Il collaudato team di autori è qui affiancato da un'altra vecchia conoscenza di Mimì: Franco Califano che, nello stesso anno, inciderà il brano a sua volta.

    L'autore di Minuetto compone per l'occasione un testo che punta sulla semplicità e sulla forza evocativa delle immagini, traendo ispirazione dall'eccezionale nevicata che nel 1956 avvolse la città di Roma calandola in un'atmosfera magica ed irreale. Con poche pennellate (lo scorrere del fiume e il canto della fontana non ancora soffocati dal rumore del traffico, la bambina che sogna il vestito da sera e si diverte a far luccicare un pezzo di vetro, le partite di pallone viste sulle spalle del padre), Califano cattura il ricordo di un'epoca ormai perduta, in cui tutto sembrava più bello, perché più autentici erano i sentimenti che animavano la vita di tutti i giorni.
    La melodia del ritornello è molto ariosa ma fa un po' a pugni con l'andamento più riflessivo e malinconico dell'unica lunga strofa. Si ha la sensazione che gli autori (troppi?) abbiano voluto a tutti i costi fare entrare due canzoni in una, tentando di conciliare una vena cantautorale ed intimistica con una più popolare e festivaliera. Non che il risultato finale sia disprezzabile, ma l'impressione che se ne ricava è analoga a quella che susciterebbe un pezzo di Fossati interrotto bruscamente dalla Goggi di Ce stanno altre cose o dai Vianella di Semo gente de borgata. E poi, diciamocela tutta, reggere il confonto con la melodia e la struggente interpretazione di Almeno tu nell'universo, ancora ben impresse nella memoria del pubblico, non è impresa facile, nemmeno per una come Mia Martini. La scelta di un brano poco melodrammatico come questo non gioca a favore. Perché, come la stessa Mimì cantava un anno prima, "la gente é strana, prima si odia e poi si ama". E quello che la gente ora vuole è potersi immedesimare nella sofferenza di questa donna, commuoversi al pensiero di quanto possa esserle costato riscattarsi dal male ricevuto e risollevare la testa per tornare sulle scene, in barba alle dicerie. Vuole poterla compatire, pensare: "poverina, ma in fondo é anche un po' colpa nostra". E giù a piagnucolare.

    Con La nevicata del '56, tutto questo non avviene. È un pezzo che tocca altre corde, quelle della nostalgia, e lo fa con molta delicatezza, senza strafare. E il primo ascolto è inevitabilmente condizionato dall'istintivo raffronto con la proposta dell'anno precedente, che fa sembrare questa una canzonetta senza troppe pretese. Non a caso le giurie premieranno la lacrima facile di Uomini soli dei Pooh lasciando ancora una volta Mia Martini fuori dal podio.
    Per la cronaca, quest'edizione del Festival prevede, dopo quasi un ventennio, il ritorno della doppia esecuzione delle canzoni in gara: a ciascun contendente della categoria big é abbinato un presunto big straniero che dovrà riproporre il pezzo nella propria lingua. A Mimì viene affiancato il messicano Manuel Mijares, una specie di Ricky Martin ante litteram, che interpreta dignitosamente il brano nella sua versione spagnola, intitolata La nevada.

    Per una volta, il motto secondo il quale Sanremo "paga" l'anno dopo viene sfatato. Incassato il suo terzo premio della critica (premio che era stato creato apposta per lei nel 1982), Mia Martini dovrà aspettare un altro anno per classificarsi finalmente tra i primi tre. E, anche in quell'occasione, il riconoscimento avrà il sapore amaro di una mezza sconfitta. Ma questa è un'altra storia.

    (Luca)