TOTAL ECLIPSE OF THE HEART
(di J.Steinman)

  • Anno: 1983
  • Altri titoli: -
  • Interpreti: Bonnie Tyler

  • HitParade: #17, Aprile 1984
  • Chart annuale: Top 100

  • Altri interpreti: -
  • Domanda: può una ex cantante di pub, gallese, che sembra essersi appena fumata un’intera stecca di sigarette tanto la sua voce è roca, conquistare contemporaneamente il vertice della classifica inglese e di quella americana? Dando un’occhiata alle chart attuali, soprattutto a quella statunitense dove spadroneggiano hip-hop e rhythm’n blues, oggi non si esiterebbe a rispondere no. Per gli annali del pop, invece, la risposta è assolutamente affermativa e rimanda all’ormai lontano 1983, anno in cui l’impresa riuscì all’allora trentenne Bonnie Tyler.

    Domanda di riserva: può la stessa cantante, con lo stesso brano che le ha fatto conseguire quel prestigioso primato, ottenere un discreto successo anche in Italia? Sì, se un Pippo Baudo in piena fase rampante la invita come ospite al Festival di Sanremo, la fa salire su una fumosa pedana e dà il via al playback di "Total eclipse of the heart".

    Il pezzo è firmato da Jim Steinman, già noto per avere composto, nel 1978, le sette canzoni di uno dei dischi più amati, ma anche più odiati, dell’intera storia del rock, quel "Bat out of hell" di Meat Loaf che ha venduto milioni di copie nel mondo (ma non molte in Italia). Questa volta Steinman si orienta di più verso il pop, senza però abbandonare i toni melodrammatici e le atmosfere gotiche, e confeziona una ballata che si apre in sordina con un’introduzione di solo piano e poi si trasforma, con la progressiva aggiunta di nuovi elementi (chitarre, percussioni, organo, effetti speciali di sapore decisamente kitsch), in un pezzo imponente e chiassoso. Tutto questo crescendo, tra l’altro, mette in difficoltà la Tyler che, non possedendo una grande estensione vocale, tende a "strozzare" le note più alte ed è pertanto costretta a compensare con l’interpretazione ciò che le manca in tecnica. Ad aiutarla ad uscire dalle secche (o dalle stecche!) giunge provvidenziale la voce, quasi angelica al confronto, del corista Rory Dodd, che si alterna a quella della cantante nella strofa e le si sovrappone con efficaci armonizzazioni nel ritornello.

    Il singolo è tratto da "Faster than the speed of night", primo album di un’artista donna ad entrare direttamente al numero uno della classifica britannica. Il disco include una versione leggermente più estesa di "Total eclipse of the heart" (già lunghetta di suo nella versione "standard" che dura cinque minuti e mezzo), la title-track, anch’essa scritta da Jim Steinman, e una dignitosa cover di "Have you ever seen the rain" dei Creedence Clearwater Revival, che per qualche tempo abbiamo ascoltato in TV come sigla introduttiva di una rassegna di film.

    Qualcuno potrebbe malignamente sostenere che, dopo avere cantato di eclissi del cuore per un amore perduto, anche la Tyler si è praticamente eclissata dal mondo della musica. Falso: basti ricordare che, nel 1991, ha addirittura partecipato al Festival di Sanremo come gareggiante. Nell’edizione delle accoppiate tra big italiani e finti big stranieri, la sua voce sempre più arrochita –risultato di un intervento alla gola subito a metà degli anni ’70- ha avuto il merito di rendere quasi accettabile un pezzo di Amedeo Minghi. E scusate se è poco.

    (Luca)