Settimana 22 Gennaio 1972
( da Musica & Dischi [45] e Per Voi Giovani )

1. Chitarra suona più piano - Nicola Di Bari
2. La canzone del sole - Lucio Battisti
3. Pensiero - Pooh
4. Sono una donna non sono una santa - Rosanna Fratello
5. Via del Conservatorio - Massimo Ranieri
6. Chissà se va - Raffaella Carrà
7. Tuca tuca - Raffaella Carrà
8. Imagine - John Lennon
9. Coraggio e paura - Iva Zanicchi
10. Uomo - Mina

=================== 33 giri ===================

1. Non al denaro non all’amore nè al cielo – Fabrizio De Andrè
2. Pictures at an exhibition – Emerson Lake & Palmer
3. Mina – Mina
4. Imagine – John Lennon
5. Lucio Battisti vol.IV – Lucio Battisti
6. Led Zeppelin IV – Led Zeppelin
7. Meddle – Pink Floyd
8. Santana III – Santana
9. Buon Anniversario – Charles Aznavour
10. E fu subito Aznavour – Charles Aznavour

Il 1971 è stato lo spartiacque fra due epoche. E’ scomparso il Piper che ha cambiato natura diventando una specie di “tabarin” anni settanta, anche se come tale resterà per poco. Quello che fu il tempio della musica beat praticamente non esiste più. Frank Sinatra dà uno dei suoi soliti addii alle scene, per poi tornare periodicamente con grandi rentrée e guadagnare palate di dollari. C'è lo scioglimento ufficiale della Beatles s.pa.
L’irriverentismo, la contestazione, la provocazione e la protesta sembrano essere rientrate. Al loro posto rimane solo una grande maleducazione del pubblico più giovane pronto a linciare letteralmente un cantante se non gli garba o se è platealmente fuori posto; vedansi gli episodi della Fratello al Festival Pop di Palermo, presa a sacchetti di sabbia sul viso, e la fuga precipitosa di Morandi come spalla ai Led Zeppelin.
Un’ondata di revisionismo porta ai primi posti nei botteghini e nelle classifiche canzoni e feuilletons fin de siecle come ANONIMO VENEZIANO e LOVE STORY, ricomparsi in un epoca in cui la gente, stanca di essere dura e cinica, cerca rifugio nei facili sentimenti.

Il mercato del 45 giri è fiacco, il 33 va sempre più forte. Il mattatore dell’anno è stato Charles Aznavour con E FU SUBITO AZNAVOUR che è riuscito a vendere più di Mina, Battisti e i Creedence Clearwater Revival. I compensi dei cantanti sono in ribasso se si escludono quelli di personaggi quali Ranieri, Patty Pravo, Mina, la Vanoni e Dalla. I compensi dei quali si aggirano tra due milioni e due milioni e mezzo a serata.
Risorgono i complessi dati per spacciati alla fine del periodo beat. Si dividono in tre gruppi: i melodici-pop, i complessi pop-rock e i progressive. I campioni dell’anno nel primo gruppo sono i Pooh, seguiti dai Dik Dik, dalla rinata Nuova Equipe 84 e dal buon successo dei Nuovi Angeli (anche all’estero). Risorgono quando meno se lo aspettavano i Profeti grazie a ERA BELLA. Del secondo gruppo sono i Formula Tre e i New Trolls e nel terzo troviamo le Orme, gli Osanna e la nuova formazione di Franz di Cioccio, la PFM, la quale incide per la casa di Battisti, la Numero Uno. I personaggi nuovi sono Rosalino Cellamare (Ron) e Mia Martini. Divi in ribasso: Celentano, Gianni Morandi, e anche Modugno che non ha saputo bissare LA LONTANANZA e, nonostante una sovraesposizione mediatica, non è riuscito a vendere dischi della sua AMARO FIORE MIO. Ma si rifà con la sua carriera d’attore teatrale e televisivo. Al Bano e i Camaleonti, spariti dalle classifiche.
Tra gli stranieri in discesa libera alcuni trionfatori dell’anno precedente e cioè i Mungo Jerry, i Rare Bird, i Christie, i Wallace Collection e gli Hotlegs. Gli unici che hanno riconfermato le loro posizioni sono Demis Roussos, che nel frattempo è diventato solista, e Gorge Harrison. Un caso a parte, Joan Baez, la sempre troppo osannata cantante folk politicizzata americana: tanto clamore ma nessun disco di successo. Nel ’71 si prende una bella rivincita incidendo HERE’S TO YOU, tratta dalla colonna sonora di SACCO E VANZETTI scritta da Morricone che la porta ad avere successo anche tra un pubblico più vasto.

Da rilevazioni di mercato nella vendita di 45 e 33 si viene a conoscenza che i giovani hanno dato la loro preferenza a Battisti, ai Pooh, a Mina, a Dalla, a De André. Un pubblico più maturo alla stessa Mina, alla Zanicchi, a Di Bari, ad Aznavour e a Gagliardi. Come si accennava prima, sistematicamente,ad ogni esibizione di gruppi stranieri fa da corona una corrida tra polizia e teppisti di ogni colore politico. E’ successo con i Chicago, con i già citati Led Zeppelin, coi Santana e i Blood Sweet & Tears. E questo non è un fenomeno circoscritto all’Italia ma all'Europa. Prendiamo ad esempio Frank Zappa e i suoi Mothers Of Invention. Al Rainbow Theatre di Londra è stato aggredito da uno spettatore e Za nel tentativo di schivare l’assalto è scivolato dal palcoscenico fratturandosi una caviglia. Così ha dovuto saltare lo spettacolo previsto per il 29 dicembre a Bologna, con i biglietti già venduti.

Canzonissima

Tornando alla classifica settimanale, la prima cosa che si nota è l’ingresso delle canzoni finaliste di Canzonissima 1971. E qui c’è da fare un discorso a parte: undici milioni e mezzo di biglietti venduti per la Canzonissima più seguita della storia della televisione. Merito della Carrà, di Corrado e di Noschese ma merito anche dei cantanti e delle canzoni presentate in questa edizione, inedite e non, che hanno saputo tirare fuori dall’oblio cantanti le cui azioni erano molto in ribasso o in cerca di un nuovo personaggio più credibile. Come la Pavone, che ha presentato tre bellissime canzoni come LA SUGGESTIONE, scritta da Claudio Baglioni, una redizione riveduta e corretta di CUORE e LASCIATI ANDARE A SOGNARE. O la bellissima prova della Pravo, raffinata interprete di NON TI BASTAVO PIU’ e della CANZONE DEGLI AMANTI, entrambe non entrate in finale per un soffio. Per la Pavone si può dire che forse la sua canzone è stata bocciata per la scarsa credibilità di una Rita così psicologicamente complessa, per la Pravo si potrebbe parlare di sfortuna.
In finale va uno spaccato dell’Italia: Claudio Villa, la sfrontatezza trasteverina, il bel canto d’altri tempi e una canzone dal testo vergognoso, LA COSA PIU’ BELLA: "che si da che si da, quando l’uomo vuol bene a una donna, che si da che si da, ogni uomo che ama lo sa. Io ti do la cosa più bella che ho, tu mi dai la cosa più bella che hai"... Si è notata, per caso, una leggera allusione? No, perchè è così vaga e tra le righe...

Delle due faccie dell’Emilia, quella godereccia e curvilinea è rappresentata dalla Zanicchi che interpreta una bella canzone, CORAGGIO E PAURA. L'altra faccia, quella casalinga, è impersonata dalla Berti, che per non essere considerata come al solito da provincialotta si presenta con una canzone diversa dal suo standard, CITTA’ VERDE, azzeccando anche la mise che la snellisce e che lei indosserà come fosse una divisa per tutto il 1972, cioè un completo giacca e cravatta al femminile molto di moda in quel periodo.

Poi c’è la fanciulla del sud, un acquarello stereotipato che ormai non corrisponde più a verità (come quello portato dalla Fratello) che però fa piacere credere che ancora esista. SONO UNA DONNA NON SONO UNA SANTA, "non portarmi nel bosco di sera, ho paura del bosco di sera". Sembra la favola di Biancaneve quando si perde nella foresta. "Fra tre mesi te lo prometto, il mio amore ti darò, Gesù mio dammi il coraggio di resistere a dirgli di no". La forza di volontà della brava ragazza che non cede all’amato anche perché "non sono sola, ho quattro fratelli" come a dire che se ci pigliano ce lo fanno vedere loro! "Tre mesi sono lunghi da passare quando l’amore stuzzica il tuo cuore... non tentarmi non sono una santa, sono una donna non sono una santa". Non ti ci mettere anche tu, è questo il senso della frase in questione. Non so se scritta seriamente o con un’ intenzione fra il trash e il goliardico dal bravo Alberto Testa; comunque sia questa canzone, proprio per il suo tema così anacronistico in un’epoca in cui essere vergini costituiva una vergogna, arriva alle prime posizioni in classifica. Anche la copertina del disco suggerisce l’atmosfera della canzone: la protagonista con le spalle addossate ad un muro rigorosamente bianco (che dà ancora di più il senso del sud) e con la testa bassa. Se l’intera operazione è stata voluta si tratta di un piccolo capolavoro.

Ancora sud, con Reitano, che rappresenta tutti i "tengo famiglia" italiani. Reitanopoli è in Brianza e lui deve dare da mangiare a tutto un esercito di fratelli, sorelle, nipoti. Canta una canzone nel suo stile piagnucoloso, CIAO VITA MIA, un passo indietro rispetto alla bella canzone presentata l’anno precedente e cioè L’UOMO E LA VALIGIA, anche se in finale arrivò con un’altra brutta canzone e cioè UNA FERITA IN FONDO AL CUORE. Qui siamo alla romanza dell’Ottocento.
Poi c’è l’ex scugnizzo Ranieri, che ormai veste bene, frequenta solo gli ambienti giusti, profuma di colonia e sorride sempre abbracciando tutti in maniera un po’ troppo vistosa. Dà del tu a Florinda Bolkan e ad Ursula Andress mentre solo un anno prima sveniva nell’incontrare la Magnani. Per questo forse il suo regno ha cominciato a vacillare. La sua canzone è difficile da definire. E’ bella o clamorosamente brutta? VIA DEL CONSERVATORIO, narra di uno studente che lascia il conservatorio perché figlio di povera gente e il padre lo richiama al "dovere" ("tu ragazzo non puoi stare al conservatorio, devi dare ai tuoi sogni un addio, c’è bisogno anche di te, figlio mio"”) e tra violini a tutto spiano e un arrangiamento concertistico saluta il professore cantando "un uomo va là dove vuole Iddio, ma sempre porterò un sogno antico e mio" e il professore risponde "dentro di te la musica un’anima è, non lo scordare mai" e lo studente "no, professore... addio!" Qui i violini, le viole normali e quelle d’amore si sprecano come niente. Si intravede una dolorosa vicenda di rinuncia ad ambizioni personali per ragioni di ceto, la frustrazione del protagonista che ha nell’anima la musica ("e una musica lassù mi chiamo, sprofondò nel mio cuore cantando, dentro l’anima") e non può esprimerla. Non è più "quel" personaggio e difatti gli va male. La canzone non ha il mordente e il piglio che aveva quella presentata l’anno prima e che aveva vinto la competizione (VENT’ANNI). Per inciso: la CGD era così convinta della sua vittoria a Canzonissima che in copertina, sotto il titolo, appare la scritta CANZONISSIMA 1972, come si usava chiamare le canzoni vincitrici, il sei di gennaio.
Ranieri ha troppo presunto dalla sua popolarità. A gennaio dà due concerti d’addio alla vita civile, uno al Teatro Delle Arti a Roma con la platea composta solo da addetti ai lavori e da personaggi come Anna Magnani, Mariangela Melato, Adriana Asti, Ottavia Piccolo, Marcello Mastroianni. A presentarlo è Vittorio De Sica. Poi si concede al pubblico “normale” con uno spettacolo storico al Sistina registrato in disco (‘O SURDATO ‘NNAMMURATO) in cui annuncia il suo addio per un anno alle scene causa servizio militare. Che non riuscirà a terminare come tutti gli altri avieri del suo scaglione perchè "sfortunatamente" lo congederanno dopo appena pochi mesi.

La raffinatezza ostentata dalla "Sciura milanese" di una volta, quella portata con successo in scena dalla Valeri nei suoi spettacoli teatrali (la signora “bene”) trova sfogo in Ornella Vanoni che presenta una canzone troppo raffinata per il pubblico delle giurie ingordo di "cose belle" e di donne che non vogliono diventare sante. E cioè IL TEMPO D’IMPAZZIRE.
"L’amore dice sempre a quelli come noi, io sono la certezza che non sbaglia mai". Un amore vissuto come pazzia, come deresponsabilizzazione dei due protagonisti che s’immagina siano adulti. "Ma presto o tardi arriva l’ora di partire con la tristezza antica di chi va per mare". Bellissima. E arriva ultima, come da copione. Un po’ di colpa è anche del regista Eros Macchi che in polemica con la cantante le farà uno sgarbo in diretta. Questo l’antefatto: Ornella non si era presentata alle prove pomeridiane a causa di uno spettacolo a Bari effettuato il giorno precedente, impegno preso in estate. Rientrata a Roma era passata al teatro Sistina per provare un altro suo spettacolo in scena il giorno dopo disertando la prova al Teatro delle Vittorie, cosa che giustamente aveva fatto irritare Eros Macchi. Che l’ha aspettata fino all’ultimo. Alle 16 il regista, che avrebbe dovuto studiare i tempi e i modi di ripresa in diretta, sostituisce la cantante con un aiuto macchinista, decidendo per l’inquadratura fissa. La Vanoni arriva alle 20 e 30, mezz’ora prima della diretta e Macchi l’avverte del ripiego, cioè le dice che la inquadrerà solo da lontano. L’abito che indossa per la finale secondo il giudizio di Romolo Siena “spara” troppo in video e non avendo potuto provare le luci giuste a tempo debito, molte alternative non si intravedono.
La Vanoni canta così la sua canzone venendo inquadrata solo per intero. Mai un primo piano, mai una ripresa ravvicinata della gestualità delle mani. Se ne accorge ma termina la sua esibizione e appena la Zanicchi (che sale sul palco dopo di lei) comincia a cantare, con uno scatto nervoso abbandona la postazione a fianco di Reitano, creando un senso di nervosismo e di insicurezza nella cantante impegnata nell’esibizione che si accorge di tutto. "L’hanno visto tutti... neanche un primo piano. Me ne vado!" Difatti non sarà presente alla passerella finale. Corse dei funzionari Rai nel tentativo di far rientrare il caso, la platea nervosissima, i cantanti non sanno cosa fare. Ma lo spettacolo deve andare avanti, anche senza la Vanoni. E cosi avviene.

Ultimo, perchè primo, Nicola Di Bari e la sua CHITARRA SUONA PIU’ PIANO. Confezionata dallo stesso Di Bari, Evangelisti e Marrocchi proprio per vincere e in sintonia con l’interprete, credibilmente semplice e credibilmente credibile. L’Italia bucolica, quella delle serenate al chiaro di luna, della chitarra a cui delegare i messaggi dell’anima ma che deve essere discreta ("chitarra suona più piano, qualcuno può sentite, soltanto lei deve capire") i grilli che cantano nel prato e la notte che odora di fieno. Una bella canzone eseguita col solito garbo dal cantante di Zapponeta in un suo filone che durerà per 3–4 anni, quello del cantante brutto e bravo, melodico, per un pubblico adulto. Apre la pista ad altri cantanti nelle stesse sue "condizioni", tenuti in disparte per anni: uno per tutti, Peppino Gagliardi. Vince e non crea invidia tra i colleghi perché gli vogliono bene tutti. Per anni nel dimenticatoio, pronto a cambiare mestiere, ma con la fortuna di andare a Sanremo con la canzone giusta al momento giusto, LA PRIMA COSA BELLA, uno scarto di Morandi. Poi la vittoria a Sanremo con IL CUORE E’ UNO ZINGARO ed ora l’affermazione a Canzonissima. “La rivincita dei Nerds”, parafrasando un famoso film degli anni '80. Chi non la prende molto bene, questa vittoria di Di Bari, è Massimo Ranieri, che impallidisce non appena ha saputo il risultato finale che lo retrocede al secondo posto. Le cartoline ricevute da Massimo gli avrebbero regalato la vittoria (900 mila contro le 600 mila di Di Bari) ma le giurie sparse per l’Italia invertono il pronostico. La Zanicchi è contentissima perché il suo terzo posto è il coronamento ad un anno magico che l’ha vista quasi sempre piazzata in classifica, sia nei 45 che nei 33 giri.

Ma ecco la classifica finale della Canzonissima dei record:
1) CHITARRA SUONA PIU’ PIANO con voti 195,77
2) VIA DEL CONSERVATORIO con voti 181,41
3) CORAGGIO E PAURA con voti 152,26
4) CITTA’ VERDE con voti 126,97
5) LA COSA PIU’ BELLA con voti 122,60
6) CIAO VITA MIA con voti 86,88
7) SONO UNA DONNA NON SONO UNA SANTA con voti 73,18
8) IL TEMPO D’IMPAZZIRE con voti 60,93

C’è anche chi organizza una "Contro-Canzonissima" in polemica con la trasmissione stessa che "non rispecchia assolutamente il gusto dei giovani italiani e che li riporta indietro di venti anni". A dirlo sono gli organizzatori che, sponsorizzati dalla rivista specializzata Ciao 2001, portano il 28 gennaio al Piper di Roma, per una volta stipato come ai bei tempi, una manifestazione alternativa che vede succedersi sul palco i complessi più attuali e due cantautori tra i più apprezzati e cioè Claudio Rocchi e Francesco Guccini il quale si presenta sul palco con una chitarra e... un fiasco di vino rosso! Poi i New Trolls, i Delirium, il gruppo savonese dei Trip, i Latte e Miele, gli Osanna e Le Orme.

RAFFAELLA CARRA'

Continua il successo della Carrà che con il TUCA TUCA si appresta ad essere l’animatrice delle feste di Carnevale. Presentato a Canzonissima e subito replicato in due puntate successive, per il grande consenso ottenuto, il ballo che si dica venga dalle Antille e che dovrebbe fare faville in quel di New York (!!) è in realtà un parto tutto italiano, inventato dal maestro Pisano, da Gianni Boncompagni e dal coreografo Gino Landi. Ma è veramente una trovata azzeccata, a partire dalla canzone che accompagna il balletto, orecchiabile, simpatica, divertente. Grazie a questi successi a 45 giri (CHISSA’ SE VA, TUCA TUCA, MAGA MAGHELLA e BORRIQUITO) la Carrà incide anche un LP, il secondo della sua carriera (il primo risaliva alla Canzonissima precedente) dal titolo RAFFAELLA CARRA’. Nel quale, oltre a presentare le canzoni della trasmissione, gioca a fare la "crooner" sussurrando RAINDROPS KEEP FALLIN’ ON MY HEAD e CLOSE TO YOU, due motivi strafamosi di Burt Bacharach, in inglese. E bisogna dare atto a Raffaella che non è certo peggiore di tanti cantanti professionisti. Poi, come è logico e come mercato vuole, ci mette dentro un E PENSO A TE, di Battisti che nel frattempo, oltre che da lui, è stato inciso inciso anche Mina e da Bruno Lauzi per non parlare di Dorelli. Comunque è un disco valido anche grazie all’ausilio di una buona orchestrazione.

MINA

La PDU, casa discografica fondata da Mina, si è allargata alla divulgazione del repertorio classico. Quindi non solo canzoni. C’è anche un settore dedicato alla musica strumentale che tira parecchio sul mercato. Johnny Sax, che è uno di quelli che vendono di più insieme a Papetti e Gianni Oddi, viene messo sotto contratto dalla PDU. Marisa Sacchetto e i Domodossola sono sempre presenti nelle trasmissioni della Rai, sia sul versante radiofonico (I Domodossola sono anche esecutori di sigle come quella della trasmissione tv COME QUANDO FUORI PIOVE), che su quello video, specie la Sacchetto che si presenta bene. D’altra parte non dimentica anch’essa di essere una cantante e per la campagna invernale dà battaglia con un lp (quello con la scimmia in copertina) che arriva in un battibaleno nelle primissime posizioni e con un singolo che contiene due egregie esecuzioni, UOMO e LA MENTE TORNA, quest’ultima scritta ancora per lei da Lucio Battisti. Qual è il lato A e qual è il B? Entrambi sono richiesti nei negozi. Alcuni giornali riportano LA MENTE TORNA nelle classifiche, altri UOMO.
Mina dovrebbe presentare il Festival di Sanremo e subito dopo uno show a fianco di Alberto Lupo. Addirittura si vocifera di una conduzione della prossima Canzonissima a fianco di Celentano. Di tutti questi impegni porterà a termine solo il secondo.

EMERSON, LAKE & PALMER

Diventa un caso il 33 giri del complesso inglese degli Emerson, Lake & Palmer. PICTURES AT AN EXHIBITION e cioè QUADRI AD UN ESPOSIZIONE, la famosa opera classica di Mussorgsky, dedicata dal musicista russo ad un suo giovane amico pittore morto precocemente. Una suite di brani pianistici ispirati ai quadri dell’artista esposti in una mostra nell’occasione del primo anniversario della sua morte avvenuta nel 1874. Questo è il punto di partenza del trio inglese. Diverso musicalmente dai due precedenti nei quale si avvertivano le reminiscenze dei Nice e dei King Crimson, complessi dalle quali ceneri nasce il nuovo supergruppo. Si diceva di un "caso". Difatti non è semplice arrivare nelle prime posizioni della Hit Parade con musica che si potrebbe definire colta, sposata al pop. La bravura del gruppo è straordinaria. Strumentisti di livello eccezionale riescono a saper scegliere lo strumento adatto nel modo migliore e più appropriato. Keith Emerson al synthesizer, Gregg Lake alla chitarra classica e Carl Palmer con la sua eccezionale ritmica. La reinvenzione in stile progressive della suite del compositore russo vecchia di quasi un secolo dona all’opera una nuova freschezza grazie ad un taglio modernissimo nel quale la musica "ardita" (ai tempi) dalle radici affondate nella tradizione russa è ancora presente sebbene filtrata attraverso l’inventiva e i virtuosisimi del trio. L’album inizia con PROMENADE, tema ricorrente così come nell’opera russa. Seguono THE GNOME, THE SAGE, THE OLD CASTLE, BLUES VARIATION. Facendo conto di ascoltare il LP e non il CD troviamo come brano d’apertura ancora PROMENADE e i due pezzi dedicati alle baba yaga, le streghe della tradizione russa. Il primo è tratto dall’opera di Mussorgsky, il secondo è opera del complesso. Ma sembra facente parte della stessa composizione. Il brano finale è THE GREAT GATES OF KIEV con un'appendice chiamata THE END-NUTROCKER, un brano classico arrangiato in maniera impeccabile, questa volta con un gusto vicino al jazz.
Ecco, un disco del genere, suonato, scritto ed arrangiato da un equipe di musicisti eccellenti per un pubblico sicuramente colto e conscio di ciò che va ad acquistare come fa a vendere così tanto? Improvvisamente l’Italia è diventata un popolo di raffinatissimi acquirenti di musica colta, è stato un acquisto sullo slancio del successo di TARKUS (l’album precedente) o c’è quella punta di snobismo che fa acquistare qualche cosa solo perché è "in" e poi nel segreto delle pareti domestiche si ascolta tutt’altro? Non lo sapremo mai.
A Londra danno sei concerti al Papillon di Piccadilly Circus (l’ultima esibizione musicale in quel teatro risaliva al 1908), esauritissimi fino all’ultimo posto. I tre riescono a rendere ancora più che sul disco, cosa che sembrava impossibile data la difficoltà di esecuzione di alcuni pezzi. Per lo stesso motivo, cioè l’esibirsi sempre dal vivo, hanno rifiutato una partecipazione al prossimo spettacolo primaverile di Mina e Alberto Lupo (TEATRO DIECI) che prevedeva una porzione di PROMENADE in playback. Loro rispondono che "un pezzo di canzone in playback non ha senso" e rispediscono al mittente l’invito preferendo dare tre concerti a Roma, Bologna e Torino, uno dei quali verrà ripreso per intero dalla televisione.

GILBERT O'SULLIVAN

Una canzone comincia a farsi ascoltare nella sua versione originale dopo un lungo periodo in cui la precedenza era toccata alla sua versione italiana cantata dai Profeti col titolo di ERA BELLA. Questa volta, complice un’apparizione televisiva e il personaggio cucitogli addosso dalla sua casa discografica (vestito a metà tra un orfanello inglese dei primi del novecento e Buster Keaton, con una scoppoletta in testa, pantaloni larghi a mezz’asta e stivaletti scalcagnati), Gilbert O’Sullivan irrompe anche in Italia. La sua NOTHING RHYMED è ormai vecchia di quasi un anno ma era passata pressoché inosservata. Il testo è semplice ma scritto molto bene. NOTHING RHYMED significa niente in rima, un'espressione che sta a significare niente di programmato in precedenza e parla di un uomo che vuole fare delle scelte rivendicando anche il diritto di sbagliare. "Questo mio modo di vedere non potrà mai togliermi il diritto di sbagliare se sono io a fare le mie scelte e il piacere che provo a vincere una scommessa è come quello di perderla". Ora, ad un passo dall’affermazione mondiale (per la primavera ha in cantiere ALONE AGAIN), Gilbert O’Sullivan, vero nome Raymond O’Sullivan (il nome d’arte è preso a prestito dal duo di compositori ottocenteschi Gilbert & Sullivan), presenta il suo primo 33 dal titolo HIMSELF. Qui si presenta con due note in copertina "Signori e Signore, permettetemi di presentarmi a voi e debuttare con questo primo 33". Molto inglese sebbene lui sia irlandese. La sua fortuna ha inizio quando incontra Gordon Mills, il gran capo della MAM, scopritore e produttore di due personaggi come Tom Jones ed Engelbert Humperdinck (se ci fate caso anche questi due nomi sono presi a prestito da opere letterarie e da compositori inglesi). Dopo ripetute bocciature nelle varie label londinesi, Mills crede in questo ragazzo irlandese e vince la sua scommessa. In contemporanea esce il secondo singolo italiano di Gilbert, dal titolo WE WILL, che sarà ripreso anch’esso dai Profeti, come accadde col primo ma con minore fortuna. Il titolo italiano, comunque, sarebbe PRIMA NOTTE SENZA LEI. WE WILL lo presenta in tv in una trasmissione in cui è ospite di Little Tony. Il testo originale è come al solito una affresco di vita quotidiana, con frasi più consone ad un discorso parlato che ad un testo di una canzone, come è solito fare O’Sullivan. Il tutto supportato da una melodia molto dolce e delicata. La musica trova una conclusione alla fine del brano, senza lasciare niente in sospeso. Sembra un quadro. E lo è. Peccato che non si capiscano le parole e non ci sia nessuno che le spieghi al pubblico.

TOM JONES

Tom Jones, dal suo canto, ha perso la grinta dei primi tempi e sta inesorabilmente diventando un cantante da teatri di Las Vegas, per maturi americani, dove un'esibizione singola "una tantum" viene pagata 1000 dollari e il contratto è di due miliardi e mezzo per tre mesi. Quindi i soldi (e tanti) sono assicurati. La presenza in classifica un po’ meno. Anche la scelta dei brani non appare molto felice. Dopo la ritmatissima SHE'S A LADY scritta da Paul Anka appositamente per lui, sembra si stia limitando al rifacimento di canzoni già conosciute rinunciando così a brani originali. Un po’ come fanno i grandi interpreti che piacciono tanto al pubblico americano ed anche inglese. I vari Andy Williams, Tony Bennett, Jerry Vale. Questa volta reinterpreta TILL, un valzer lentissimo ed orecchiabile lanciato nel 1960 da Caterina Valente. Il tutto senza apportare modifiche all’arrangiamento originale. Che se da una parte potrebbe voler evidenziare la buona riuscita nel tempo di un arrangiamento vecchio di dodici anni, dall'altra rivela una trascuratezza e una povertà di idee che il team della Decca conferma di avere. In Italia non entra nemmeno nei primi 100 ma in Usa, grazie al pubblico di cui si parlava prima, è un buon successo. Insieme al singolo esce anche il 33 LIVE AT CAESAR PALACE, registrato dal vivo, situazione in cui dà il meglio di sè, ricordandosi di essere stato in tempi non lontani la tigre del Galles. Sulla copertina campeggia la sua immagine, vestito da imperatore, su un triclinio dorato con delle ancelle che gli fanno da contorno. Un'immagine studiata ad hoc per tenere in vita la sua fama di sciupafemmine, fama tanto radicata nelle signore avanti con gli anni. Il pubblico al quale ormai, per contratto, più che per scelta, è legato mani e piedi.

Christian Calabrese