Settimana 24 Gennaio 1976
( da Musica & Dischi )

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1La tartaruga Bruno Lauzi € 10
2Lilly Antonello Venditti € 10
3Il maestro di violinoDomenico Modugno € 10
4Gamma Enrico Simonetti € 12
5Profondo rosso Goblin € 12
6Le tre campane Schola Cantorum € 10
7Tu ca nun chiagne Giardino dei Semplici € 10
8The hustle Van McCoy (Avco) € 10
9Foot stompin' music Hamilton Bohannon € 10
10Fly robin fly Silver Convention € 10
11Pagliaccio Alunni del Sole € 10
12Come pioveva Beans € 10
13Un angelo Santo California € 10
14Paloma blanca George Baker Selection€ 10
15Io prigioniero Sandro Giacobbe € 10

Classifica 33 giri

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1Lilly Antonello Venditti € 15
2Wish you were here Pink Floyd € 20
3La Mina/MinacantaLucioMina € 20
4XXI Raccolta Fausto Papetti € 15
5Profondo Rosso I Goblin € 20
6Hacia la libertad Inti Illimani € 15
7Forse ancora poesia Pooh € 15
8Greatest Hits Barry White € 15
9Rimmel Francesco De Gregori€ 20
10Mazzabubù Gabriella Ferri € 15
 

Goblin

Il 1976 si apre sulle note angoscianti di una colonna sonora che raggiunge, già alla fine dell’anno precedente, la posizione numero uno in Italia. Stiamo parlando di PROFONDO ROSSO e dei Goblin. Quattro ragazzi giovanissimi che hanno avuto la fortuna di incappare in un motivo diventato famosissimo anche grazie al successo del film. I loro nomi sono Claudio Simonetti (tastiere), Walter Martino (batteria), Massimo Morante (chitarra - successivamente lanciatosi come solista nella casa discografica di Renato Zero, nel 1981) e Fabio Pignatelli. Ognuno di loro, sebbene giovanissimio ha già un trascorso di un certo peso alle spalle. Claudio Simonetti è il figlio del celebre Enrico, autore, direttore d’orchestra e spesso anche presentatore tv. Claudio nasce in Brasile dove il padre stava lavorando, nel febbraio 1952. A 14 anni entra al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e comincia a suonare nei primi gruppi scolastici. A 20 anni entra a far parte, insieme all’amico Walter Martino (figlio di Bruno), del complesso Il Ritratto di Dorian Gray che partecipa ad un festival pop molto noto, quello di Caracalla, a Roma. I Goblin arrivano nel 1974 ma il loro primo nome è Oliver (all’epoca i gruppi progressive e pop-rock avevano tutti nomi molto particolari e suggestivi), nel 1975 e PROFONDO ROSSO è il primo lavoro che esce a nome Goblin. La colonna sonora era stata affidata a Giorgio Gaslini ma quando Dario Argento ascoltò dei demo incisi dal gruppo chiese loro di prendere parte alla colonna sonora. Fu l’editore della Cinevox, Carlo Bixio, a presentare i giovani al regista. Erano impegnati col padre di Claudio nella registrazione del tema musicale GAMMA, colonna sonora dello sceneggiato tv omonimo che rilanciò il bravo Enrico come musicista offrendogli anche la soddisfazione di vedere un suo lavoro ai vertici delle classifiche italiane. Nello stesso momento il figlio raggiungeva la posizione numero uno! Il long playing uscì con sette titoli. In un lato quelli dei Goblin (PROFONDO ROSSO, DEATH DIES e MAD PUPPET), nell’altro quelli scritti da Gaslini (WILD SESSION, DEEP SHADOWS, SCHOOL AT NIGHT, GIANNA). Il tema principale è una fusione di jazz, atmosfere gotiche e di rock alla Yes. L’arpeggio, a detta di molti, si rifà alla famosa TUBULAR BELLS di Mike Olfield (L’ESORCISTA) ma in realtà era solo un genere musicale al quale il gruppo si era ispirato senza aver intenzione di copiare. Inspiegabilmente diventa un hit di proporzioni gigantesche che traina sicuramente il film il quale, diciamoci la verità, non è quel gran capolavoro che forse si vuol far credere! Oltre a raggiungere la cima delle classifiche italiane, PROFONDO ROSSO ebbe un grande successo anche in Canada, in Giappone e in tutto il nord Europa. Col tempo il successo si allargò perché, man mano che le case di distribuzione acquistavano la pellicola, il pubblico si interessò alla particolarissima colonna sonora tanto che fu raggiunta la cifra di 3 milioni di copie vendute in tutto il mondo.

Schola Canthorum

La Schola Cantorum, un ensemble di artisti validi ma difficili da collocare in ambito solistico, riesce alla perfezione come gruppo musicale sulla falsa riga dei Daniel Sentacruz ma con modalità e repertorio molto differenti dal gruppo in forza alla Emi. Sono al loro secondo LP, uscito in contemporanea con il singolo LE TRE CAMPANE, che insospettatamente è diventato un vero hit, tanto da comparire in men che non si dica nelle classifiche di tutti i giornali specializzati. La loro notorietà è cresciuta in maniera esponenziale nell’ultimo anno. Protagonisti dell’ultima edizione (in assoluto e in ordine di tempo) di Senza Rete, nella quale aiutano i cantanti nei cori (cantanti amici come Baglioni, Cocciante e Mia Martini) e ospiti in un buon numero di trasmissioni musicali come la riuscitissima Angeli & Cornacchie o Adesso Musica. Acquistano visibilità e fama presso il grande pubblico, all’inizio disorientato dal gran numero (dieci) di componenti del gruppo. Il primo album, COROMAGIA, era un compendio della produzione più nota della casa madre (RCA) degli ultimissimi anni. Reinterpretavano pezzi di Venditti, Cocciante, De Gregori e Baglioni ma anche LELLA, un brano presentato al Cantagiro da Edoardo & Stelio (ora confluiti nel gruppo) e amatissimo dagli interpreti di musica romanesca (viene inciso anche dai Vianella e Lando Fiorini). Alcuni nomi? Alberto Cheli, Edoardo De Angelis, Aldo Donati, Marina Arcangeli (nomi abbastanza famosi) Eddy Viola, Enrico Fusco (ex leader del gruppo beat Le Pecore Nere); le straniere del gruppo Merrill Gates e Annie Roberts (cugina di Cocciante), Gianna Giovannini e Luisella Mantovani, scoperte da Morandi il quale procurò loro l’occasione di incidere, insieme ad un’altra ragazza, per la sua casa discografica, la Mimo, col nome di Le Voci Blu. Col loro secondo LP si avviano verso una produzione propria anche se le composizioni risentono delle influenze di artisti già citati nel primo album. La canzone apripista è un vecchio successo francese, LES TROIS CLOCHES, che a suo tempo venne inciso da Edit Piaf, dai Compagnons De La Chanson e dai Platters (THREE BELLS). LE TRE CAMPANE colpisce il pubblico per il testo chiaro e semplice in cui si illustra la vita dell’uomo e le sue stagioni principali viste attraverso il suono delle campane: quello dedicato alla nascita (là cala il vento nella valle, un mattino come tanti nasce un uomo) al matrimonio (la promessa di una vita che sarà divisa in due) e della morte (un riposo tanto grande non l’aveva avuto mai). In tutte e tre le occasioni il ritornello apre con la campana del villaggio oggi suona anche per lui. Gli arrangiamenti sono di Sergio Rendine e la produzione di Paolo Dossena, autore di successo e spesso anche produttore per artisti targati RCA. Il testo è veramente bello, a tratti commovente e il successo della canzone è inevitabile. Successo che era nelle ambizioni del gruppo e dei produttori ma non in queste proporzioni. Di sicuro, il gruppo che negli anni perderà ed acquisirà componenti e subirà anche una trasformazione profonda, tanto da presentarsi negli anni novanta col nome di Nuova Schola Cantorum, non sarà in grado di ripetere un exploit del genere sebbene talento ed occasioni per bissarlo non siano mai mancati.

Van McCoy

Direttore d’orchestra, Van McCoy ha saputo volgere a suo favore la straripante moda della musica per le discoteche e il boom delle stesse. Tutto questo successo improvviso non è senza una ragione precisa. In patria Mc Coy era noto già da tempo per la sua attività di arrangiatore e compositore e la sua musica risente di influenze jazzistiche sia negli impasti strumentali che nella ritmica. La fusione coro-orchestra avviene nella maniera più logica, senza fratture nel discorso musicale. Alla fine del 1975 si fa conoscere anche in Italia con la canzone THE HUSTLE, legato al ballo dal medesimo nome, legato alle comunità latine di New York è lanciato dalla discoteca newyorchese Adam’s Apple. Questo ballo (che diverrà ultranoto, ballato da Travolta nel 1977, nel film LA FEBBRE DEL SABATO SERA) in Usa diventa un hit clamoroso e lancia alla ribalta il musicista di Washington. Il quale comincia subito a sfornare dischi a getto continuo e non avendo ancora una produzione propria, come avrà in seguito, si dedica a riarrangiare successi internazionali da discoteca adattandoli al suo stile personale. Coadiuvato dai migliori musicisti della città di New York, confeziona piccoli capolavori per un pubblico che, sebbene non avvezzo ad andare in discoteca, ama ascoltare "classici" della disco nelle proprie pareti domestiche o in macchina. Un po’ come potrebbe fare (con le dovute differenze di stile e di ritmica) un italiano come Fausto Papetti. Arrangiamenti sofisticatissimi in stile MFSB di Philadelphia (come stile musicale sono però diversi), qualche hustle (inteso come ballo) per non rinnegare il titolo principe che gli ha dato fama e denaro in abbondanza ed una serie di brani strafamosi come DOCTOR’S ORDERS, DISCO BABY (che è anche il titolo dell’album), GET DANCIN’, PICK UP THE PIECES, FIRE ed altri. Praticamente i successi da discoteca dell’annata. Inutile dire che il disco non faticherà di certo ad insediarsi nelle prime posizioni delle classifiche internazionali. Tanto è vero che la Buddah, sua etichetta precedente, ripropone un suo vecchio album, FROM DISCO TO LOVE, dove McCoy si divide in due: nel primo lato una serie di brani lenti ma comunque sempre di musica soul che ricalcano nello stile le ballate lente alla Barry White, nell’altro lato si mette al servizio di brani più ritmici ma cantati (avete presente Ray Conniff?) da coriste/i e lui al pianoforte circondato da un’orchestra che fa il suo. Il sound è datato ma il disco è comunque godibile . Ora dopo il successo del primo quarantacinque e l’uscita dell’album, Van McCoy ci riprova col nuovo singolo: THE DISCO KID (molto vicina ai modelli di THE HUSTLE) che reca sul retro CHANGIN’ WITH THE TIMES (titolo che sembra quasi autobiografico). Alla fine del 1975 Van McCoy viene nominato Top Instumental Artist e l’album vende otto milioni di copie soltanto in Usa. Van McCoy muore nell’estate del 1979 dopo averci lasciato un buon numero di brani come testamento artistico:SOUL CHA CHA, NIGHT WALK, THEME FROM STAR TREK e il citato CHANGIN’ WITH THE TIMES.

Jair Rodrigues

Personaggio nuovo per l’Italia ma famosissimo da dieci anni in Brasile è Jair Rodrigues. Jair Rodrigues acquista notorietà grazie all’inserimento del suo nome nel cast internazionale della Mostra di Musica Leggera di Venezia. Inserimento più che giusto dato l’improvviso interesse del pubblico italiano per la musica brasiliana, passione forse mai sopita del tutto per quanto il boom vero e proprio risalga addirittura alla fine degli anni cinquanta. Ma le nostre cantanti più famose non hanno mai smesso di guardare verso il Pan di Zucchero (Mina e Ornella Vanoni i più classici esempi) ed hanno periodicamente presentato in Italia brani tradotti dal brasiliano. In più, il 1975 è stato l’anno di Jorge Ben e del suo tour italiano apprezzato dalla critica e dagli spettatori dal palato sopraffino e brani come AI AI CARAMBA (da leggere con l’accento sulla a) o OS ALQUIMISTAS ESTAO CHEGANDO sono diventati molto popolari. Completamente diversi comunque i due artisti: Jorge Ben sempre proteso verso nuove sonorità da abbinare alla musica carioca, Rodrigues più classico ed esponente del samba. La canzone che ha presentato alla manifestazione e che si sente spesso per radio si chiama MARAVILHOSO E’ SAMBAR, forse uno dei titoli più commerciali e poco rappresentativi della musica di Jair Rodrigues. Jair Rodrigues De Oliveira nasce in un paesino nelle vicinanze di San Paolo e gli inizi verso la carriera musicale non sono stati molto facili. Era l’epoca della grande musica brasiliana, quando Tom Jobim e Joao Gilberto dettavano legge in tutto il mondo e i più grandi cantanti americani facevano a gara per incidere un album a fianco di uno di questi due mostri sacri. Jair conosce il successo nel 1964 con la canzone DEIXA LASSO PRA LA, una canzone divertentissima e reincisa da decine di altri artisti, brasiliani e non, come da jazzisti di fama mondiale. In pochi giorni il disco vende centomila copie e Jair comincia ad essere notato anche dalla televisione che gli affida uno show insieme ad un’altra grandissima della musica brasiliana, Elis Regina. Il programma si intitola Dois Na Bossa ed è subito un cult, tanto è vero che le registrazioni delle puntate sono anche disponibili in dvd sia sul mercato dei privati (ebay ed affini) sia in quello ufficiale. Jair, raggiunto il successo, decide di seguire una strada in particolare, quella del samba e del carnevale e ne diventa un animatore, tanto è vero che non passa anno nel quale Rodrigues non presenti un nuovo pezzo scritto appositamente per la festa più attesa dell’anno, il carnevale. La scelta di legarsi al carrozzone carnevalesco non gli porta alcuna fama internazionale come invece avviene per Chico Buarque De Hollanda, Sergio Mendes o Vinicius De Moraes. Quindi nel 1971 approda al Midem di Cannes e ottiene un clamoroso successo come cantante e come showman. Potrebbe essere la volta buona per giungere anche da noi ma in quel preciso anno il mercato italiano è già saturo di musica brasiliana: Toquinho e Vinicius sono onnipresenti e saturano il mercato italiano anche grazie alla loro conoscenza della nostra lingua e alle preziose collaborazioni che hanno (ed avranno) con cantanti italiani come Patty Pravo, Ornella Vanoni e Mia Martini. L’anno prima ci avevano provato la brasiliana Tuca, Elza Soares e Wilson Simonal ma non avevano avuto molta fortuna ( Simonal a parte). Tornando al 1975 e all’inizio di questo 1976, il 33 giri di Jair si chiama EO SO SAMBA (Io sono il samba) è il diciottesimo LP della sua carriera e contiene dodici canzoni tra cui quella presentata alla kermesse canora. Jorge Ben

Si parlava prima di Jorge Ben ed è giusto tracciarne un piccolo ritratto. Dal 1969 Jorge Ben è famoso come autore e cantante anche in Italia. Oddio, famoso è una parola grossa: diciamo che i più addentro alla musica di un certo livello lo conoscono e lo apprezzano moltissimo. Mina incide una sua canzone nel 1970 dal titolo DOMINGA (DOMINGAS in brasiliano) e la televisione lo invita in tv. E’ ospite di Speciale Per Voi, il programma di Renzo Arbore ma, nonostante che egli entusiasmi il pubblico presente in sala, il grosso del pubblico lo vede ancora come un oggetto misterioso, uno di quei personaggi che vengono presentati in tv perché capisaldi di un certo genere musicale ma duri da digerire. Jorge Ben invece è l’immediatezza e la spontaneità musicale personificata. Niente di quello che presenta è veramente prevedibile anche se poi ci si può stupire del fatto di canticchiare una sua canzone appena sentita come se l’avessimo nel dna. Lui è figlio del sedicesimo secolo, quando i primi schiavi negri arrivarono dall’Africa in Brasile e, nel tempo, la fusione tra la musica brasiliana e quella importata dagli africani diede vita ad una nuova forma musicale a metà tra il samba e la musica tribale. Negli anni sessanta a questo genere venne dato un nome forse approssimativo, afrosamba poi sfociato in tropicalismo (di cui Jorge Ben fu il leader); una geniale fusione di percussionismo africano e musica brasiliana. Il suo vero nome è Jorge Duilio Lima Menezes. Ben è il cognome della madre, di origine africana. La sua carriera comincia casualmente ad una festa studentesca quando canta MAS QUE NADA (canzone scritta da un organista chiamato Ze Maria e portata al successo in tutto il mondo da Sergio Mendes ma della quale è impossibile quantificare il numero preciso delle esecuzioni su disco) e POR CAUSA DE VOCE MENINA. Verso il 1966 insieme a Gilberto Gil, Caetano Veloso e Maria Bethania fonda il movimento Tropicalismo e i loro nomi diventano familiari a milioni di persone nel mondo appassionate di musica brasiliana. Jorge Ben compone canzoni come ZAZUEIRA e PAIS TROPICAL che forse dal nome potrebbero non dirvi niente ma se le ascoltaste sicuramente le riconoscereste alla prima nota. Nel 1966 in Usa ottiene un successo strepitoso e in Europa, come si è detto, lo ottiene tre anni dopo, passando (anche lui) dal Midem di Cannes (l’anno prima era toccato a Elis Regina che presentò UPA NEGUINHO, che fu subito tradotta per Mina col titolo ALLEGRIA). La semplicità della linea melodica unita all’idea di sperimentare sempre qualcosa di nuovo non dimenticando mai le proprie radici, avvicinandosi mano a mano ad una forma di musica popolare legata all’idea del moderno e della sperimentazione lo portano ad essere un numero uno di fama mondiale. A Roma, alla fine del 1975, dà uno spettacolo memorabile al Sistina. Difficilmente un pubblico selezionato (allora) e rotto ad ogni tipo di intrattenimento musicale si sarebbe fatto coinvolgere così tanto da un artista al punto di mettersi a ballare alla fine dello spettacolo! E al Sistina ci andava solamente un certo tipo di persone, molto esigenti e smaliziate. Ma il successo ha avuto un eco così grande che la CBS italiana dà subito alle stampe il LP JORGE BEN DAL VIVO AL SISTINA mentre negli scaffali dei negozi di dischi fanno bella mostra due album che si vendono talmente bene da essere presenti nelle zone meno calde della classifica di vendita: 10 ANOS DEPOIS e A TABUA DE ESMERALDA.

Mandrake

Continuiamo coi brasiliani in Italia e andiamo da un apprezzatissimo percussionista che si chiama Ivanir Do Nascimento ( ma come mai i cognomi dei brasiliani sono tutti uguali?) ma che è meglio conosciuto come Mandrake. In Italia dalla fine degli anni cinquanta, fa avanti e indietro con il suo paese, tanto è vero che sposa una napoletana da cui ha una figlia. Doveva rimanere venti giorni ma è qui da 15 anni. Cugino di Pelè, collabora da anni con musicisti italiani, cantanti e direttori di orchestra. Nel 1959 suona in Brasile con Enrico Simonetti, che allora vi si era trasferito (la notorietà televisiva come presentatore e direttore d’orchestra arrivò a metà anni sessanta) e gli viene dato il nome di Mandrake, perché Simonetti, in un programma televisivo, dove eseguiva musica su temi prestabiliti, cercava nel gruppo qualcuno che si potesse vestire da Mandrake perché era la sera in cui si parlava di magia. L’unico ad avere i baffi era lui e così diventò Mandrake. Suonare le percussioni è il suo mestiere e lo fa talmente bene che dopo aver accompagnato negli ultimi tempi Toni Esposito (altro tipetto che con le percussioni ha un conto aperto) e i Perigeo incide un album in cui presenta brani quasi tutti non suoi anche perché si ritiene un esecutore e non un compositore. Durante le sue esibizioni del vivo fa cose particolari come far alzare il pubblico in piedi per un assolo di percussioni e che poi lo applaude come segno di riconoscimento e rispetto per essere presente. Il 1976 lo vedrà spesso in tv nell’orchestra di Irio De Paula e anche nei dischi di famosi artisti italiani che lo vogliono assolutamente alle percussioni nei loro lavori a 33 giri. Una delle più affezionate a Mandrake è Ornella Vanoni; un direttore d’orchestra che lo stima in modo particolare è Gianni Ferrio. Mandrake torna in Italia nel 1970 insieme a Irio De Paula e Alfonso Veira, quando arriva Elza Soares, in Italia in tournèe e anche al Cantagiro. Finiti gli impegni, la Soares se ne torna in Brasile ma il trio (chiamato anche Trio Balanço) resta a Roma. Dopo aver suonato moltissimo al Folkstudio e aver accompagnato altri artisti di lusso al Sistina, nel 1972 incidono un LP, che coincide con l’ingresso nel gruppo di Giorgio Rosciglione al basso. A loro l’onore di inaugurare la collana Jazz A Confronto che fra l’altro conteneva le note di Enrico Simonetti, il vecchio amico ritrovato. Ora Mandrake esce sul mercato con un suo LP, intitolato SOMBOSSA che presenta un gruppo ormai disciolto. Tre dei musicisti sono andati via per formare a loro volta un gruppo di ispirazione brasilian-jazz, già comunque sostituiti da altri strumentisti validi, tra cui un congolese.

Ombretta Colli

Disco femminista e d’impegno per Ombretta Colli. Sono anni che si batte per i diritti delle donne sia partecipando ad azioni collettive sia con canzoni ironiche e polemiche (LA REGINA DELLA CASA,TUTTE LE VOLTE). Ora ci prova con un album intitolato UNA DONNA, DUE DONNE,UN CERTO NUMERO DI DONNE. Ha chiesto al marito una collaborazione così come l’ha chiesta all’amico Umberto Simonetta. Oltre ad essere una bella donna la Colli ha anche una fervida intelligenza ed un senso dell’umorismo molto spiccato. Il disco, edito dalla Fonit Cetra, è dedicato alla figlia Dalia e vi si legge: nella mia vita non ho mai fatto cose di cui essere particolarmente orgogliosa e neanche di questo disco lo sono. Comunque qui c’è un tentativo di dire di più e spero apprezzerai lo sforzo. Ascoltami con attenzione non perché io voglia insegnarti qualcosa (ho già rinunciato da tempo) ma perché attraverso questo disco mi conoscerai un po’ di più. I temi del LP ruotano naturalmente intorno al tema donna. Si va dalla dissacrazione del mammismo al servilismo erotico, dalle convenzioni matrimoniali ai rapporti extra coniugali. Il tutto espresso in maniera divertente e con musiche gradevoli tanto da far accettare questi proclami in musica anche a chi, per costituzione, li odia (chi scrive, ad esempio). Molto indicativo è un titolo E POI HAI ANCHE IL CORAGGIO DI CHIAMARLO AMORE in cui si rimprovera al compagno o marito il bisogno di rovesciare i propri problemi, paure, angoscie, drammi ed impotenze (fisiche e non) addosso alla donna tanto che lei si chiede giustamente con che coraggio lo si chiama amore. Cerca di sintetizzare il ruolo che spesso si vorrebbe dare alla donna, una specie di porto-rifugio-mamma nella quale l’uomo trova conforto. Senza chiedersi se la stessa cosa potrebbe volerla la donna. Oppure nel brano in cui si mette alla berlina il gallismo maschile: mentre lui le sta parlando di cose che lei giudica molto sensate (in senso ironico) il suo sguardo indugia tra le coscie. Mentre le fa dei discorsi importanti con frasi appropriate e corrette i suoi occhi si posano nella scollatura della camicetta. Il brano in questione è intitolato IL MIO CORPO. Molto carina è LE TORTURE, canzone recitata che dice pressappoco così: si racconta in un libro che in una tribù primitiva ogni donna portava nascosto un oggetto ben legato alla schiena e appeso davanti al collo che le toglieva il respiro e le scchiacciava il petto. Hai presente il reggiseno? Praticamente uguale. E via di questo passo, paragonando oggetti di tortura ad oggetti di uso comune per la donna. Naturalmente la Colli non parla per sé. Lei è una donna affermata, con un marito intelligente ed una madre soddisfatta. Si preoccupa però di tutte quelle altre donne che sono vittime di soprusi od ingiustizie sociali. Una realtà che non la riguarda ma che la colpisce come essere umano. Potrebbe fare la diva e frequentare la Milano bene ed invece scende in piazza insieme alle femministe a bruciare i reggiseni o a scandire slogan ormai diventati famosi. Sceglie questo momento particolare per incidere il disco perché ha abbastanza visibilità in quanto reduce da una trasmissione di successo al fianco di Paolo Villaggio (GIANDOMENICO FRACCHIA) e prossima protagonista di RETE TRE insieme a Gianni Morandi nella quale trasmissione presenterà alcune delle canzoni proposte nell’album. Che comunque, dati i temi, non avrà un grande riscontro commerciale e che non è neanche facile a trovarsi. Il costo del vinile nelle varie mostre dovrebbe aggirarsi tra i 30 e i 50 euro.

Gabriella Ferri

Forte della pubblicità avuta grazie alla trasmissione televisiva MAZZABUBU’, Gabriella Ferri incide un album che reca tutte le canzoni presentate in tv tranne, cosa davvero strana, la sigla finale, la tristissima (ma bellissima) ..E CAMMINA, parabola sulla vita e sulla caducità delle cose che la contraddistinguono. La firmano Castellacci, Pingitore e Franco Pisano (gli stessi autori di SEMPRE). A guardar bene, non è presente nemmeno la sigla di apertura della trasmissione, MAZZABUBU’. Né su singolo né su LP. Altro mistero, perché il 33 giri si chiama con lo stesso nome della trasmissione e della sigla omonima. Nel disco ci sono invece classici della canzone italiana diventati noti grazie ad altri interpreti nei decenni precedenti. La Ferri ha l’intelligenza di riproporli in versione del tutto personale trasformandoli completamente e plasmandoli a propria immagine e somiglianza. Cosi IL TUO BACIO E’ COME UN ROCK diventa quasi una parodia della canzone di Celentano. Delle volte, difatti, Gabriella Ferri esagera un po’ anche in sguaiatezza. MALAFEMMINA di Totò avrebbe forse avuto bisogno di un’interpretazione intimistica rispetto a quella che le viene confezionata, ma si percepisce comunque che è l’espressione di una grande artista . La scelta dei pezzi è obbligatoria nel senso che devono rispecchiare gli anni presi in considerazione nella trasmissione tv, che è il seguito della strafamosa DOVE STA ZAZA’, andata in onda nel 1973. Gli anni sono quelli che vanno dal 1950, momento dell’Anno Santo, alle olimpiadi di Roma del 1960. Altri titoli (presentati anche in tv sebbene non tutti) sono A LUCIANA e VOLA PENSIERO MIO che completano gli inediti insieme a ..E CAMMINA. Poi ERI PICCOLA COSI’, TU VUO’ FA’ L’AMERICANO, VECCHIA ROMA, MARUZZELLA tra i titoli già noti nelle versioni originali. Ad affiancarla i soliti Pippo Franco, Oreste Lionello, Gianfranco D’Angelo ed Enrico Montesano. La regia è di Antonello Falqui. Nella prima puntata la Ferri canta MALAFEMMINA e LUNA ROSSA. Una canzone è da studio, un’altra ci fa vedere una Ferri in giro per Roma vestita da scena (la divisa rossa che porta anche nella sigla finale). Ad esempio, CASETTA DE TRASTEVERE dovrebbe, come vorrebbe il titolo, essere ambientata a Trastevere. Ed invece viene ambientata a Spinaceto, quartiere satellite romano. IL TUO BACIO E’ COME UN ROCK viene girata al Palazzo dello Sport dell’Eur. Scelta anticonvenzionale anche nella ricerca degli esterni. Per una volta non la Roma da cartolina, troppo scontata. Gabriella Ferri è anche coinvolta in un film insieme ai suoi due co-protagonisti della trasmissione televisiva, cioè Montesano e Pippo Franco. Il film si intitola REMO E ROMOLO, STORIA DI DUE FIGLI DI UNA LUPA, dove la lupa è proprio lei, Gabriella. Castellacci e Pingitore sono dietro alla sceneggiatura del film che altro non è se non una trasposizione cinematografica di un’opera che non avrebbe sfigurato al Salone Margherita o al Bagaglino, dato che è impostata secondo i criteri classici del cabaret (anche televisivo): battute a raffica e una consistente satira. Il film non è un capolavoro ma gli interpreti sono davvero bravi e sono aiutati anche da un redivivo Maurizio Arena, da una quasi dimenticata Maria Grazia Buccella, da un simpaticissimo Bombolo oltre che dagli altri due protagonisti di MAZZABUBU’ e cioè Lionello e D’Angelo.

Revival

Il boom delle vecchie canzoni sta vivendo una nuova stagione, dopo quella del 1967-68. A parte la Ferri e la sua trasmissione televisiva e album connesso, anche il cinema sta volgendo lo sguardo al passato sia come titoli sia come colonne sonore all’interno dei film stessi. Da DIVINA CREATURA film con canzoni di Cherubini e Bixio a TELEFONI BIANCHI. Per non parlare dei titoli dei film: A MEZZANOTTE VA LA RONDA DEL PIACERE, C’ERAVAMO TANTO AMATI (primo verso di COME PIOVEVA), AMORE VUOL DIRE GELOSIA (frase tratta da TANGO DELLA GELOSIA), SON TORNATE A FIORIRE LE ROSE o UNA SERA CI INCONTRAMMO (ancora saccheggiata COME PIOVEVA). La canzone italiana non rimane a guardare e sta investendo denaro e artisti nella rivalutazione di canzoni che appartengono al passato. La Vanoni trasporta in samba le atmosfere napoletane di ANEMA E CORE aiutata da Vinicius e Toquinho. Renato Carosone, che aveva dato l’addio alle scene nel 1960, torna in sella in estate con lo spettacolo dato alla Bussola e trasformato poi in 33 giri (CAROSONE ’75). Gianni Nazzaro incide un LP intitolato C’ERA UNA VOLTA IL NIGHT dove presenta canzoni del repertorio di Marino Barreto jr e Fred Buscaglione. Fred Bongusto, personaggio da night all’epoca trattata da Nazzaro esce con un nuovo LP dal titolo ITALIAN GRAFFITI. In disparte da qualche anno, Bruno Martino incide quattro LP in cui ripropone alcune tra le più belle melodie americane degli anni quaranta e cinquanta. Le classifiche a quarantacinque giri sono piene di vecchie-nuove canzoni come la stessa LE TRE CAMPANE di cui si parlava prima, COME PIOVEVA (I Beans) TU CA’ NUN CHIAGNE (Il Giardino Dei Semplici) o le hit dell’estate come PARLAMI D’AMORE MARIU’ ricantata da Mal o anche (se vogliamo) REACH OUT I’LL BE THERE di Gloria Gaynor, lanciata in un passato non tanto remoto dai Four Tops.

Novità discografiche

Uno che ci marcia nel riproporre un personaggio d’altri tempi, anche grazie alla straordinaria somiglianza fisica col suo genitore è Christian De Sica, che presenta una canzone tratta dalla trasmissione televisiva di cui è protagonista insieme a Mia Martini, Gino Paoli, Riccardo Cocciante, Gigliola Cinquetti e Gianni Nazzaro e cioè LA COMPAGNIA STABILE DELLA CANZONE CON VARIETE’ E COMICA FINALE. Il singolo, edito dalla Rca si intitola L’ELEFANTE NON DIMENTICA (di Alberto Testa e di Vito Tommaso) e reca sul retro la canzone molto retrò (a partire dal titolo) ALCOVA che per l’appunto è una vecchia canzone di Bixio e Cherubini. E’ il momento delle canta-attrici: un manipolo di dive dello schermo (o ex dive) ci prova davanti ad un microfono. Risultati scoraggianti in termini di vendita ma interessanti dal punto di vista collezionistico (soprattutto perchè le quotazioni sono ancora basse). Ursula Andress incide un disco e si affida a Renato Pareti e a Cristiano Malgioglio che le confezionano su misura un brano erotico-parlato che si chiama AMANTI. E’ un dialogo tra una donna esperta e un ragazzo giovane ed esuberante. Il ragazzo lo interpretà il giovane Miguel Bosè, ventenne all’epoca dell’incisione. La quale madre Lucia, nel frattempo ha debuttato in Spagna con AMORE AMARO come autrice di canzoni, interpretata da Camillo VI (sesto). Altra attrice prestata al microfono è Virna Lisi, trascinata in sala d’incisione da Anthony Quinn (non nuovo ad escursioni canore) che cercava una partner per il disco FINISCE QUI, duetto canoro di Shel Shapiro e Andrea Lo Vecchio, un brano abbastanza insolito e lungo. Due facciate in cui si narra una storia d’amore. Antonella Lualdi, all’epoca compagna di vita di Stelvio Cipriani, incide la canzone tema dello sceneggiato tv DOV’E’ ANNA, proprio di Cipriani, che fino a quel momento era edita solo come tema musicale strumentale ed incisa proprio dall’autore su dischi RCA. Il tema principale ottiene un buon successo commerciale su 45 giri soprattutto grazie alla spinta televisiva. Successo che non viene bissato dalla versione cantata dalla bella attrice (che tra l’altro non canta neanche male) su testo di Cassella, collaboratore di Cocciante e molti altri. Altra attrice televisiva, e moglie di Claudio Lippi, è Laura Belli. La protagonista di HO INCONTRATO UN’OMBRA e di GAMMA incide un disco per la Ricordi. Incide PER che in precedenza era stata incisa dalla Vanoni. Laura Belli non ha una gran voce, ma riesce ad essere interessante ed incisiva. Il suo ovale che ricorda vagamente Marisa Sannia la rende simpatica al pubblico ma il disco non vende granchè, nonostante la bella canzone (di Lo Vecchio e Shel Shapiro) che nella versione della Vanoni era logicamente un’altra cosa. Cosa curiosa, una cantante fa il percorso inverso. Si tratta di Carmen Villani che si diletta in film scollacciati, tanto che il suo ultimo film LA SUPPLENTE è stato vietato ai minori di 18 anni. Carmen non è nuova ad exploit del genere. Nel 1975 ha girato ANIMA MIA (niente a che vedere, naturalmente, con l’omonima canzone), L’AMICA DI MIA MADRE, la già citata LA SUPPLENTE ed ora sta girando LINGUA D’ARGENTO. Il nome è già tutto un programma!

Zarrillo

Primo disco da solista dell’ex componente del gruppo progressive Semiramis, Michele Zarrillo che per questo disco si fa chiamare Andrea Zarrillo. Vent’anni, lavora ai mercati generali e appena può si dedica alla musica, la sua grande passione. Suona la chitarra da quando ha dodici anni. Per lui la grande occasione arriva insieme alla prima esperienza professionistica con il gruppo dei Semiramis, col quale fà il suo esordio al Festival Pop di Villa Pamphili nel 1972 che dal 25 al 27 maggio 1972 accolse oltre 60 gruppi musicali tra cui il Banco del Mutuo Soccorso, i New Trolls, gli Stormy Six, l’Era D'Acquario, I Latte e Miele, e artisti come Francesco De Gregori e Claudio Rocchi. Ma di gruppi di quel genere in Italia, che bazzicavano quell’area nello stesso periodo ce ne sono a bizzeffe. E dopo un disco d’esordio dal titolo DEDICATO A FRAZZ, nel 1973, il complesso si scioglie. Del gruppo faceva parte anche un altro giovane autore che negli anni ottanta avrebbe tentato la strada solistica, Giampiero Artegiani, per poi diventare autore. Zarrillo tira allora fuori dal cassetto le sue canzoni che sono totalmente differenti come struttura da quelle presentate coi Semiramis. Canzoni composte nei momenti di pausa tra le varie serate e il suo lavoro ai mercati generali. Canzoni che sembrano uscir fuori da un libro di Pasolini, che trattano di esperienze di borgata, di sogni mai avverati. Zarrillo sta preparando il suo esordio come solista quando lo vengono a cercare i ragazzi de Il Rovescio Della Medaglia che sono rimasti senza cantante. Debutta con loro a Genzano ma dentro gli resta la voglia di realizzarsi individualmente. Si stacca dal gruppo e pubblica il suo disco d’esordio, che si intitola MALEDETTA SIGNORA, e lo incide per l’Aris, la casa discografica per la quale lavora anche la sua grande amica Daniela Davoli. Il singolo è una rabbiosa requisitoria su una signora già matura che l’ha fatto innamorare (tema già usato nella canzone). Teso e vibrante è un bel dischetto, anche se certe volte si notano ingenuità nel testo che scade con un linguaggio semplice o volutamente (e quindi falso) trasgressivo. La voce è possente e bella, roca come vuole la moda (Cocciante e Drupi). Il disco ottiene successo e la Rai lo fa esordire in due programmi tv: SE e nella trasmissione condotta da Memo Remigi dedicata alle nuove leve della canzone il titolo è UN PO’ DI CUORE E UN PO’ DI RABBIA.

Yvonne Fair

Un altro nome, nuovo per il pubblico italiano, circola insistentemente nell’ambiente. E se ne dice un gran bene: è quello di Yvonne Fair, anche lei miracolata dalla Mostra di Venezia, nella quale ha presentato un bellissimo pezzo che sebbene ricordi un po’ troppo STAND BY ME (cosa che non è necessariamente un difetto), rimane sempre una gran bella canzone, eseguita in maniera splendida da una voce particolare (in alcune sfumature sembra Tina Turner) e molto molto calda. Il titolo è IT SHOULD HAVE BEEN ME. E’ l’ultimo, in ordine di tempo, personaggio lanciato dalla Motown e dal grande Norman Whitfield, factotum della casa di Detroit. Lei esordisce nel 1975 con l’album dal titolo inequivocabile THE BITCH IS BACK ma il suo nome è legato al film THE LADY SINGS THE BLUES nel quale interpretava la parte di una cantante di night. Nata in Virginia ma cresciuta in arte a New York come sempre accade in questi casi, comincia a cantare fin da bambina e giovanissima entra in un gruppo femminile che rifaceva il verso alle Supremes, le Chantels. Incontra James Brown che la vuole come corista negli spettacoli dal vivo ma l’irruenza e la forte personalità del cantante lasciano pochissimo spazio al resto che rimane un "contorno". Whitfield la nota e le dice di piantare tutto e di andare a Detroit dove, oltre a diventare cantante di punta, si occupa anche del management della casa diventando una coordinatrice del "parco macchine". Ora non sappiamo quanto sia stata valida come dirigente ma di certo possiamo giudicare da un paio di LP editi qua da noi quanto lo sia stata come cantante. Purtroppo Yvonne Fair muore dopo una lunga malattia nel 1994, quando aveva già abbandonato la carriera artistica.

Sandokan

Nel 1968 era toccato a Bekim Femiu, l’interprete dell’Ulisse televisivo. Gli esperti prevedevano un successo simile, ma in realtà sbagliavano di grosso. Il successo dello sceneggiato tv è talmente grande che sembra inarrestabile. Addirittura se ne arriva a parlare al telegiornale, dopo appena una puntata. E, badate bene, in quel periodo non esistevano spot ad hoc per trainare programmi televisivi della stessa rete del TG che li ospitava. A metà gennaio un'interruzione dei programmi per inserire un’annuncio pubblicitario con attori e regista (Sollima) sotto la guida di Lello Bersani. Il giorno dopo una conferenza stampa in Rai con proiezione delle prime due puntate con la presenza di Adolfo Celi e Carole Andrè. Si sta assistendo ad una vera e propria invasione salgariana e pubblicitaria di larghissimo respiro, una delle classiche operazioni industriali pronte a cavalcare la tigre del successo. In questo caso, quella della Malesia. Il fenomeno ha assunto aspetti macroscopici soprattutto a Roma dove la permanenza del Sandokan televisivo è stata punteggiata da manifestazioni di divismo tipiche di altri tempi. La comparsa di Sandokan in tv è coincisa con un periodo davvero dei più bui della storia italiana. Il 1975 è stato uno degli anni più difficili dal dopoguerra ad oggi. Tra uccisioni per motivi politici o a scopo di rapina, tra sequestri lampo (il marito della Caselli riesce a scampare per un soffio ad un sequestro) che finiscono con l’uccisione dell’ostaggio e con un governo instabile finisce che l’italiano medio decide di costruirsi una propria isola privata, un rifugio mentale, meglio ancora se animato dai fiabeschi personaggi salgariani. Perché i libri di Salgari sono da decenni a disposizione nei negozi ma da anni non se ne vendevano quasi più. Era roba superata. In più i ragazzi tra gli otto e i dodici anni, nel 1976, preferiscono leggere i fumetti erotici piuttosto che un libro d’avventure, di quelli veri, senza le figure. Sandokan è un eroe positivo ed è quasi normale che i bambini ricorrano a lui, visto che la società dell’epoca (ma anche quella odierna) presenta solo eroi negativi, meglio ancora se con la P38 impugnata nella destra.
Cosa succede a Roma quando Kabir Bedi decide di far visita ad una scuola e presenziare ad una proiezione dello sceneggiato tv in un cinema? Al Montezebio, cinema parrocchiale davanti al Delle Vittorie, un migliaio di persone invitate dalla Rai riescono a vedere Kabir dal vero, che per l’occasione sfoggia un guru bianco, accompagnato dalla sua donna e da Carole Andrè, la Perla di Labuan dello sceneggiato, più Adolfo Celi (Brooke) e Philippe Leroy (Yanez). Per Kabir Bedi, riuscire ad attraversare il palco diventa un impresa molto più ardua che transitare a piedi nella foresta della Malesia: ragazzini che gli si attaccano alle gambe come scimmie indiane, che gli presentano album di figurine da autografare, mamme che lo sbaciucchiano e lo palpeggiano spudoratamente lanciandogli contro i figli come mossa di distrazione. Chi scrive era uno dei fortunati(?) presenti insieme a fratellino di 5 anni e baby sitter, la quale praticamente si era dimenticata del suo ruolo di tutrice e si era avvinghiata all’indiano tipo "patella" su uno scoglio. L’apoteosi, quando sullo schermo appare forse la scena più famosa dello sceneggiato, cioè la lotta tra Sandokan e la tigre. Si tratta di un volo incrociato, al rallentatore, nel quale il nostro, passando abilmente sotto la tigre con la scimitarra, le trancia il ventre facendola secca. Bella scena e urli entusiastici dei bambini presenti. ADESSO MUSICA, che solitamente si occupa solo di musica leggera e classica, registra un servizio sull’attore in Rai con l’occasione di una conferenza stampa dell’attore indiano. Fuori dai cancelli alcuni agenti cercavano di trattenere una folla immensa di ragazzine che hanno preferito presentarsi in Via Teulada piuttosto che davanti ai cancelli della scuola. All’interno della Rai la folla non era più piccola di quella che premeva fuori. Se qualcuno avesse provato a telefonare probabilmente non avrebbe avuto alcuna risposta. La Sandokanmania ha raggiunto tutti, dai funzionari di ogni grado alle segretarie, dai collaboratori alle donne delle pulizie. Tutto l’organico televisivo era presente nella sala dove si è svolta la conferenza stampa di Kabir Bedi. Il quale era completamente coperto dai fotografi. Quando questi si sono ritirati per permettere l’inizio della conferenza un ooohhh lungo e prolungato è uscito dalle bocche dei presenti. Kabir Bedi è apparso agli astanti in tutto il suo splendore, quasi come la Madonna a Fatima. Stessa cosa accade a Centocelle, alla scuola Guglielmo Marconi, quando lui, con scarsa prudenza, va a presenziare ad una mostra di disegni sul tema Sandokan. Deve intervenire la polizia e portarselo via in volante. Ciò che più stupisce sono le gomitate che si danno preti e suore ad Assisi per un suo autografo, come testimoniano anche i quotidiani. Della serie "non c’è più religione". Vittorio Salvetti, patron del festival di Sanremo gli chiede di intervenire, ma l’attore indiano chiede 21 mila dollari e Salvetti gli risponde di no. Nel frattempo però lui, che ha ormai mangiato la foglia, registra un 45 giri strappacuore sullo stile di Alberto Lupo. Il titolo in cui sussurra con voce profonda e suadente parole d’amore (in lingua inglese) è I’M ON THE WAY TO YOUR HEART.

PDU

La PDU, casa discografica di Mina, che negli anni precedenti si è occupata di musica a 360 gradi, dal jazz alla classica, dalla strumentale al folk, ha privilegiato però, nella musica leggera, soltanto un certo tipo di musica, forse più commerciale sebbene di discreto livello (Domodossola e Marisa Sacchetto) ma anche sonori fiaschi (Anita Traversi o Giuliano Girardi). Con la fine del 1975 qualcosa cambia. Gli sforzi della casa discografica saranno quindi rivolti verso la realizzazione di prodotti che abbiano potenzialmente una buona commerciabilità ma senza venir meno alla qualità che da sempre contraddistingue i prodotti PDU sia musicalmente che graficamente. E’ di questi tempi l’ingresso in scuderia di Mario Guarnera, cantante della fine degli anni sessanta (conosciuto anche col nome di Papete) che dal 1968 era fuori dal giro che conta. Guarnera è, adesso, completamente diverso. Ha rinnovato il suo modo di scrivere e di proporsi anche perché i tempi, rispetto alle sue prime esperienze datate 1966-67 sono molto cambiati. Incide un bel disco dal titolo ADRIANA E NOI, la cui traccia principale (ADRIANA) viene proposta anche in 45 giri e presentata ad ADESSO MUSICA. Ma la PDU non si limita alla produzione italiana. I Popol Vuh incidono la colonna sonora del film AGUIRRE. Questo gruppo indubbiamente particolare viene fondato da Florian Fricke nel 1969. Il nome viene preso a prestito dalla terminologia maya. Difatti Popol Vuh è il libro dei morti maya. La loro musica, che amano definire cosmica, attinge a temi religiosi con citazioni da testi sacri di tutto il mondo, da immagini del Rinascimento europeo, dell’esoterismo etc. Questo tanto per voler rafforzare l’opinione che la PDU è scevra da qualsiasi pregiudizio musicale. Far incidere dischi di questo genere significa andare contro ogni regola commerciale ma la sperimentazione e il voler osare sono due caratteristiche obbligatorie per far crescere un’azienda. Se non altro di fama.

Radio Montecarlo

Come è facile intuire, la classifica riportata ad inizio articolo non è l’unica del periodo preso in considerazione. Ci sono decine di classifiche, diverse l’una dall’altra, a secondo dei negozi interpellati o dalle società di rilevazione. Ad esempio, una particolarmente interessante e di difficile reperimento è quella che Radio MonteCarlo trasmetteva settimanalmente e che, se non altro per confronto con quella in apertura, vogliamo qui pubblicare. Le canzoni, bene o male, sono le stesse. Diverse le posizioni e spesso, anche gli artisti presenti. La classifica relativa al periodo 22-28 gennaio annunciata a Radio MonteCarlo è la seguente:
1)LILLY – ANTONELLO VENDITTI
2)UN’ALTRA VOLTA CHIUDI LA PORTA – ADRIANO CELENTANO
3)PAGLIACCIO – GLI ALUNNI DEL SOLE
4)LA LUNA – ANGELO BRANDUARDI
5)NEGRO – MARCELLA BELLA
6)HURRICANE – BOB DYLAN
7)IL MAESTRO DI VIOLINO – DOMENICO MODUGNO
8)BORN TO RUN – BRUCE SPRINGSTEEN
9)NINNA NANNA – I POOH
10)UN ANGELO – I SANTO CALIFORNIA

Calcio

La violenza nel calcio non è storia degli ultimi tempi. C’è sempre stata (le classiche scazzottate già facevano capolino negli anni trenta o quaranta anche se non venivano mai bollate come vera violenza) ma diventa una prassi negli anni settanta. A gennaio, per esempio, si sa di scene di guerriglia urbana a Roma e Genova. Roma-Juventus finisce 0 a 1 a favore della Juve grazie anche all’arbitraggio a dir poco scandaloso dell’arbitro di Bassano Del Grappa Luigi Agnolin. Che poi è lo stesso che alla Domenica Sportiva di qualche settimana fa rimproverava a Di Canio di essersi comportato da provocatore in occasione del derby (e chi scrive è romanista!). Forse si era dimenticato quanto lo fosse stato lui all’Olimpico, negando 4 rigori grandi come una casa ai romanisti (tre falli di mano in area di Morini, Scirea e Furino a dir poco clamorosi più un atterramento di Causio a Spadoni in area juventina). Risultato, lacrimogeni in curva Sud e gente impazzita che comincia ad ammassarsi verso le uscite perché l’aria era diventata irrespirabile. E l’Olimpico, come sempre, era tutto esaurito (80 mila spettatori). I danni causati alle infrastrutture dello stadio sono ingenti. Nei w.c non c’è più nulla di utilizzabile perché tutto è stato scardinato e lanciato verso le forze dell’ordine e in campo. I feriti alla fine saranno 31. Ma già in mattinata la giornata era partita col piede sbagliato: 4 autobus distrutti e spranghe, bulloni di ferro e bottiglie di vetro erano state sequestrate. Un diciassettenne arrestato perché trovato in possesso di una pistola. Aggiungete che la Juventus aveva fatto solo due tiri in porta...

A Genova invece si giocava Sampdoria-Inter e per un goal annullato al blucerchiato Rossinelli (che aveva segnato il 2 a 2), un invasore raggiunge l’arbitro fiorentino Giulio Ciacci e lo colpisce con un pugno in faccia mettendolo ko ad un minuto dalla fine. L’arbitro Ciacci non è nuovo a questo genere di proteste. Durante un Milan-Torino, un quindicenne l’aveva offeso per tutta la durata della partita tramite un megafono invintando la folla a seguirlo. Ciacci lo querelò. L’invasore viene subito imitato e una folla di tifosi sampdoriani si riversa sul prato di Marassi incendiando anche la porta difesa da Ivano Bordon, estremo difensore interista. Anche a Torino lamentele, questa volta del pubblico laziale: il Torino (che poi avrebbe vinto lo scudetto) era in vantaggio di 2 a 1 sulla Lazio con goal di Pulici e Graziani. Re Cecconi aveva accorciato le distanze al 71’. Al 90’ clamoroso atterramento in area di Garlaschelli da parte di Graziani e l’arbitro nega un rigore grande come una casa. I laziali, che non sono certo tipi da porgere l’altra guancia, movimentano un po’ il fine partita.

Sanremo

Novità da Sanremo ’76. Pare che quest’anno Sanremo debba tornare agli antichi splendori. Il patron Vittorio Salvetti dopo un incontro tra i dirigenti Rai e i rappresentanti del Comune di Sanremo si dice ottimista per le tre serate televisive. Ancora non si conoscono ufficialmente i protagonisti musicali della manifestazione ma Salvetti si è assicurato qualche nome di grosso richiamo come Sandro Giacobbe, il duo Wess & Dori Ghezzi, la rivelazione dell’estate ’75 Paolo Frescura, Drupi (vincitore del Festivalbar). Tra i cantanti tradizionali dovrebbero essere del gruppo Di Capri e la Berti. Tra quelli che avevano detto nì e che poi hanno ritirato la candidatura ci sono Gli Alunni Del Sole, Julio Iglesias, Marcella, Schola Cantorum. In realtà tutto viene ridimensionato qualche giorno dopo. La Rai accorda al festival solo la serata finale, ancora scottata dall’insuccesso clamoroso del festival dell’anno precedente, quando per festeggiare (?) il venticinquennale si è voluto creare un cast da corte dei miracoli dove i soli due nomi noti al pubblico erano Angela Luce e Rosanna Fratello. Ma la Rai sbaglia, perché questo sarà un buon festival con un livello di canzoni più che sufficiente. Le novità non finiscono qui: la gara è strutturata a squadre. Partecipano sei squadre con cinque cantanti ciascuna ed ogni squadra avrà un caposquadra. I cinque cantanti verranno votati dal pubblico che ne sceglierà due per serata. Il caposquadra andrà di diritto in finale. Questo diritto fa sì che anche i big accettino di partecipare ma non dovranno limitarsi a cantare ma anche presentare e chiamare a raccolta padrini ed ospiti d’onore. Praticamente come succedeva nella Canzonissima 1967-68 che si chiamava PARTITISSIMA. Altra novità è l’abolizione della commissione d’ascolto. La scelta è soltanto di Salvetti in base a quanto i vari capisquadra presenteranno. Poi non ci sarà più la giuria in sala ma si ritornerà alla giuria popolare nelle sedi dei vari quotidiani. Eliminata l’orchestra per le più comode basi musicali. Il 21 febbraio si vedrà quanto sia stata realmente valida questa formula. Le squadre sono: Endrigo-Di Capri, Giacobbe-Camaleonti, Drupi-Daniel Sentacruz Ensemble, Wess & Dori Ghezzi-Orietta Berti, Ricchi & Poveri-Frescura. Naturalmente con altri quattro cantanti o gruppi in squadra. Polemica tra Salvetti e Claudio Villa. All’inizio di gennaio il cantante si presenta dal patron del festival e gli dice di voler mettere a sua (di Salvetti) disposizione e a quella della rinascita del festival la propria popolarità e quello che ha rappresentato per Sanremo. Salvetti dice sì perché ha in mente una squadra di cantanti all’italiana, magari non propriamente in auge, come Villa, la Berti e Reitano. Reitano chiede di essere caposquadra e Salvetti lo esclude. Villa si presenta a Salvetti con una canzone dal titolo SERENATA AL MIO PADRONE che recitava così: quanta fame c’è nel mondo, o padrone rubicondo. Imbarazzante è dir poco. Il tempo passa e Villa è sempre più convinto di partecipare al festival tanto che manda un telegramma a Salvetti in cui comunica la sua partecipazione a Sanremo come testa di serie ma non ottiene nessuna risposta. Per di più non invia neanche il disco (che non ha fatto) ai responsabili della manifestazione. Persone vicine al cantante gli dicono di non aver visto il suo nome nella lista sanremese e gli suggeriscono di far fare una telefonatina per parte del suo partito di riferimento all’epoca (il PCI) per una raccomandazione. Reitano, in fondo, sembra abbia scomodato persino un cardinale. Intanto cambia il titolo con il più accomodante SERENATA DI ROTTURA. Quando capisce che non farà parte della brigata sanremese tenta con la carta dell’ospite d’onore. In fondo, Modugno è l’ospite della manifestazione ed anche il presentatore della finale. Perché non lui, che in fondo ha vinto quattro festival (come Modugno)? Salvetti gli concede la quarta serata sanremese, organizzata dalla FAO per la fame nel mondo ma Villa non ci sta e manda a dire all’organizzatore "se lo trovo gli spacco...” etc etc. Tipica smargiassata alla Claudio Villa. Sanremo 1976 si farà senza la sua canzone che nell’inciso recita sommi versi (non dobbiamo dimenticarceli) come o padrone rubicondo. Che sia dedicata a Salvetti? La stazza c’è...

Era nato nel 1893 Checco Durante, ultima voce del teatro romanesco (ma famoso in tutt’Italia) che si spenge nella clinica Salvator Mundi in seguito ad un collasso cardiaco. Era stato ricoverato per difficoltà respiratorie. Autore, poeta ed attore, conobbe Petrolini nel 1918 di ritorno dalle trincee del Carso e divenne un collaboratore assiduo del famoso attore romano. Nel 1928 creò un teatro stabile romanesco e nel 1933 una propria compagnia, nella quale figuravano anche la moglie Anita e le figlie Leila e Luciana. L’ultima soddisfazione l’ebbe nel 1975 quando ad 82 anni, il comune gli dedicò una serata d’onore al Quirino. Quella sera non c’era un solo posto libero e sotto il suo sguardo sfilavano i più bei nomi del teatro italiano e romano venuto a rendergli omaggio. Ai suoi funerali anche Aldo Moro, presidente del consiglio dimissionario (7 gennaio) dopo il ritiro dei socialisti di De Martino dalla maggioranza.

Christian Calabrese