Elezioni 1983
"Siamo la terra di nessuno". E' questo il commento più azzeccato del
dopo elezioni italiano. Hanno perso tutti, forte astensionismo e
sfiducia nei politici. Gli elettori sono andati alle urne avendo sotto
gli occhi il fatto che la DC era ormai un partito di provincia, aveva
perso il ruolo storico di partito leader del paese. Dall'altra parte
della barricata non si era lavorato per un'alternativa credibile. Gli
unici che hanno guadagnato sono stati il Pri, Psi e Msi. La Dc è a -5,4 %
rispetto al 1979, il Pci a -1,9 % (sempre rispetto al 1979). A Roma
Giulio Andreotti perde in casa, soprattutto nei quartieri dove il suo
peso elettorale era maggiore. Il Pci e Berlinguer perdono voti
nonostante la popolarità del re del nulla, Enrico Nicolini, noto
illusionista e fautore di feste (un po' il Briatore degli anni '80 con
la differenza che lui militava nel Pci). Sempre a Roma guadagna molto il
Msi e il Psi e, a sorpresa, tiene il Partito Radicale che ha avuto la
bella pensata di mettere in lista il terrorista Toni Negri. Non c'è un
quartiere di Roma in cui la DC non abbia perso e allo stesso tempo non
c'è un quartiere della città dove il Msi e il Pri non abbia incrementato
il bottino. A Torino trionfo di Susanna Agnelli (che novità!) e la
bocciatura senza esami di riparazione per Donat Cattin. A cose fatte, il
vertice Dc conferma la fiducia a Ciriaco De Mita e Bettino Craxi salirà
a Palazzo Chigi. Tutto cambia e tutto resta uguale.
Mercato musicale
L'estate 1983 rappresenta per il mondo musicale italiano un periodo
critico. Pochi dischi venduti, concerti disertati o annullati all'ultimo
momento per mancanza di pubblico. Le superstar non rischiano di
usufruire degli stadi, come negli anni precedenti, per timore di
trovarseli vuoti. Quegli artisti da "tutto esaurito" come i Pooh,
Baglioni, Dalla e Pino Daniele sono andati in ferie. Un solo nome di
grido, Franco Battiato, che ha avuto una media di 5.000 persone a sera
percependo 40 milioni di lire per esibizione. Nello stesso periodo
dell'anno precedente il cantautore radunava una media di 12.000 persone
a concerto. L'unica apparizione di Lucio Dalla ha fatto registrare 5.000
presenze, nonostante un disco in classifica (MILLENOVECENTOTTANTATRE).
Ancora peggio è andata ai cantanti stranieri. Rod Stewart a Misano
Adriatico ha salutato 4.500 persone, numero risibile per un personaggio
del suo calibro. Cambia il modo di produrre musica e di consumarla. Per
andare sul sicuro basta affidarsi ad una compilation, parola magica che
indica un'antologia di successi: è l'autentico fenomeno dell'estate. Dal
1978, grazie ad un accordo tra le case discografiche, prende il via il
nuovo filone, quello delle raccolte ufficiali delle varie
manifestazioni, Sanremo e Festivalbar sopra tutte. Fino ad allora ogni
casa discografica raccoglieva i successi propri, facendo cantare i brani
di maggior grido, appartenenti ad altre etichette, da personaggi minori
della casa discografica o da giovani. Solo in rari casi venivano
corrisposti i diritti per la pubblicazione di brani appartenenti ad
altre case editrici. In questo periodo di crisi si registrano novità e
conferme nel successo delle edizioni di discografia italiana ma per
qualche personaggio si pone in rilievo il calo di popolarità. Umberto
Tozzi, uno dei dominatori delle estati dal 1977 al 1982, ottiene un
risultato modesto con la sua NELL'ARIA C'E'; Giuni Russo sparisce
completamente dalle charts (partecipa al FestivalBar con SERE D'AGOSTO);
Loredana Berté è in attesa di momenti più favorevoli; lo stesso Miguel
Bosè, che l'anno precedente aveva stravinto la sfida della stagione
canora con BRAVI RAGAZZI, presentandosi con NON SIAMO SOLI fa un piccolo
passo falso che praticamente lo porterà a chiudere la prima parte della
sua carriera italiana. Comunque basta dare un'occhiata ai primi dieci in
classifica questa settimana per veder scorrere una serie di successi
rimasti nel tempo, nonostante all'epoca si pensasse che valevano ben
poco. I nuovi conquistatori delle Hit Parade italiane si chiamano
Gazebo, Il Gruppo Italiano e i Righeira.
Gazebo
Il primo in realtà è italiano,
figlio di un diplomatico e nato a Beirut. Si chiama Paolo Mazzolini e
prende il suo nome d'arte da un film del 1960 con Glenn Ford, dal
titolo, per l'appunto, Gazebo. Un nome ambiguo che nasconde un
interprete di "dance" italiana, stile che negli anni '80 avrà il suo
migliore periodo facendosi conoscere in tutto il mondo. E' al suo
secondo centro consecutivo. Il primo l'aveva infilato in autunno
presentando MASTERPIECE, un pezzo che lo fece balzare in testa a tutte
le classifiche d'improvviso. Ora è la volta di I LIKE CHOPIN. Una musica
soft, ballabile, che diventa un hit mondiale vendendo qualche milione di
copie in tutto il pianeta, raggiungendo la prima posizione in paesi che
vanno dal Giappone alla Germania, dalla Corea alla Francia.
Gruppo Italiano
Altra novità in classifica è il Gruppo Italiano che farà della sua TROPICANA uno dei
tormentoni dell'estate. A capitanare il complesso la biondina Emanuela
Riva, figlia di quel Felice Riva fuggito in Libano nel 1969 qualche
tempo dopo il fallimento dei cotonifici Vallesusa di sua proprietà. In
tutto sono cinque, due ragazze e tre maschietti. Una volta si chiamavano
Randa e andavano matti per le sonorità alla Frank Zappa. Nel 1981
incidono un long playing dal titolo MACCHEROCK, gioco di parole e
sonorità rockabilly, nate per pura operazione commerciale in funzione
televisiva. Otto passaggi alla trasmissione condotta da Carlo Massarini
dal titolo Mister Fantasy. Un brano del 33 anticipa però le linee
melodiche che saranno utilizzate tre anni dopo per TROPICANA. I ragazzi
giocano molto sull'abbigliamento abbinato al tipo di musica proposto:
look americano della Florida inizi anni '50, camicie sgargianti ed
occhiali da sole retrò, il tutto reinventato secondo la moda corrente di
questo inizio anni '80. La canzone è nata in una calda giornata
milanese, in casa, mentre i protagonisti immaginano di essere su
un'isola non meglio identificata, al sole e al mare, tra i bungalow. Li
risveglia la televisione, con la reclame che invita ad acquistare e bere
la bibita Tropicana. E' stato tutto un sogno e Milano è ancora lì col
suo caldo-umido agostano. Anche se qualcuno ancora ci deve spiegare cosa
significhi un'espressione del tipo "la lava incandescente gremava gli
hula hoop". Comunque sia il brano si è dimostrato vincente sin dalla
prima apparizione tv o passaggio radiofonico, insieme a quello di quei
due tizi dei quali si parla qui sotto, le loro canzoni sono le vere
trionfatrici dell'estate '83.
Righeira
Si tratta di Stefano Rota e Stefano Righi,
in arte Righeira. Torinesi, si conoscono sin dai tempi delle scuole
elementari e questa è la loro estate. Purtroppo, mentre la loro canzone
furoreggia nei juke box e sulle spiagge, loro sono chiusi in caserma,
perchè impegnati nel servizio militare che termineranno in autunno.
VAMOS A LA PLAYA è una canzone futurista pseudo demenziale ed è anche
uno dei pochissimi dischi che si vendono per davvero in Italia. Dietro
di loro lo zampino dei fratelli La Bionda, onnipresenti dove c'è odore
di successo, un po' come Cecchetto. Alla domanda provocatoria del perchè
invece di andare con le bionde vanno coi La Bionda, gli accusati
rispondono "perchè con le bionde si spende e coi La Bionda si guadagna".
Hanno già capito tutto. Uno dei Righeira, quello che si fa chiamare
Johnson, nel 1980 aveva debuttato con BIANCA SURF facendo un fiasco
clamoroso. Poi ha chiesto all'altro Stefano di lavorare con lui fondando
il duo che si fa un certo nome nel panorama underground torinese,
producendo musica ska. VAMOS A LA PLAYA è la storia di una spiaggia post
atomica dove, anzichè coi raggi cosmici, ci si abbronza con delle
radiazione atomiche, che colorano di blu. Incisa sia in italiano che in
spagnolo, avrà più successo nella seconda versione che li porterà in
classifica nel nord Europa e in Spagna. Sembrerebbero un fuoco di paglia,
acceso sotto il solleone come fanno i bambini quando giocano con la
lente d'ingrandimento. E' un'operazione che si regge in piedi per
miracolo, quella dei Righeira, puramente stagionale. E invece i due
reggono, tra alti e bassi almeno fino al 1987, ultimo sprazzo di
notorietà, quando si presentano al pubblico delle vacanze con OASI IN
CITTA'. Nel mezzo ci sono stati successi di un certo spessore come NO
TENGO DINERO, L'ESTATE STA FINENDO, INNAMORATISSIMO. Poi, complice una
storia di tribunali, i Righeira si sgonfiano. Sono però durati più di
quello che si poteva pensare. Merito loro o demerito del panorama
musicale italiano povero di novità e di elementi di spicco? Quien sabe!
Renato Zero
Esce il nuovo disco di Renato Zero. Renato, sebbene abbia partecipato
come protagonista all'ultimo Fantastico insieme a Corrado e Raffaella
Carrà ed abbia venduto moltissimo con il doppio album VIA TAGLIAMENTO
1965-1970, sembra stranamente in calo. Assurdo se si pensa che solo 6
mesi fa era al primo posto nella classifica dei 33 giri e piazzatissimo
in quella dei 45 giri con SOLDI e VIVA LA RAI. Ma c'è qualcosa nell'aria
che fa pensare ad un ingrigimento dell'immagine, generalmente sempre
molto positiva e vibrante, dell'artista romano. Non a caso da questo
momento e fino alla fine degli anni ottanta subirà un brusco stop di
popolarità anche se le vendite dei suoi dischi (certo non come ai tempi
d'oro) non registrano cali impressionanti. Renato Zero può contare su un
pubblico di fedelissimi che probabilmente compreranno i suoi dischi fino
a quando lui stesso deciderà di inciderne. Detto questo, CALORE (questo
il titolo del disco) è un brano particolare. Come succedeva in un
periodo appena precedente in RCA si incidevano Q Disc, cioè 33 giri in
formato ridotto, a quattro facciate, l'equivalente di quello che nei
primi '60 erano gli EP (extended play). Generalmente ad inciderli erano
cantautori alle prime armi, ma questo accadeva nel periodo 1980-81. Nel
1983 la formula Q Disc era già esaurita ma con la crescente crisi del
disco produrre 33 giri a basso costo con solo 4 brani sembrava la
panacea ideale. Non a caso anche in Inghilterra e negli Stati Uniti
decisero di copiare la formula RCA e per l'estate 83 Kate Bush immette
nel mercato internazionale il suo primo (chiamiamolo così) Q-Disc :
inediti e successi già rodati come BABOOSKA. Invece l'ultimo ad incidere
un Q Disc nella storia della RCA, per quel che ci risulta, potrebbe
essere stato davvero Renato Zero. Un Renato in minore, come si diceva
prima. Dismessi gli abiti colorati, i travestimenti improbabili degli
anni precedenti, sceglie per l'estate 1983 un look moderno, sobrio,
sicuramente inconsueto per lui. Un segno che qualcosa sta cambiando
davvero nel suo modo di proporsi (e forse anche nell'uomo Renato Zero).
Più che una sua decisione, un'imposizione della casa discografica, una
strategia di marketing. Il Renato Zero 1983 non può essere ancora quello
degli esordi, immutato o quasi sino al 1982. Il tempo del travestitismo
fa parte dell'armamentario degli anni settanta insieme al glam e alle
provocazioni sessuali di David Bowie o del grand guignol alla Alice
Cooper. Gli anni ottanta sono tutta un'altra cosa. A cambio effettuato
si potrebbe magari dare un'occhiata ai testi che non sembrano differenti
dai precedenti. Lo stesso linguaggio che nel frattempo è invecchiato,
con quelle ingenuità banali nei testi che soltanto con uno sforzo in più
avrebbero potuto essere delle pietre miliari della musica italiana ma
che per qualche rozzezza dovuta forse ad un basso profilo letterario e
forse ad una poca cultura di base, non sono mai state. SPIAGGE è una
bella canzone, che in qualche modo si potrebbe riallacciare agli anni
sessanta, a canzoni quali LA FINE DI AGOSTO (o addirittura presagire
avanti due anni L'ESTATE STA FINENDO). Una tematica non consona nelle
canzoni degli anni settanta e ottanta, ma sicuramente sempre attuale.
L'estate che nasce con le sue speranze, con il desiderio di novità ed
avventura, con le sue cottarelle stagionali che inevitabilmente si
dissolvono alle prime foschie autunnali. Tutte cose sapute e risapute ma
che comunque fanno parte della vita stessa, buone per tutte le età. Chi
non ha avuto un'estate speciale da ricordare negli anni a venire? Nella
canzone sono raccontate non in prima persona ma da un narratore, ruolo
che si addice perfettamente all'introspettivo ma (all'epoca) mai verboso
Renato Zero. Le altre sono nello stile del Renato che indossa gli abiti
di guru-predicatore e sinceramente sono meno interessanti : FANTASIA e
VOGLIA sono leggermente inferiori alla stessa SPIAGGE e anche a
NAVIGARE. Si sta parlando della parte letteraria più che di quella
prettamente musicale, perché tutte le canzoni sono comunque piacevoli ed
orecchiabili. Da notare i titoli brevi composti di un solo vocabolo.
Comunque è piacevole ascoltare nei vari jukebox la voce di Renato Zero
che intona una canzone appena nata e già così struggente di nostalgia
per un tempo che non c'è più. Naturalmente voto pieno alla melodia e
all'arrangiamento.
Nada
Due conferme: Nada e Marcella Bella. Nada vince tutto quello che c'è da
vincere tranne il FestivalBar (accapparato da Vasco Rossi), dove arriva
solo seconda con la canzone AMORE DISPERATO. Inizia la stagione vincendo
Azzurro '83, manifestazione giunta alla terza edizione che viene
trasmessa dal teatro Petruzzelli di Bari. La conclude affermandosi quale
migliore interprete femminile a Vota La Voce, sopravanzando di gran
lunga personaggi come Marcella, Mina, Anna Oxa, Rettore e Loredana
Bertè. Nada è finalmente felice nella sua nuova dimensione di cantante
ed autrice dei testi, anche se si nasconde dietro il nome del suo
compagno, Gerry Manzoli, che ha da poco abbandonato il complesso dei
Camaleonti per seguire più da vicino la carriera della moglie. Raggiunge
una intensa maturità vocale in questo periodo ed una sicurezza sulla
scena che prima non aveva, avvantaggiata forse dai lavori teatrali che
l'hanno vista protagonista come attrice. Ricordiamo alcune esperienze
della signorina Malanima : ANNA FRANK nella stagione 1977-78, PIGMALIONE
di Borsetti nella stagione 1978-79 e L'OPERA DELLO SGHIGNAZZO con Dario
Fo nel 1982. Il suo LP si intitola SMALTO e vuole essere un omaggio al
mondo femminile. C'è anche una canzone dedicata alla figlia Carlotta che
si intitola CHARLOTTE. Collaborano con lei musicisti come Maurizio
Gianmarco (già Perigeo), Derek Wilson (batteria e percussioni), Gianni
Mazza (tastiere) e Maurizio Guarini (già Goblin). Un bel disco che dona
nuova linfa alla fama e ad una rinnovata immagine della cantante di
Gabbro. Ci sono raffinatezze alla Roxy Music e sonorità new wave. Una
Nada completamente diversa da quella che fece parte della colonna sonora
dell'estate dell'anno precedente con TI STRINGERO', un omaggio ai primi
anni sessanta con la sonorità degli '80. Ha anche cambiato casa
discografica, dalla Polydor è passata alla Emi. Malgrado sia famosa da
14 anni ha soltanto trent'anni e tanta esperienza alle spalle. Il suo
modo di vestire è molto copiato dalle ragazzine del periodo: miniabiti
colorati e monili vistosi. Nada, non c'è dubbio, lascia ancora il segno.
Marcella Bella
Passiamo all'altra primadonna dell'estate 1983, cioè Marcella Bella. E'
ormai veramente lontano il periodo in cui si presentava al pubblico con
i capelli arruffati e tanta grinta. Questa naturalmente non gli viene
meno, cambia però l'immagine, più vicina all'attualità. L'anno prima era
una zingara "sofisticata", con capelli mossi e lunghi. Quest'anno si
impone come interprete della melodia italiana con venature sexy, come la
sua nuova figura e i testi del suo ultimo album. Un genere più
raffinato, testi più piccanti, un trucco curatissimo che mette in
risalto la sua bellezza mediterranea. C'è omogeneità e raffinatezza in
questo disco che oltre a presentare una versione della battistiana
ANCORA TU contiene il super hit NELL'ARIA. Praticamente un evergreen.
Canzone tipicamente adatta alla stagione con una costruzione tale che
non ammette scadenze. A "lunga conservazione" quindi, tanto è vero che
in parecchie discoteche, dopo più di vent'anni, viene ancora suonata
come una delle canzoni simbolo degli anni '80, ma anche per la
freschezza ed attualità del suono e degli arrangiamenti, curati dal
fratello Gianni e da Mario Lavezzi, autore anche di alcuni brani.
Boy George & Culture Club
Passiamo ad un gruppo straniero, vera rivelazione di questi mesi del
1983. Loro sono i Culture Club, protagonisti della scena internazionale
anni '80 con sonorità che spaziano dal rock al jazz per passare al
calypso per accontentare un po' tutti. O quasi. Anima e immagine del
gruppo è Boy George, ragazzo efebico dichiaratamente gay con sembianze
femminili. Nasce come George O'Dowd a Londra da una famiglia povera di
origine irlandese. Espulso da varie scuole per il suo comportamento
atipico e provocatorio comincia una vita errabonda che lo porterà a
vagare tra la capitale e Birmingham adattandosi a tutti i lavori che via
via gli venivano offerti. Dal commesso al vetrinista fino ad arrivare
come aiuto costumista alla Royal Sheakspeare Company. "Malato" di
Bolanite (e di David Bowie fin dalla tenera età), frequenta la Londra by
night e gli ambienti musicali facendosi notare. Fonda nel 1981 i Culture
Club e accentua il suo aspetto femmineo. Il gruppo viene ingaggiato
dalla Virgin che lo lancia su scala mondiale con il pezzo DO YOU REALLY
WANT TO HURT ME, questa settimana al 12° posto dopo essere stato per
tanto tempo in posizioni più alte. Sbranati dalla critica, vendono con
quel primo 45 giri qualche milioncino di copie ed entrano nelle charts
di tutto il mondo. Trasgressivi ma rassicuranti fanno breccia
nell'immaginario adolescenziale dell'epoca. Boy George nonostante
l'esplicita sessualità è molto amato dalle ragazzine che vedono in lui
il ragazzo "debole" da difendere, il "maschio amico" e non quello da cui
guardarsi, sollecitando il senso materno naturale dell'animo femminile.
L'immagine di pop star fa il resto. Intanto partecipano al FestivalBar
con la canzone CHURCH OF THE POISON MIND, in classifica anch'essa. Il
gruppo si scioglierà nel 1987 dopo parecchi successi dando l'addio con
un Greatest Hits.
Gino D'Eliso
Ritorna dopo qualche tempo un cantautore che al suo apparire fece ben
sperare ma che poi si perse sulla strada affollata e nebbiosa delle
eterne promesse mai sbocciate. Più che una strada un vialone tipo
Prospettiva Nievskj di San Pietroburgo! Gino D'Eliso è triestino e la
sua anima mitteleuropea la si evince dal tipo di musica a metà fra
Faust'O e Garbo. Sono passati sette anni dall'esordio su album: il primo
disco uscì su etichetta Numero Uno (quella di Battisti) e si chiamava IL
MARE. L'anno dopo fu la volta di TI RICORDI VIENNA, questa volta su
etichetta RCA. La copertina del 45 giri ci presenta un Gino D'Eliso
retrò, stile anni '30. Poi venne SANTI ED EROI che fu trattato male
dalla critica. Smise per un po' e si mise a produrre gruppi rock come i
Revolver e i Luck Orient, classici gruppi inizi anni '80 molto
confusionieri. Nel 1983 esce il suo nuovo album, CATTIVI PENSIERI,
grazie all'aiuto di Nanni Ricordi che riuscì a risolvere i suoi problemi
editoriali precedenti con la Phonogram e ad entusiasmare Crepax e Sugar
della CGD ed è un buon successo che purtroppo per D'Eliso non si
ripeterà. L'album è un itinerario musicale in tappe con sonorità
differenti a seconda della città che si decide di toccare: un corso
d'inglese a Londra in MITTELAUTUNNO, che di per sé è un affresco di
città di mare come potrebbe essere Trieste. In CATTIVI PENSIERI si parla
di una Milano estiva con tanto di anguria nelle mani e via di questo
passo, toccando città come Siviglia e New York. Una bella proposta che
non viene recepita come avrebbe meritato.
Banco
Da un successo discreto ad un buon successo. Quella del Banco (del Mutuo
Soccorso) che negli anni ottanta cambia faccia. Non più musica
progressive o rock-pop di respiro internazionale ma più semplicemente
musica. Cambiano i tempi, cambia la gente e i gusti. E con i gusti il
modo di recepire e fruire la musica. Anche se fa un certo effetto
vedere un gruppo di altissimo livello come il Banco rincorrere il
successo a 45 giri dopo un passato glorioso. La canzone si chiama MOBY
DICK e il gruppo la presenta ad Azzurro'83 e al Festivalbar. Il retro è
VELOCITA' ed entrambe le canzoni proseguono sul cammino della svolta
ritmica che caratterizza questi primi anni ottanta, in termini musicali,
del gruppo romano. Sebbene la canzone sia semplice ed orecchiabile si
nota perfettamente che dietro a quel lavoro c'è un gruppo di
professionisti di alto livello. La grande capacità tecnica dei musicisti
e le tastiere sono il marchio di fabbrica del Banco, che possono anche
aver cambiato stile ma non dimenticano di saper suonare. MOBY DICK
potrebbe simboleggiare il leader vocale Francesco Di Giacomo ma in
realtà è solo un simbolo, neanche troppo vicino a quello reale, cioè
della balena bianca del romanzo di Melville. Il non straordinario
successo di BUONE NOTIZIE ha rattristato un pochettino il gruppo che
comunque dal vivo ha funzionato benissimo, molto più che su vinile. La
stampa specializzata aveva parlato di grande disco che avrebbe dovuto
riportare il gruppo ai livelli di una volta. Ma, come si diceva prima,
quel tipo di musica piace un po' meno, fa parte di un altro decennio,
che quest'altro (forse più frivolo ma sicuramente più tranquillo sul
piano sociale) vuole dimenticare. La gente vuole pensare un po' meno e
divertirsi di più e allora seppure a malincuore, il Banco asseconda il
gusto della gente che li vuole più ritmici, più moderni, più "da bere",
per essere in sintonia col proprio tempo e con un famoso slogan degli
anni ottanta. E per non perdere ancora più pubblico, il Banco si adegua.
Della serie che se deve fa pè campà. E il Banco, prima restio ad
apparire in tv, ora si concede a questa o quella trasmissione. Ora sta
preparando un album e dopo la registrazione partirà per un tour di
un'ottantina di date che lo porteranno fino a settembre, periodo in cui è
prevista l'uscita del nuovo 33 giri. Intanto per chi li ama, ma anche
per chi li conosce molto poco, c'è questo anticipo estivo che forse
rimane il loro episodio più riuscito a livello di singolo.
Margaret Thatcher
Elezioni in Gran Bretagna: l'elettorato britannico ha incoronato
Margaret Thatcher come nuova regina d'Inghilterra. Il suo partito ha
ottenuto 397 seggi contro i 209 dei laburisti. E' la sconfitta più grave
degli ultimi sessant'anni per il partito di sinistra inglese. La
Tahtcher, in sella dal 1979, è stata accolta dai suoi sostenitori
festanti tra Downing Street e il Central Office che intonavano per lei
"Rule Britannia". In Italia ci sono critiche ed esultanze. Craxi se la
prende con i laburisti indeboliti dalle divisioni interne, De Mita fa
notare come i partiti di sinistra europei non sanno indicare vie
d'uscita mentre la Thatcher sì. Spadolini è soddisfatto perché il voto
conferma la crisi profonda in cui sono entrati tutti i partiti della
sinistra classista europea. Dall'estero soddisfazione dalla Germania
(Kohl), dalla Francia (Chirac), un po' meno da Mosca dove la tristemente
nota agenzia Tass ha fortissimo imbarazzo a parlare di questa vittoria
dopo che per mesi aveva descritto la Thatcher come un premier assediato
da migliaia di disoccupati, bersagliata da uova e pomodori fra grandi
marce antigovernative. Naturalmente tutto ad uso e consumo dei lettori
sovietici. I quali si saranno senz'altro chiesti con sbigottimento come
sia possibile contestare un governo e perché da sessantasei anni non lo
possono fare anche loro.
Alla Pugaceva
Restando in Unione Sovietica, la famosa cantante Alla Pugaceva (la Milva
russa) è stata violentemente attaccata dalla rivista Nedelya per il suo
comportamento stravagante e disinibito in pubblico. Quando è in scena
(così scrive la rivista) la Pugaceva si veste in maniera discinta ed
appare esibizionista ed aggressiva quanto le sue colleghe occidentali. E
quindi (sempre secondo la rivista) cerca di accattivarsi la simpatia del
pubblico dimenandosi, ridendo, assumendo pose da diva e dimostrando
un'insulsa boria e sfrenata facezia non conforme alle precise regole di
comportamento comunista. Alla Pugaceva, dall'alto dei suoi 5 milioni di
copie vendute, era considerata un'intoccabile e il PCus le consentiva
di esibirsi all'estero e di gestirsi in maniera più occidentale. La
rivista conclude il suo pezzo accusatorio scrivendo pressappoco:
vogliamo credere che a prendere il sopravvento sarà quanto di più forte
e di sano vi è nella cantante. Grosso punto interrogativo. Cosa vorrà
dire? Povera Nedelya: chissà cosa direbbe accendendo oggi la tv sul
canale RTR Planeta (canale russo su Hotbird) e vedendo le cantanti sul
palco col perizoma che gli spunta dai pantaloni a vita bassa. Eh sì, non
ci sono più i comunisti di una volta...
Christian Calabrese
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LA TV E I SUOI PROTAGONISTI - INTERVISTA A SILVANO SCARPA
di David Guarnieri
Cari amici di "Hit Parade Italia", questa volta non vi parlo di uno
specifico spettacolo, risparmiandovi le mie "opinabilissime"
impressioni, bensì vi offro un'intervista ad un personaggio che ha
vissuto e contrassegnato l'epoca d'oro del varietà, partecipando, in
qualità di danzatore, ai più grandi show della tv italiana: Silvano
Scarpa.
La figura del ballerino solista, può definirsi di grande importanza nel
periodo aureo dello spettacolo d'intrattenimento. I grandi coreografi
(Don Lurio, Gino Landi, Umberto Pergola, Renato Greco) affidavano il
loro estro creativo ad un corpo di ballo di livello, guidato da alcuni
elementi di spicco, tra i quali: Enzo Cesiro, Gianni Brezza, Franco
Miseria, Enzo Paolo Turchi, Joel Galietti e, per l'appunto, Silvano
Scarpa, il quale, gentilmente ha dedicato al sottoscritto un po' del suo
tempo, accettando di rispondere ad una serie di domande.
Silvano Scarpa. Dati anagrafici?
Nasco a Venezia, Murano, dove fanno il vetro, l'11 dicembre del 1944.
Come nasce la passione per la danza?
Da quel che ricordo, l'ho avuta fin da ragazzino. Mi piaceva ballare
qualsiasi cosa: balli da sala, moderni e così via. Quando ebbi l'età
della ragione, mi iscrissi ad una scuola di danza classica,
naturalmente.
Pensi sia fondamentale per un ballerino, frequentare una scuola
classica, per avere una solida base tecnica?
Penso di sì. Io ho cominciato in questo modo, poi ho avuto la fortuna di
studiare un po' alla Scala di Milano, con dei bravi maestri. Per caso,
posso dire di aver cominciato a lavorare in tv.
Quando avvenne il debutto?
La primissima cosa che feci in Rai fu un balletto classico, registrato a
Torino, intitolato "Stress", con le coreografie di Ugo Dell'Ara, credo
nell'aprile-maggio 1967.
Nei mesi seguenti, ero all'Arena di Verona ed alcuni ballerini vennero a
Roma per sottoporsi all'audizione per "Partitissima". Più per curiosità
che per altro, partecipai anch'io per seguire lo svolgimento di queste
selezioni, invece mi hanno scelto. Tra l'altro mi sentivo un po'
ridicolo, tra gli altri ballerini, con gli stivali, con certe
calzamaglie, invece io indossavo la tuta accademica, con la scarpa da
mezza, completamene classico. Comunque, riuscii a "sopravvivere".
Certo, iniziare con "Partitissima", lo show abbinato alla Lotteria di
Capodanno, con la regia di Romolo Siena, coreografie di Gino Landi, con
Alberto Lupo alla conduzione, penso possa definirsi una partenza di
ottimo livello.
Sicuramente sì, allora era lo show più importante, il più ambito, anche
perché era la trasmissione che durava di più, come numero di puntate.
Ai tempi, avevi intuito che quella potesse essere la tua strada?
A dir la verità, no. Mi piacque fare la televisione, ma subito dopo
tornai al teatro classico. Poi, nel 1969, ero con il "Balletto di Roma",
per la "Jeunesse Musical Française", in giro per la Francia e venni
contattato per partecipare al programma "Signore e signora".
Lo show con Delia Scala e Lando Buzzanca, con la regia di Eros Macchi.
Sì, fu il mio debutto in qualità di primo ballerino. Fino ad allora
avevo fatto parte del corpo di ballo.
Qual era il criterio dei coreografi, per la scelta dei ballerini
solisti?
Per la verità non ricordo. So solo che non m'interessava più fare la tv
come componente del corpo di ballo. Avevo avuto le mie belle
soddisfazioni con il balletto lirico, quindi, volevo fare dell'altro.
Gino Landi, coreografo di "Signore e signora" mi convinse, proponendomi
l'idea di diventare primo ballerino. Ma, pur facendo la televisione, non
dimenticavo mai il primo amore: il balletto classico.
In quel periodo, spesso, i primi ballerini erano tre, quattro uomini e
altrettante donne. Te lo chiedo subito: c'era della rivalità tra voi?
Mah, no, almeno da parte mia. Assolutamente.
Se la definissimo una sorta di competizione?
Beh, la competizione c'era e credo, ci debba essere. Una competizione
positiva, ad esempio: "tu fai tre giri, io cerco di farne quattro. Tu
salti un metro, io provo a saltare un metro e dieci".
Dopo l'esperienza di "Signore e signora", trasmesso nel gennaio 1970,
arriva "Doppia coppia", nella sua seconda edizione, condotta sempre da
Alighiero Noschese e Bice Valori.
Con loro e con Romina Power.
Seconda esperienza consecutiva con il regista Macchi e il coreografo
Landi. Anche in questo caso, un grande successo.
Sì, devo dire la verità. Un bel programma, con dei bei balletti.
Rivedendoli li definirei dei piccoli cammei.
Uno dei numeri più simpatici era il balletto con i cuochi, per
introdurre i vari ospiti canori.
Mamma mia, quante ce ne hanno fatte passare, tra cerchi, padelle e cose
varie, sempre con la paura che cadessero.
I ritmi di lavoro erano serrati, oppure c'era il tempo utile per
modificare qualcosa?
Il programma, naturalmente era registrato. Se qualcuno sbagliava, si
rifaceva. I tempi, però, erano abbastanza stretti.
Dopo questi varietà del 1970, se non sbaglio, si arriva al gennaio 1971
di "Speciale per noi", con la regia di Antonello Falqui.
Infatti. Secondo me, uno di quegli spettacoli che rimangono dentro,
anche ad un lavoratore secondario, per il tipo di programma e per il
cast, straordinario. Basta nominarli: Aldo Fabrizi, Ave Ninchi, Bice
Valori e Paolo Panelli.
Passiamo quindi, a "Serata d'onore", sempre del 1971, con Ornella Vanoni
e Alighiero Noschese, con la regia di Vito Molinari, tra l'altro,
selezionato per il concorso della "Rosa d'oro di Montreux".
Sì, lo registrammo a Milano, con le coreografie di Gino Landi.
Fu il primo show, registrato a colori per la Rai?
Forse. Uno dei primi, sicuramente.
Anche questo special, risulta tuttora particolare, con dei numeri
coreografici originali. Come ti sei trovato a lavorare con star canore,
come in questo caso con la Vanoni. Si prestavano, oppure creavano
qualche problema?
Tutto sommato bene. La Vanoni, poi era simpaticissima e collaborava,
prendendosi in giro, dicendo: "no, queste cose non le faccio, non le so
fare".
Dimostrando una grande intelligenza.
Senz'altro. La Vanoni è una persona davvero intelligente ed
auto-ironica. Insomma, ce le ha tutte!
Ed arriviamo a "Teatro 10", diretto da Antonello Falqui.
Sì, due anni, uno con le coreografie di Don Lurio, l'altro con Renato
Greco e Umberto Pergola. Una grande produzione. Indimenticabile,
naturalmente, l'edizione con Mina.
Come definiresti Mina?
Mina? Non so, non ci sono aggettivi. Io già l'adoravo. Mi ricordo che,
appena potevo andavo a seguire le sue registrazioni. Prima di tutto,
cantava sempre dal vivo - lei con il playback non andava d'accordo - e
dava sempre tutto di sé.
E Falqui com'era?
Un perfezionista, pignolo. Il risultato, però si vedeva. Non mandava in
onda un'immagine, se non fosse più che perfetta: il vestito doveva
essere giusto, così come la luce, la pettinatura. Curava ogni dettaglio.
Come ricordi i balletti di questo programma?
Ricordo in particolare la "guerra" tra Renato Greco e Umberto Pergola.
Interessante. In che senso?
Nel senso che, Pergola e Greco non collaboravano tra loro. Ognuno
pensava alle sue coreografie.
Come riuscivano a dividersi i compiti?
Fatti conto, la sala prove durava sei ore? Tre ore l'uno e tre l'altro.
Così come per i balletti. In una puntata, un coreografo ne firmava un
paio e l'altro uno soltanto, la settimana seguente, si invertivano le
cose.
Tra queste edizioni di "Teatro 10" ci fu lo show "Sai che ti dico?",
trasmesso nel gennaio 1972, sempre diretto da Falqui, con Raimondo
Vianello, Iva Zanicchi, Minnie Minoprio e Sandra Mondaini.
Lo spettacolo l'abbiamo registrato a cavallo tra il 1971 e il 1972. Le
coreografie erano curate da Don Lurio. Il ricordo maggiore è per Minnie
Minoprio, che era bravissima. Ad esempio, quando faceva il tip-tap,
andava come un treno. Oltretutto cantava molto bene, con una buona
estensione vocale.
Cos'altro ricordi di questo 1972?
A parte la tv, ci fu il Festival di Macerata e poi, in autunno, le
registrazioni de "L'appuntamento", con Ornella Vanoni e Walter Chiari,
con le coreografie di Don Lurio.
Bello anche questo. Regia, sempre affidata a Falqui.
Eh, sì. Chissà com'è, i programmi più importanti li faceva sempre lui.
Con la sua regia, anche la Rai dava il meglio di sé.
Subito dopo, un'altra trasmissione importante con Falqui, "Serata con
Carla Fracci", tra l'altro premiata a Montreux. Parlando del tuo amore
per il balletto classico, essere partner della Fracci, penso
rappresentasse il massimo.
Certo, anche se la conoscevo già. Avevo lavorato con lei al Teatro alla
Scala in "Francesca da Rimini" e poi, in giro per l'Italia, per altri
spettacoli.
Nel 1973, cambiamo regia ed arriviamo ad Enzo Trapani, con "Hai visto
mai?"
Sì, con Lola Falana e Gino Bramieri, coreografie di Don Lurio.
Un'impressione su Lola Falana?
Molto brava. Una grande professionista.
Forse questo è un aspetto che manca alle donne di spettacolo odierne,
sempre più spesso, show-girl improvvisate.
L'hai detto! Si improvvisano.
Sempre del 1973, un altro programma famosissimo, "Formula due", con la
regia di Eros Macchi e le coreografie di Don Lurio. Protagonisti,
Loretta Goggi e Alighiero Noschese.
Questo fu il primo show trasmesso a colori, a differenza di altri,
precedentemente registrati con il colore, ma trasmessi in bianco e nero.
Come ti sei trovato a lavorare con due personaggi come la Goggi e
Noschese, capaci di tutto?
Bene, visto che, questi due "mostri", oltre che bravi erano degli ottimi
professionisti, anche se, Loretta era un po' svogliata come ballerina.
La stessa Goggi si è sempre definita una "non ballerina". Secondo te è
vero?
Loretta ballava discretamente bene, per quel che può essere una
cantante, un'attrice. Aveva una dote (e penso l'abbia ancora): l'occhio
fotografico. Una volta imparato qualcosa, se ti mettevi leggermente
avanti, ti fotografava e non sbagliava un passo.
Arriviamo al 1974. Altro clamoroso spettacolo: "Milleluci", con la regia
di Falqui e le coreografie di Gino Landi.
Eh, purtroppo è stato un grande peccato, quello che ha commesso la Rai,
non registrarlo a colori. Ricordo la diatriba di quei giorni: bianco e
nero o colore?
Come mai optarono per il bianco e nero?
Perché il "Delle Vittorie" non era ancora predisposto per il colore,
quindi, ci sarebbero voluti dei camion di supporto, di fronte al teatro.
Operazione complicata.
Come definire questo splendido programma? Un caleidoscopio?
Sicuramente. Una vera e propria cavalcata nel tempo: dal teatro,
all'avanspettacolo, dalla rivista, alla televisione.
Per voi fu facile lavorare con due grandi stelle come Mina e Raffaella
Carrà? Riusciste facilmente ad adeguarvi all'una e all'altra?
Senza problemi. Per noi era il classico lavoro, perfezionato al massimo.
Mina, più che altro si occupava della parte musicale. Per quel che
riguarda la Carrà, ti faccio degli esempi: se noi avevamo la sala prove
alle 9.30, lei era già lì alle 9.00. Non doveva cantare? Lei diceva:
"canto tutto il giorno". "Non riesco a ballare? Beh, io ballo per tutta
la settimana".
Indice di grande volontà, nonché di professionismo.
Ah, senz'altro. E poi aveva quella capacità comunicativa, che ha
tuttora.
Ai tempi, pensavate che questi spettacoli potessero entrare nella
storia?
I grandi show, sì. Ma anche i programmi minori di quegli anni erano
fatti meglio, rispetto a quelli di oggi. Vedi, in particolare la cura
impiegata per i balletti, anche se, oggigiorno è molto più facile
realizzarli. Il problema è che, oggi, ognuno va per conto proprio. A
quei tempi, le telecamere inquadravano il settore scelto, precisamente.
Tutto era predisposto a secondi o a determinate battute musicali.
Andiamo avanti con il 1974 ed arriviamo ad un'altra trasmissione, "Al
Cavallino Bianco", la famosa operetta, con Mita Medici, Gianni Nazzaro,
Angela Luce e Tony Renis.
Sì, la registrammo a Milano, con la regia di Vito Molinari, con le
coreografie di Landi.
Il '74 viene chiuso da un altro importante appuntamento: "Canzonissima",
con la Carrà e Cochi e Renato.
Tra l'altro, l'ultima della serie. Una bella sfacchinata. In particolare
ricordo la sigla, fatta con le corde, delle inquadratura un po' strane,
dall'alto, con dei giochi ottici originali.
Tra l'altro, la Carrà si propose in chiave rinnovata, più aggressiva e
moderna.
Infatti. In quei mesi facemmo delle serate, o cose del genere con lei,
ed era molto gasata, entusiasta.
Nel 1975, in primavera, partecipasti a "Punto e basta", con Gino
Bramieri e Sylvie Vartan.
Sì. La regia era di Eros Macchi e le coreografie, curate da Tony
Ventura.
Come ricordi questo spettacolo?
Per quel che riguarda la Vartan... meglio lasciar perdere!
Non era piacevole, come persona?
Direi proprio di no.
Difatti, ho letto un'intervista di Bramieri, rilasciata in quei mesi,
nella quale affermava di essere rimasto deluso dalla cantante francese.
Confermo ciò che disse Bramieri. Secondo me la Vartan, non sapeva fare
molto, dandosi arie da gran diva. Ricordo le volte che attendevamo in
studio, dopo la pausa mensa, per poter registrare, e lei, tranquilla al
"Cavalieri Hilton", a mangiare, senza un minimo di preoccupazione.
Sempre del 1975, lo spettacolo "La compagnia stabile della canzone, con
varieté e comica finale", diretto da Enzo Trapani, con Christian De
Sica, Mia Martini, Gigliola Cinquetti, Gino Paoli e Gianni Nazzaro.
Le coreografie erano di Umberto Pergola. Noi ballerini registrammo
soltanto per il periodo di prove e registrazione, per la sigla. Per il
resto, i balletti e i siparietti erano interpretati dal cast femminile.
Ed arriviamo al 1976.
Nel mese di febbraio abbiamo registrato, a Roma, "Teatrino di città e
dintorni", con la regia di Trapani e le coreografie di Franco Estill.
Poi, altre esperienze professionali con Raffaella Carrà, per lo show
teatrale "Forte, forte, forte" e per le pubblicità della "Stock", che
chiusero la gloriosa serie di "Carosello".
Sì, serate e caroselli con la Carrà, sempre diretti da Gino Landi. Alla
fine dell'anno, le registrazioni de "L'amico della notte", con la regia
di Enzo Trapani, con Enrico Simonetti, Gigliola Cinquetti e Ave Ninchi,
coreografie di Pergola.
Nel 1977, un altro spettacolo di successo, "Quantunque io", con Enrico
Montesano e la partecipazione di alcune attrici del genere sexy.
Sì, con Gloria Guida, Janet Agren, Nadia Cassini e Sydne Rome. In
particolar modo, la Guida, nonostante si fosse presentata soltanto come
cantante, fece una bella figura, anche come ballerina, anche meglio
della Cassini, che pretendeva di essere considerata una show-girl
completa. Con Sydne Rome facemmo un balletto un po' sexy, su un letto
tutto rosa. Al termine di questo impegno, ci fu il programma "Un'ora per
voi", registrato a Torino, con Cecilia Bonocore - con la quale abbiamo
lavorato anche in "All'Arca, All'Arca" - ed Ave Ninchi, per le
coreografie di Franco Estill.
Alla fine del 1977, ennesimo show importante, "Noi, no!" con Sandra
Mondaini e Raimondo Vianello e la regia di Romolo Siena.
Eh, sì, un altro bello spettacolo, con le coreografie di Umberto
Pergola. La Mondaini era ancora molto in gamba, anche se un po'
amletica, con le sue paure di non riuscire a fare bene, non compiere il
passo giusto, eccetera, eccetera.
Vianello si occupava dei numeri musicali della moglie, oppure le
lasciava carta bianca?
No, no, diciamo che la lasciava proprio cuocere nel suo brodo!
Arriviamo al 1978.
In questi mesi, sempre con Pergola facemmo in teatro, lo spettacolo "Go
& Go" con Loretta e Daniela Goggi, e poi, con la regia di Macchi, il
programma "Settimo anno", con Lando Buzzanca e Ivana Monti.
Questo varietà voleva essere una ripresa aggiornata di "Signore e
signora".
Infatti. La cosa, però non piacque. Come si fa ad eguagliare un
programma come "Signore e signora", che era stupendo, sotto ogni
aspetto.
Il programma seguente, sempre del 1978, andò senz'altro meglio. Parliamo
de "Il Ribaltone", con Loretta e Daniela Goggi e la regia di Antonello
Falqui, premiato al Festival di Montreux.
Uno spettacolo molto carino, ben orchestrato, con dei momenti a tema,
come il blu, la luce, le ore.
Un parere sulle sorelle Goggi.
Beh, Daniela, sicuramente è molto carina, però con Loretta, onestamente
non penso ci sia confronto, sia come canto che come presenza.
Il lavoro seguente quale fu?
In quel periodo, un'altra bella esperienza, questa volta non televisiva,
realizzata con le coreografie di Fausta Mazzucchelli: il film
"Dimenticare Venezia", con la regia di Franco Brusati, che venne
candidato all'Oscar.
Un bel film, con un ottimo cast: Mariangela Melato, Erland Josephson ed
Eleonora Giorgi.
Ricordo questo lavoro con molto affetto. Brusati era molto bravo, un
grande signore.
Tornando alla tv, il 1979 si apre con un altro programma diretto da
Antonello Falqui, "Due come noi", con Ornella Vanoni e Pino Caruso.
Anche in questo caso, una bella trasmissione. Si provava tutta la
settimana e poi si registrava "dal vivo". C'era un'emozione fortissima,
come in teatro; difatti, Ornella cantava sempre in diretta e aveva, come
si dice a Roma, la "strizza". Ricordo un particolare: in una puntata
intervenne Riccardo Cocciante e, insieme, cantarono "Poesia". La Vanoni
si era emozionata talmente tanto da mettersi a piangere. Alcuni volevano
fermare la registrazione, ma Falqui, giustamente si oppose e continuò ad
andare avanti. Un altro episodio curioso: nell'ultima puntata, Caruso,
volle che recitassi delle battute con lui ed ebbi paura di dimenticare
tutto.
Si chiude un decennio d'oro, per te e per il varietà televisivo.
Arriviamo quindi agli anni '80.
Sì. La prima cosa fatta fu il programma "A tutto gag", diretto da Romolo
Siena, con Sydne Rome. Subito dopo, nella primavera del 1980, "Studio
80", diretto sempre da Antonello Falqui, con Nadia Cassini e Christian
De Sica. Poi, nel 1981, lo spettacolo teatrale, ripreso dalla tv,
"Applause", con Rossella Falk e Ivana Monti e "Buonasera con.. Aldo e
Carlo Giuffrè", registrato a Torino, con i fratelli Giuffrè e Maria
Grazia Buccella, con le coreografie di Pergola. Subito dopo, lo
spettacolo "Attore, amore mio", diretto da Antonello Falqui, con Gigi
Proietti ed un altro bel programma, diretto da Falqui, con le
coreografie di Vittorio Biagi. Ricordo tanti ospiti: Renato Rascel,
Wanda Osiris, Paolo Bortoluzzi, Zizì Jeanmaire, le gemelle Kessler ed
altri. Sempre nel 1982, ci fu l'esperienza di "Tip Tap Club", con, tra
gli altri, Moana Pozzi e le coreografie di Pergola.
Nel 1983, tre programmi importanti, per la Rai e per Canale 5.
Partiamo da gennaio, con "Zim Zum Zam", con Alexander e Nadia Cassini;
passiamo poi ad "Attenti a noi due - 2", per Canale 5, con Sandra
Mondaini e Raimondo Vianello.
Ai quei tempi si capiva già che Canale 5 potesse essere sullo stesso
piano, artistico e tecnico della Rai?
Sì, si intuiva. Avevano i mezzi necessari e grandi possibilità
economiche.
Tra il 1983 ed il 1984, di nuovo per la Rai, il programma "Loretta Goggi
in quiz". Un impegno non indifferente, viste le tante puntate.
Con la regia di Emilio Uberti, bravissimo. Tante puntate, un lavoro
davvero grande. Ricordo dei bei balletti, difficili, tutti realizzati in
chroma-key, un vero e proprio supplizio per noi ballerini, perché con
questa tecnica, muovendoti, devi restare nello spazio scelto, non al
centimetro ma al millimetro.
Dopo questo altro programma di successo, cos'altro hai fatto?
Sempre per la Rai, la trasmissione "Il cappello sulle ventitré",
condotto da Paolo Mosca, con diverse attrici: da Rosa Fumetto a Mita
Medici, da Paola Pitagora ad Anna Maria Rizzoli e tante altre.
All'inizio, devo dire, partimmo un po' sottogamba, poi videro le
coreografie, ben fatte e lo spazio per il balletto aumentò. Ed arriviamo
al 1986/87, con "SandraRaimondo Show", per Canale 5.
Se non sbaglio, l'ultimo varietà del sabato sera con Vianello e la
Mondaini.
Sì, fu l'ultimo. Le coreografie vennero curate, come per il "Cappello
sulle ventitré" da Joel Galietti, con la mia collaborazione. Avevamo
preparato dei bei balletti, in anticipo, per Sandra, che, tra l'altro
faceva molto bene. Alla fin fine, la Mondaini, assalita dai soliti
dubbi, non ne ha voluto sapere nulla e non ha più ballato. Tra l'altro,
dopo questo show, mi sono dedicato all'insegnamento.
Siamo quasi per terminare. Ti chiedo le ultime cose: cosa ne pensi del
varietà di oggi?
Mah, per me è davvero povera. Anche perché, non mi piace la regia
televisiva degli ultimi tempi. Mi fa venire il mal di mare. Guardo la
prima puntata di uno spettacolo per curiosità, poi guardo altro: un
film, un documentario, oppure leggo un buon libro.
A tuo avviso, come mai, passati gli anni '80, contrassegnati dal
successo di Lorella Cuccarini ed Heather Parisi, non c'è stata più una
nuova show-girl di grande livello?
Forse per mancanza di coraggio, forse per poca voglia di sperimentare. A
parte la Cuccarini che adoro, che è bravissima, che fa vedere davvero
una voglia di ballare ed anche la Parisi, non ci sono state persone che
abbiano insistito nel proseguire su questa strada. La cosa è strana,
visto che i giovani di oggi sono completi, cantano, ballano, fanno di
tutto.
Non pensi, però che ai ballerini odierni, manchi la preparazione
classica che voi avevate?
Questo sì, purtroppo. Ai nostri tempi, se nel programma era previsto un
tango, dovevi saper ballare un tango, così come per il valzer. Dovevi
immedesimarti. Con gente come Falqui, erano "cavoli". Non potevi
presentarti nei suoi programmi come un cialtrone e far finta di ballare:
ti cacciava via, ancor prima che il coreografo. Facci caso: se oggi
guardi i balletti e gli togli l'audio, non capisci cosa stiano danzando.
Qual è la tua impressione su un varietà, basato sulla danza come
"Ballando con le stelle", con Milly Carlucci, che tanto successo ha
avuto?
Ecco, hai citato l'unico show degli ultimi anni che ho visto,
dall'inizio alla fine. L'unico problema è che dura un po' troppo. Non si
può arrivare all'una di notte e non conoscere ancora i nomi dei
vincitori. Certo, lo si può registrare, ma sarebbe come vedere una
partita di calcio in differita.
Ultima domanda: di cosa ti occupi oggi?
Non faccio assolutamente nulla.
Niente di niente?
No, mi riposo. Largo ai giovani. È giusto che lavorino loro.
Al termine di questa intervista, non posso che salutare Silvano Scarpa,
ringraziandolo ulteriormente per le notizie datemi, con grande simpatia,
cortesia e pazienza.
Alla prossima!!!
David Guarnieri
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