Settimana 26 Luglio 1985
( da Ciao 2001 )

Qui sotto la classifica della settimana con le quotazioni di Giancarlo Di Girolamo, uno dei più noti collezionisti e commercianti italiani di vinile. Il prezzo segnato a margine dei titoli corrisponde a quello assunto dai dischi in condizioni ottime (non usati) nelle odierne mostre-mercato.

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1A view to a kill Duran Duran €  8
2Se nasco un’altra volta Pooh € 10
3Camel by camel Sandy Marton €  8
419 Paul Hardcastle €  8
5Imagination Belouis Some €  8
6Prospettiva Nevski Alice €  8
7You spin me round Dead Or Alive €  8
8Don’t you forget about meSimple Minds €  8
9I’m on fire Bruce Springsteen€  8
10We are the world Usa For Africa €  8

Classifica 33 giri

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1La vita è adesso Claudio Baglioni € 15
2Cosa succede in cittàVasco Rossi € 15
3Africana Teresa De Sio € 15
4We are the world Usa For Africa € 15
5Born in the Usa Bruce Springsteen€ 15
6Empire Burlesque Bob Dylan € 15
7Arena Duran Duran € 15
8Be yourself Eurythmics € 15
9Brothers in arms Dire Straits € 15
10Carioca Loredana Bertè € 

Piccolo preambolo prima di cominciare:forse avrete fatto caso alle basse quotazioni dei dischi di questa settimana. Gli anni ottanta, a parte casi limite, hanno un mercato limitatissimo. (Quasi) nessuno li cerca e li vuole. Un disco usato a 45 giri degli anni ottanta vale all’incirca 3-4 euro. Un disco "da collezione" dello stesso periodo vale mediamente tra i 7 e i 10 euro. La differenza che intercorre tra usato e da collezione ormai la saprete. Per usato si intende il disco suonato e non in perfetto condizioni. Da collezione, un disco praticamente da negozio. Perfetto, insomma.

Una classifica che parla prevalentemente inglese, questa di fine luglio 1985. A metà anni ottanta i singoli, a parte il periodo sanremese, sono praticamente appannaggio di gruppi e solisti stranieri. Mentre negli LP solitamente hanno la meglio gli italiani anche se questa volta non sembra andare così.

BAND AID

Una canzone è in classifica da tanto tempo. E' entrata in primavera, è riuscita a vendere milioni di copie in ogni angolo dell’universo e ancora sembra non sia sazia. Si chiama WE ARE THE WORLD e a cantarla è un gruppo di superstar americane che decidono di rendere pan per focaccia alla Band Aid natalizia di origine inglese, quando in poco meno di un mese, grazie alla regia di Bob Geldolf, arrivarono primi in tutta Europa con DO THEY KNOW IT’S CHRISTMAS TIME? Dedicata al terzo mondo, USA FOR AFRICA è il nome della band messa su per l’occasione e come potevano intitolare la canzone, gli americani, se non NOI SIAMO IL MONDO, con la megalomania che li contraddistingue? Cerchiamo di capire passo per passo come è nata questa canzone e questa idea.
Harry Belafonte stava facendo zapping col suo televisore e si imbatté in un documentario dedicato ai paesi a sud del Sahara: il Mali, il Chad, l’Etiopia, il Sudan. Vede come vivono queste popolazioni, fa un rapido confronto con quello che ha lui e capisce che c’è qualcosa che non quadra. L’ex re del calypso telefona quindi a Ken Kragen che è il manager di Kenny Rogers e Lionel Richie, tanto per fare due nomi. Lionel Richie chiama subito Quincy Jones e quest'ultimo si attiva telefonando a Michael Jackson. Lionel e Michael si mettono d'accordo e decidono di scrivere testo e musica della canzone già in cantiere nelle loro menti. Si incontrano 4 volte in 4 giorni e alla quarta Lionel dà una cassetta demo con delle idee musicali su quello che dovrebbe essere la canzone. Con questa cassetta Jackson e Richie entrano in studio la sera stessa dove trovano Quincy Jones. I due autori discutono su come proporre il testo e come farlo cantare dai vari artisti che si dovranno aggiungere mano mano all'operazione e dei quali ancora non conoscono i nomi. Si presenta la delicata questione di alcune frasi che secondo gli autori potrebbero essere scambiate per inviti al suicidio: "There's a chance we're taking, we're taking our own lives" che significa pressappoco "è una scelta che stiamo facendo, stiamo prendendo le nostre vite". E allora Lionel Richie cambia con "we're saving our own lives" che significa "stiamo SALVANDO le nostre vite". Dopo alcune ore il testo è bello e ripulito. 50 cassette guida vengono quindi inviate celermente ad altrettanti artisti con l’assoluta raccomandazione di non far trapelare nulla a chicchessia e di riportare la cassetta allo stesso Quincy Jones.
Il 22 gennaio 1985 agli studi Lion Share di Kenny Rogers vengono registrate le basi musicali e vengono chiamati personaggi di spicco come Steve Porcaro dei Toto ed altri meno noti al grande pubblico ma dei numero uno tra i turnisti americani. Il 28 gennaio tutto è fissato per il grande evento. Los Angeles, gli studi dell’A.M. Chi ci sarà? L’appuntamento è fissato per le dieci di sera ma Jacko arriva un'ora prima per registrare una particolare versione del coro con la sua voce che sarà quella definitiva. Perchè alle dieci di sera (ore sette del mattino in Italia)? Perchè due ore prima finisce la cerimonia in diretta televisiva degli America Music Award e bisognava dare tempo a qualcuno dei sicuri premiati, destinatari della cassetta, di raggiungere il luogo dell'appuntamento. Uno ad uno arrivano. La lista dei nomi è veramente impressionante. Billy Joel, Bruce Springsteen, Diana Ross, Stevie Wonder, Bette Midler, Smokey Robinson, le Pointer Sisters, Bob Dylan, Ray Charles, Cyndi Lauper (premiata due ore prima insieme a Lionel Richie), Kim Carnes, Al Jarreau, Paul Simon, Tina Turner, Dionne Warwick. Questo tanto per fare dei nomi. Arriva anche Bob Geldolf dall'Inghilterra e viene accolto da un applauso, unico straniero in un gruppo tutto stelle e strisce. La registrazione viene seguita da 500 invitati speciali tra cui Jane Fonda, Ali McGraw, Steve Martin tramite un circuito chiuso televisivo.
C’è qualche problema nella registrazione delle parti armoniche. Stevie Wonder propone di sostituire una strofa in swahili ma Geldolf gli ricorda che gli etiopi non parlano swahili. Allora Al Jarreau dice a tutti che forse sarebbe meglio cantare qualcosa che abbia un significato in inglese e propende per one world, our world mentre intanto arriva Belafonte accolto in sala da Wonder che al pianoforte accenna BANANA BOAT. Alle tre e dieci del mattino si concordano gli interventi in duetto che sono: la Turner con Billy Joel, Wonder con Lionel Richie, Kenny Rogers e Paul Simon, Willie Nelson con la Warwick e Huey Lewis con Cyndi Lauper che chiede a Quincy Jones se può improvvisare una frase quando è il suo turno e difatti il suo intervento vocale è particolarmente vibrante ed intenso. Alla fine della registrazione Wonder invita due donne etiopi e fa dire loro "grazie da parte di tutto il nostro paese". Una specie di "sì, buana" ma molto politically correct, specie se viene da qualcuno di colore: le assurdità del conformismo imperante ad ogni livello.
Alle cinque registrano le parti soliste e tocca a Bob Dylan che emoziona Al Jarreau al punto che lo stesso gli dichiara il suo amore appassionato. Al chè Dylan lo guarda come fosse un curioso animaletto notturno e se ne va lasciando Jarreau farfugliare una frase in perfetto stile Woody Allen: "è il mio idolo", rivolto agli altri. Bob Dylan era soltanto imbarazzato ed emozionato. Si ferma ad ascoltare l’intervento del boss Bruce Springsteen. Canta con voce rauca perchè ha suonato per quattro ore la sera prima a Syracuse ed è volato a Los Angeles solo per prendere parte a questo evento. Il suo intervento è molto bello come quello di Stevie Wonder (i due che rimangono più impressi per forza e vitalità). Alle sei del mattino è tutto finito. Ken Kragen telefona a Lionel Richie alle sette e mezza: aveva appena sentito il nastro finito e non ha potuto fare a meno di piangere dall’emozione (forse anche al pensiero di quanti soldi avrebbe fatto con questo disco).
L’album si distingue dal singolo per il fatto che contiene altri pezzi solistici degli intervenuti. Tutti inediti, nove in tutto. Ci sono i Chicago con GOOD FOR NOTHING, Springsteen con TRAPPED, una canzone di Jimmy Cliff del 1972 eseguita dal vivo e Prince che era stato invitato ma non si era fatto vedere se non sentire verso le sei del mattino al telefono da Quincy Jones. Prince ha proposto un intervento di chitarra ma Jones declina l’offerta dicendo che questa registrazione non era stata fatta per gli ego personali degli artisti e che l’unico a non averlo capito era lui. Accetta però un brano per la compilation: 4 TEARS IN YOUR EYES. Tina Turner canta invece TOTAL CONTROL, incontro jazz-funk-blues che avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca a James Brown. E lei la canta benissimo. Il doppio album (così come il singolo) riesce a conquistare subito il primo posto in classifica in America impiegandoci appena due settimane. Gli ultimi capaci di un simile exploit furono gli immarcescibili Rolling con TATTOO YOU nell’autunno 1981. Per inciso soltanto tre album hanno fatto meglio entrando direttamente al primo posto: ben due appartengono ad Elton John. Entrambi del 1975, sono CAPTAIN FANTASTIC e ROCK OF THE WESTIES; l’altro nel 1976, SONG OF THE KEY LIFE, di Stevie Wonder.
Del singolo WE ARE THE WORLD si potrebbero criticare le parole buoniste, melense, scontate del testo. E difatti sarebbe il caso di farlo. Un testo che sembra uscito dalla penna, intinta nel miele, di Walter "l’amerikano" Veltroni. Una banalità dopo l’altra, buonismo d’accatto, con tutti quei riferimenti ipocriti all’uguaglianza tra la gente, del costruire un futuro migliore bla bla bla. Ma fatemi il piacere! La differenza sta in questo: se a Michael Jackson viene la dissenteria, con una semplice pillola o con dei fermenti lattici tutto torna a posto e lui se ne torna a letto, involtandosi tra coltri bianche di seta, contornato da amichetti under 12 che gli fanno aria con i ventagli. Un suo simile in Mali, tanto per fare un esempio, con la dissenteria ci muore e basta.
In Usa, oltre a raggiungere il primo posto nella classifica di Billboard dedicata al pop e al rock, il pezzo raggiunge la vetta anche nelle graduatorie disco della suddetta rivista. Un successo forse prevedibile ma comunque piacevole se preso soprattutto come gratificazione per chi a questo progetto si è accostato con vero spirito umanitario e ci ha creduto fin dall’inizio. Nota infelice nell’exploit internazionale del disco, i cui proventi sono destinati ai paesi più poveri dell’Africa, è che alcuni grossi distributori inglesi si sono rifiutati di mandare a loro spese il disco nei negozi perchè hanno già perduto abbastanza denaro con il progetto inglese dalla Band Aid. In fondo dal loro punto di vista hanno ragione. I cantanti per incidere un disco gratis non ci perdono nulla anzi, ci guadagnano in immagine. Loro, i distributori, invece si.
E a proposito di MICHAEL JACKSON: con un’offerta di 47 milioni di dollari (circa cento miliardi di lire del 1985) Jackson ha acquistato la casa di edizioni musicali ATV Music, proprietaria della maggior parte delle canzoni dei Beatles. All’asta della ATV Music l’offerta di Michael ha battuto quelle di concorrenti come lo stesso Paul McCartney e Yoko Ono, la CBS, la Coca Cola e la EMI. D’ora in poi sarà lui il titolare dei diritti di sfruttamento di 270 canzoni dei baronetti. Almeno fino ai primi anni del duemila, quando dovrà vendere i diritti acquistati per fronteggiare le spese legali delle sue troppe battaglie giudiziarie intentate dai genitori di alcuni suoi amichetti di dieci anni.

MusicaItalia Per L'Etiopia

In Italia, per non restare indietro, si decide di fare una cosa simile chiamando a raccolta molti artisti che per una volta si sganciano da vincoli strettamente discografici (intesi come etichette) partendo dal principio che un'idea quando è buona diventa un dovere seguirla come esempio. E vien dato vita al progetto MUSICAITALIA PER L’ETIOPIA. Cosa cantare? Non hanno altra idea che ricantare la solita trita e ritrita NEL BLU DIPINTO DI BLU all’insegna del più classico squallore che contraddistingue noi italiani quando ci mettiamo. Ma come? Tutti (anche la Francia) hanno cercato di fare qualcosa di nuovo, di inedito e noi cantiamo la solita canzone che conosciamo ormai a memoria? Tanto vale allora incidere QUEL MAZZOLIN DI FIORI oppure O’SOLE MIO! Eppure c’erano tutti i presupposti per far bene, a partire dagli artisti intervenuti. Alcuni snobbano l’operazione (Pooh, Battiato, Pino Daniele, Baglioni, Morandi). Si pensa a NEL BLU DIPINTO DI BLU in questo caso ribattezzato semplicemente VOLARE perché è un brano che conoscono anche i sassi al di fuori dalle mure domestiche. Ad organizzare tutto ci si mette David Zard, un grande impresario che ha portato in Italia i più bei nomi della musica internazionale ed è quindi una garanzia. Al suo appello hanno risposto favorevolmente Patty Pravo, Gianni Togni, Riccardo Fogli, Loredana Bertè, Vasco Rossi, Ivano Fossati, Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Milva, Ron, Branduardi, Gianna Nannini, Giuni Russo, Claudia Mori, Marcella, Dori Ghezzi, Concato, Finardi, Dik Dik e il Banco. E ancora Tony Esposito e Rossana Casale.

Visto che siamo in tema di musica per beneficenza è da segnalare un 33 giri a sfondo ecologico. Lo incidono alcuni grossi nomi della scena britannica tra cui Elton John, Howard Jones , Nik Kershaw (questi ultimi due autentiche pop star tra il 1983 e il 1986 poi sparite nel nulla), Queen, il gruppo ska dei Madness e Georhe Harrison, il quale scrive appositamente per il progetto un brano (l’unico della raccolta) inedito. Il titolo è SAVE THE WORLD e i proventi delle vendite andranno all’organizzazione Greenpeace. In Giappone ha subito un grande riscontro commerciale dove è in atto una massiccia campagna ecologica a favore della salvaguardia dei cetacei.

Duran Duran

Ancora l’Inghilterra: questa volta sono i DURAN DURAN che si trovano anche al primo posto della classifica italiana. La band per antonomasia dei primi anni ottanta colleziona un altro successo incidendo la colonna sonora dell’ultimo film di 007 intitolato A VIEW TO A KILL. E con lo stesso titolo viene chiamata il tema principale della colonna sonora. In Italia il film viene distribuito col titolo 007 BERSAGLIO MOBILE. La forza dei film tratti dalla penna di Ian Fleming è stata sempre esaltata dalle colonne sonore. Basti pensare a GOLDFINGER cantata da Shirley Bassey o alla strepitosa LIVE AND LET DIE scritta ed eseguita da Paul McCartney e dai suoi Wings. I Duran Duran sono inoltre appassionati di tutto quello che è memorabilia legato al mondo di James Bond. Quindi hanno subito accettato di scrivere la colonna sonora, che per loro significa una specie di consacrazione mondiale. Andy Taylor ha anche acquistato la prestigiosa Aston Martin che utilizzava il primo Bond e che è stata protagonista di film come per l’appunto GOLDFINGER. L’incontro tra il produttore Broccoli e il gruppo inglese avviene in un club londinese e vengono tracciate le coordinate dell’accordo. I Duran si informano di quella che sarà la trama del film e, dopo qualche tempo, hanno la title track bella e pronta. L’impianto ritmico è simile a quello di WILD BOYS ma la differenza sta tutta nelle atmosfere di mistero e di suspence tipiche dei film dell’agente segreto britannico. Particolarmente suggestiva l’interpretazione del bambacione Simon Le Bon che parte quasi in sordina per poi esplodere in un urlo che esprime terrore e panico. Non sarà Laurence Olivier ma rende l’idea. Nel film c’è una ripresa spettacolare sulla torre Eiffel e proprio la torre è stata scelta dai Duran Duran come location per il video che accompagna il brano e nel quale sono gli inserti tratti dal film con Christopher Walken e Grace Jones e naturalmente Roger Moore. Questo incontro con 007 ha dato ai Duran Duran risultati eccellenti sia dal punto di visto economico sia da quello della soddisfazione, per aver realizzato qualcosa di buono che riguarda un loro sogno di bambini. Dopo il grande successo di ARENA tocca quindi a A VIEW TO A KILL.

DEAD OR ALIVE

Il gruppo dell’estate. Look vistoso, produzione leggera e facilmente commestibile. Ritmo da discoteca anni ottanta e il brano giusto al momento giusto. Ecco i Dead Or Alive, da Liverpool (mi pare ci fosse già un gruppo proveniente da questa amena cittadina portuale). La Epic, che aveva puntato su di loro nonostante alcuni singoli di scarso successo, si frega le mani pensando alle prossime festività natalizie da passare alle Canarie. Pete Burns è il loro leader. Molto vistoso, vestiti chiassosi e benda da pirata all’occhio destro. I capelli lunghi e crespi, l’atteggiamento portato verso un ambiguità sessuale alla Boy Gorge, accostamento che lui non pare gradire. Ha passato mesi in pensioncine londinesi di basso costo nell’aspettativa di un successo che lo facesse esplodere. Tante volte la voglia di tornare a Liverpool gli era balenata nella testa ma cosa avrebbero detto gli operai dei cantieri navali nel vedere un tizio un po’ effeminato con benda all’occhio e orecchino al naso? Avrebbero capito? Non ci risulta che a Liverpool si facciano dei corsi di psicologia agli operai e la stessa cosa deve aver pensato il nostro. Quindi ha stretto i denti ed è andato avanti per la sua strada. Ha cominciato a cantare a 19 anni in un gruppo chiamato Mistery Girls insieme a Pete Wylie (che poi ha messo su gli WAH! Da non confondersi con gli WHAM!) e Julian Cope. Poi nel 1979 insieme ad altri amici forma i Nightmares In Wax con i quali incide un discreto hit, BLACK LEATHER e nel 1980 è la volta dei Dead Or Alive. Nel 1982 firmano con la Epic ed i giochi sembravano fatti. Invece ecco una serie di incisioni di scarso successo che stavano compromettendo il loro rapporto (il suo, più che altro) con la casa discografica.
Il loro primo singolo è WHAT I WANT di cui praticamente nessuno si accorge. Poi è la volta di THAT’S THE WAY (I LIKE IT) che è un passo avanti verso la strade dal successo. Ma non è farina del suo sacco perchè è la cover della famosissima canzone dei KC & The Sunshine Band. Poi inaspettatamente ecco YOU SPIN ME ROUND che dall’oggi al domani li risolleva sia moralmente che economicamente. Il disco diventa numero uno della classifica inglese e presi dall’entusiasmo si mettono al lavoro per il loro secondo LP che era già pronto e avrebbe dovuto chiamarsi SCARFACE (il primo era del 1984 ed era passato inosservato). Ma intelligentemente decidono di rivedere il tutto, rifinire certi missaggi, dare una nuova veste grafica alla copertina e cambiargli il titolo: YOUTHQUAKE che significa qualcosa come terremoto di gioventù. Al ritornello estivo ed insinuante di YOU SPIN ME ROUND si affiancano brani come I WANNE BE A TOY e l’insolito IN TOO DEEP (insolito per il recitato). Il successo del disco non si fa attendere ed è legato alla maturità del pubblico inglese, ormai abituato a tutto e quindi disposto anche ad accettare un ritmo dance dai contenuti un po’ più profondi. Il loro nuovo singolo si intitola LOVER COME BACK TO ME ed è già un hit nella classifiche di tutta Europa. E’ un bel traguardo per uno che passava le sue giornate da adolescente ballando davanti ad uno specchio e fissando nella mente passi per un futuro che avrebbe voluto di successo.

MINA

In attesa del nuovo LP, che uscirà come sempre a ridosso delle feste natalizie, Mina è presente nella classifica a 33 giri con l’ennesima raccolta di successi. Si è arrivati già al numero otto della collana DEL MIO MEGLIO, partita nel 1972. Lei sembra non accorgersi del coro di critiche che accompagna ogni nuova uscita di un disco di inediti da parte degli addetti al lavori. Negli ultimi tre anni sono tutti lì a dire che Mina è sempre Mina ma non si spiegano il motivo per cui debba cantare canzoni così insignificanti. Che abbia perso l’orecchio musicale? Però quei dischi vendono, eccome. Tant’è che, selezionati da dischi dell’ultimo periodo, ecco quindi uscire sul mercato la raccolta estiva che comprende la crema della recente produzione, che va dal 1980 al 1982, più dei fuoriquota ripescati da album antichi, come le splendide IO TI AMAVO QUANDO (YOU'VE GOT A FRIEND di Carole King e James Taylor) e I GIORNI DEL FALÒ (LONG AGO AND FAR AWAY sempre di Taylor) tradotte da Giorgio Calabrese che qui insieme a IL MIO CANTO SEI TU di un sottovalutato Beppe Cantarelli (lato B di ANCHE UN UOMO sigla di SUPERFLASH) e a BUONANOTTE BUONANOTTE (di Carla Vistarini e Massimo Cantini) sono il fulcro, il motore di questo disco. C’è anche una graffiante interpretazione di un classico di Bacharach come WALK ON BY (arrangiato da Vittorio Bacchetta in arte Victor Bach) dalla durata record di otto minuti e venticinque e TU SARAI LA MIA VOCE, cover di una canzone di Gino Vannelli dal titolo PUT ON THE WEIGHT ON MY SHOULDER tradotta da Vittorio De Scalzi dei New Trolls.

CLAUDIO BAGLIONI

Dopo quattro anni dall’ultimo 33 registrato da studio, STRADA FACENDO, e dopo tre dal duplice dal vivo, ALE-OO', riecco Claudio Baglioni con un nuovo disco e un nuovo look, molto anni ottanta. Capelli più corti, giacca ampia con camicia senza colletto in stile Armani. Un Baglioni rinnovato in tutto, specialmente nella vena compositiva. Vena che per molti è completamente esaurita e per altri ha soltanto cambiato gruppo sanguigno. LA VITA E' ADESSO (questo è il titolo dell’album) è un maxi LP con 52 minuti di canzoni, dieci tracce dai testi lunghi e abbastanza confusionieri (o ermetici). Un ulteriore passo in avanti rispetto a STRADA FACENDO quando già ci si era accorti che qualcosa era cambiato. Che Baglioni voglia seguire l’esempio di Battisti, che è ancora senza Panella ma già differentissimo nelle sonorità e nei testi strampalati della moglie Velezia? La realizzazione di questo disco è stata fatta nel tempio dei Beatles, ad Abbey Road, con gli arrangiamenti di Celso Valli e gli archi della London Simphony Orchestra (chissà perchè quando si parla di orchestre che hanno nel nome la parola London, a noi italiani fa sempre un effetto di pomposità anche se magari sono in quattro elementi!) diretta da Carl Davis, uno dei musicisti più quotati in UK. Uno sfarzo degno del disco più atteso del 1985.
Le soprese, dicevamo, sono parecchie. Gli ammiratori di Baglioni restano sconcertati. Dov’è il loro eroe dei testi semplici, morbidi, poetici e apparentemente facili? In questo disco non esistono refrain, ritornelli (forse un paio). Ogni canzone è tutta una tirata, una storia a sè dall’inizio alla fine. Non storie solite di tutti i giorni, così come ci aveva abituato da 15 anni a questa parte ma sensazioni personali miste a parole che sembrano cascare da tutte le parti senza mai trovare una precisa collocazione, un futurismo alla Marinetti sessantacinque anni dopo. Chi ascolta il disco è lì attento a seguire le evoluzioni della musica che si disarciona completamente dai testi. Per un momento crede di aver acciuffato la linea melodica ma viene letteralmente travolto da un’altra idea che lo fa cadere da cavallo. Vorrebbe avere tempo per pensare e per capire ma non ce n’è e viene di nuovo invischiato da quella voce che conosce benissimo ma che ora gli sembra così insolita, quasi sinistra. Oddio, che Baglioni abbia bisogno di un esorcista?
Ecco arrivare suoni estranei alla cultura baglioniana: elettronica, chitarre hard, una batteria (anch’essa elettronica) che sembra svilire il tutto dando quel senso di fatto in casa che fa molto squallido (e che useranno quasi tutti in questi spesso avvilenti anni ottanta). Tutto è il contrario di tutto quello che era stato Claudio Baglioni fino al giorno prima che uscisse il disco. Solo la voce rimane la solita, con quella tonalità tipica da stornellatore moderno. Sembra sempre lì lì per attaccare E TU ed invece ci canta una canzone strana come UN TRENO PER DOVE.
Finora Claudio ci aveva abituato ad un modo di cantare tradizionale dal punto di vista tecnico, con la voce che si appoggia alla melodia variando soltanto nei finali mentre ora sembra che sia la musica a rincorrere la voce che fa di tutto per non lasciarsi prendere. Frasi smozzicate, concetti compiuti con l’aiuto delle similitudini. Esempio la canzone AMORI IN CORSO: "amori sbullonati bevono le scale in un sorso, amori sotto vuoto dentro le cabine, cuori mischiati, sere accelerate". Frasi prese come campione. La metrica quasi non esiste. Le parole non significano ma suonano come (sound like), un po’ all’inglese come concetto. Voleva fare un disco dai testi importanti e che al tempo stesso non fosse noioso e che fosse moderno ed energico. Ecco, questo disco non lo puoi capire dopo un solo ascolto e forse neanche dopo cinque. C’è chi fa fatica a capirlo dopo venti anni. E non è certo demerito suo (dell’ascoltatore). LA VITA E' ADESSO è il brano più semplice, la vera title track dell’intero lavoro, che non concede nulla alla commercialità.
Dopo la sua apparizione al Festival di Sanremo in qualità di ospite e dopo aver vinto il premio con QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE come canzone più bella di tutti i tempi (questi premi lasciano il tempo che trovano perchè se li si ripete a distanza di due-tre anni i responsi saranno completamente diversi). Sono premi che si affidano alla sensazione del momento o all’autore più in voga. Nulla aveva fatto supporre un cambiamento di marcia così drastico. Gli attestati di una celebrità sempre più ampia e allargata a tutte le fasce di età avrebbe forse fatto pensare ad un disco che in qualche modo ricalcasse canoni già ben collaudati. Invece è la voglia di cambiare che ha il sopravvento. Con un trascorso musicale così importante ci vuole un certo coraggio. Che sembra non gli manchi e i risultati gli danno ragione. Sicuramente perde per la strada alcuni estimatori del vecchio Baglioni ma ne acquista dei nuovi ai quali forse non piaceva quello di prima. In fondo non si possono fare solo le cose che gli altri aspettano che si facciano.
Il suo tour siciliano è tutto un trionfo. A Catania non c’è stata la tappa programmata per inagibilità del Cibali, lo stadio. Spostamento a Messina e catanesi arrivati in massa per applaudire il trionfatore dell’estate canora italiana. Lo stesso accade ad Agrigento e a Scicli. In tutto richiama circa centomila persone.

LUCIO BATTISTI

...e Lucio Battisti cosa fa? Sono tre anni che non si hanno notizie di lui. Basterebbe ogni tanto andare al porto di Fiumicino per vedere il navigatore solitario della canzone italiana alle prese col suo secondo amore, la barca, con la quale partecipa a gare in assoluto anonimato così come vuole il suo stile di vita. Lucio ormeggia la sua barca tutto l’anno alla fiumara grande, un braccio del Tevere vicino ad Ostia. D’estate preferisce il wind surf così come il suo amico Pappalardo. È talmente appassionato di windsurf che gli ha anche dedicato una canzone nell’ultimo LP datato 1982. In questi giorni è in classifica un disco del cantautore reatino che contiene alcuni dei successi di Lucio del periodo Ricordi. Difatti, quando manca dalle charts con dischi nuovi è solito far uscire un disco di vecchi successi per non fare andare in crisi d’astinenza il pubblico che ricompra il medesimo disco con le medesime canzoni almeno una volta all’anno. E che puntualmente lo manda in classifica. Sta assemblando materiale per un nuovo disco che – dicono – dovrebbe vedere la luce nei primi mesi del 1986 ma di cui non si sa nulla. Neanche se le liriche saranno della moglie Grazia Letizia Veronesi (Velezia) o ci sarà il ritorno a Mogol. Lui non aiuta certamente a svelare tutti i misteri che ormai sono il pane quotidiano di casa Battisti. Non rilascia interviste da sei anni, non compare sulle copertine dei dischi. La sua casa discografica lo giustifica dicendo che non si concede perchè stanco delle illazioni sulla sua vita privata.
Claudio Bonivento, produttore cinematografico gli propone di scrivere la colonna sonora di un film alla quale sembrava interessato ma tutto il suo interesse finisce lì. La PFM gli ha proposto un progetto insieme ed un tour. E Lucio non canta dal vivo dal 1970. Il progetto è ben delineato. Riarrangiare tutte le canzoni più significative, fare poche date ed un disco dal vivo. Operazione che era riuscita con De Andrè e si erano anche trovati gli sponsor. Ma Battisti ha declinato l’invito dopo averci pensato bene. In fondo, il mito dei Beatles non si è arricchito ancora di più quando i fab four hanno smesso di suonare in pubblico?

Christian Calabrese