Intervista a Goran Kuzminac
( a cura di Christian Calabrese )

Parlando con Goran Kuzminac ci si rende conto subito, dopo poche battute, della simpatia e della comunicatività insite nel personaggio. Parlare con lui per la prima volta è come conoscerlo da sempre: sembra quasi tu l'abbia salutato il giorno avanti. Un artista che continua caparbiamente col suo discorso musucale iniziato quasi 30 anni fa, che canta e suona (dà questa impressione) più per divertirsi e stare bene con se stesso che per mestiere.

C'è passione in quello che fa e lo si sente sempre. Qualsiasi disco vogliate mettere nel vostro lettore cd, la prima cosa che risalta è la grande professionalità musicale e la grande bravura nel suonare la chitarra. Guardando un Discoring del 1980 (Discoring era una notissima trasmissione domenicale all'interno delle Domenica In... di qualche anno fa) con lui ospite, non ho potuto fare a meno di notare la grande sicurezza e tranquillità con la quale, a richiesta, ha dato saggio della sua bravura nel fingerpickers (metodo chitarristico di cui si parlerà nell'intervista). Insomma: simpatia, bravura, spontaneità e belle canzoni. "Troppo" per un cantautore?
Forse che per essere più credibili bisogna dimenticare di avere uno spiccato senso dell'umorismo e la cordialità ? E' forse meglio mostrarsi musoni ed impegnati ad ogni costo? Per quel che mi riguarda, direi di no. E anche per coloro che amano Goran Kuzminac.

Scevro da mode momentanee e da facili compromessi, Goran continua a cantare e ad incidere dischi. Se volete saperne più di lui e sulle sue ultime esperienze e lavori fate un salto sul suo esaustivo sito. Da lì potete acquistare i suoi dischi (se vi fa troppa fatica andare per negozi!) e vi assicuro, che ne vale davvero la pena. O anche leggere l'articolo sul nostro sito, quello che tratta della classifica inerente al 4 novembre 1980, al cui ha dato un seguito, con un suo intervento molto simpatico, lo stesso Goran. Quindi, avanti con l'intervista e buon lavoro, Goran!

 


Parliamo del Goran bambino ed adolescente. Com'era vivere in Italia da "straniero" e come venivi "inquadrato" dai suoi amici e compagni di classe del tempo?

Sono arrivato in Italia all'età di sei anni. Con i miei genitori in Trentino. Ricordo che quando mio padre andava a rinnovare il permesso di soggiorno, esisteva una grande questura e un piccolo ufficio che era: "l'ufficio stranieri" con dentro un solo impiegato. Ricordo che questo una volta mi disse: "ci sono moltissimi stranieri in Trentino Alto Adige... sono ben 24!". Mi sembrava di essere speciale, in particolar modo per quel cognome che nessuno riusciva a pronunciare. Ma gli amici di allora sono rimasti gli amici di adesso, anche se oramai a Trento esiste un grande ufficio stranieri, e un piccolo ufficio con un impiegato solo che fa da questura.

Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada?

Ho frequentato le medie e il primo anno di liceo, in un collegio di gesuiti in Austria. Li cominciai a suonare la batteria nel gruppo della scuola, ma mi accorsi subito che il mio strumento era la chitarra. In realtà ho iniziato tardi, intorno ai 18 anni. Certo è che per moltissimo tempo, lo strumento mi ha accompagnato ovunque, fino a diventare quasi una mia seconda natura, un'estensione naturale del mio corpo. Oggi non è più così. A volte passano mesi senza che io tocchi la chitarra... eppure quando la riprendo in mano, non è cambiato nulla.

Qualcuno a casa ti ha invogliato o assecondato nel tuo desiderio di fare della musica la tua professione?

Mio padre, anche se completamente stonato, è stato probabilmente il mio più grosso sostenitore. Al punto che mi disse che se avessi fatto le cose seriamente, lui mi avrebbe comunque mantenuto fino ai 35 anni. Non ce ne fu bisogno per fortuna. A vent'anni la mia strada era già segnata, anche se ho voluto continuare l'università di medicina che avevo iniziato.

Chi erano i tuoi modelli o cantanti/gruppi preferiti nelle varie "ere" della tua prima giovinezza?

Ovviamente i Beatles... poi, James Taylor, John Martin, Jorma Kaukoonen, passando per i Creedence Clearwater Revival, Crosby Still Nash &Young fino a Paco de Lucia... ho avuto anche la fortuna durante la mia lunghissima carriera di suonare assieme a qualcuno di questi miei idoli... incredibile! Quelle sono state vere emozioni.

Sei mai andato, prima di diventare un professionista, a qualche esibizione o concerto di artisti famosi? Sicuramente la risposta sarà sì. E in questo caso, di chi?

Fuggivo da casa per andare a seguire i pochi concerti che si tenevano al palazzetto dello sport di Bolzano. Lì ho sentito il mio primo grosso evento con i Ten Years After di Alvin Lee. Credo che quel chitarrista mi abbia realmente sconvolto... non ho dormito per molti giorni. Ricordo benissimo anche un mitico concerto dei Jethro tull per non parlare di Joe Cocker con una band da paura...

Qual è stato il primo personaggio del mondo della musica che hai conosciuto, che ti ha incoraggiato o che ti ha fatto comunque una bella impressione, umanamente parlando?

Quello che ha lanciato il primo sasso nel mio stagno musicale, è stato Francesco dei Gregori. Aveva appena finito di registrare "Rimmel", e il disco non era ancora uscito, nessuno prevedeva allora l'enorme successo che avrebbe cambiato la sua vita. Mi invitò a Roma e mi presentò ai discografici... da lì iniziò tutto.

E quale quello che invece ti ha deluso?

Ovviamente non faccio nomi... però c'è un personaggio romano che all'inizio della sua carriera mi chiedeva timidamente di mostrargli posizioni e arpeggi sulla chitarra che poi, una volta fatto successo, nemmeno salutava più. Ma del resto anche il suo successo è durato molto poco. Scherzi del destino.

Dove hai imparato a suonare alla maniera americana (fingerpickers) e perchè questa passione? Eri appassionato al country? Ai cantautori stile Neil Young o a quelli in stile Woody Guthrie?

In realtà no, non ero appassionato più di tanto a quei cantautori in paricolare. Il tutto successe in realtà molto casualmente. Comunque già suonavo da diversi anni, però con la tecnica classica. Un giorno sul treno che mi portava all'università, salì un militare della Nato, che mi chiese la chitarra, e si mise a suonare con questa tecnica. Sembravano due chitarre che suonassero in contemporanea. L'idea mi parve veramente molto bella e mi applicai per imparare. Mi venne utile specialmente all'inizio, quando aprivo i concerti facendo da spalla. Riuscivo a fare un grosso volume di suono, e contemporaneamente qualcosa che non si era ancora sentito in Italia. Parlo della fine degli anni '70 inizio anni '80. Era una specie di arma che mi permetteva di evitare fischi e ricevere applausi. In fin dei conti anche "Stasera l'aria è fresca" è nata per autodifesa da un pubblico che non voleva me, ma i vari Venditti, De Gregori, Dalla, ecc. tutti quelli insomma ai quali ho aperto i concerti.

Come ti sei trovato insieme a Ron, Graziani, Ferradini, Castelnuovo? Parla senza peli sulla lingua.

Con Ron e Ivan Graziani, io ero il vagone, e loro due le locomotive. Con Ferradini e Castelnuovo, mi sono trovato a fare io da locomotiva. Non che fossero meno bravi, anzi! Era solo il fatto che avevo molta più esperienza. La realtà è che nè l'una né l'altra tournée fu una nostra idea. Tutto venne progettato dal direttore della RCA per lanciare il Qdisc. Che era in sostanza un 33 giri con quattro canzoni, costava di meno, però entrava nelle classifiche degli LP. Un'operazione pianificata a tavolino e prettamente commerciale, che però con la potenza economica e promozionale di una multinazionale, ci portò in tutta Italia e fu a ben vedere un evento che ancora dopo 20 anni si ricorda. Peccato che per nostra stupidità e ingenua giovinezza, (in realtà per colpa nostra), non vi fu seguito a tutto ciò.

OLTRE IL GIARDINO era tratto da... aiutami tu! dalla Ciaccona di... Bach? ho detto una c..a? Come mai prendere in prestito un tema poco noto (che presentato sotto forma di canzone risulta comunque molto suggestivo)? Tanto è vero, io all'epoca avevo 13 anni ed ero l'unico nella mia classe (seconda media) che la conosceva considerandola molto bella ma che forse non era molto recepita da tutti.

Esatto era proprio un brano di Johann Sebastian Bach. Il che dimostra che la musica, se è buona, da qualunque parte la prendi, la puoi rivestire comunque. Anche questa fu un'idea del direttore della RCA. Un personaggio veramente incredibile, a capo della più grossa multinazionale musicale italiana di allora, che aveva delle intuizioni geniali..... ma incredibile a dirsi, era stonato e mancava completamente del senso del ritmo. A questo arrangiamento, misero mano tantissimi musicisti, da Morricone, fino ad Amedeo Minghi.
Ne realizzammo due versioni. La prima venne giudicata bellissima ma troppo difficile. Credo si possa sentire in un vecchio disco di Amedeo.

Come mai non sei mai andato al Festival Di Sanremo? Eppure, avresti potuto benissimo, specialmente dopo la vittoria alla manifestazione di Venezia.

Sono un uomo senza destino, l'ho sempre pensato. In trent'anni di carriera, ho conosciuto e sono diventato amico di moltissimi personaggi che poi si sono fatti strada nel mondo della musica in tanti campi. Ti dico solamente che quasi tutte le giurie esaminatrici degli ultimi quindici anni del festival, erano per la maggior parte composti da amici. Ogni volta che mandavo un brano... e ti garantisco che erano canzoni veramente belle, mi telefonavano con tono dispiaciuto, dicendomi addolorati che ero arrivato quindicesimo su 14, o ventunesimo su 20 e avanti così. Alla fine ne ridevamo insieme, perché ovviamente lo sapevamo tutti che i giochi erano fatti da chi poteva farli, non da loro e nemmeno da me. Dicevo del destino: l'anno che io vinsi il festival di Castrocaro, si andava al festival di Venezia, e non a Sanremo. Credo che fu l'unico anno in cui le regole cambiarono... e ovviamente ci capitai io... anche se poi vinsi pure il festival di Venezia. L'anno dopo non lo fecero più.

Hai cominciato praticamente tra il 1975 e il 1976. Periodi abbastanza bui per la storia d'Italia. Tra brigatisti rossi, giovani di idee politiche differenti pronti ad uccidersi per un manifestino e bombe sui treni e nelle piazze. Massimo Morante dei Goblin ha detto che era difficile per un musicista o cantante in quel periodo essere scevro da obblighi politici e non pagare dazio al partito di riferimento, il PCI, che controllava le piazze di tutt'Italia. Tu cos'hai da dire su questo argomento?

"ja pevam i sviram... i nikoga ne diram" che significa in slavo "io canto e suono e non do fastidio a nessuno". La verità è che in quegli anni erano i festival dell'Unità che permettevano a moltissimi giovani cantautori di sopravvivere e specialmente di farsi notare. Imparare a stare sul palcoscenico nonostante le botte ogni sera, e i tentativi di contestazione degli autoriduttori. O impararvi o ti arrendevi... io non mi sono mai arreso finora... era senz'altro un fatto politico, ma era anche un fatto culturale. La sinistra in qualche modo investiva nella cultura, mentre il centro e la destra no. Oggi basta guardarsi in giro per rendersi conto che non importa saper suonare, cantare, ballare o recitare... basta apparire, ed essere amici di Maria de Filippi. E siete sicuri che per tutto questo non ci sia un altro dazio ancora più odioso da pagare?

Come vede, Goran Kuzminac, l'Italia del 2005, e come vede il suo futuro professionale in un periodo così squallido dal punto di vista artistico?

Non ne ho la minima idea... io non sto sgomitando per fare spazio dove spazio non c'è... tu come la vedi?

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intervista a cura di Christian Calabrese